Amministrare una città significa anche avere a che fare con la gestione dell’energia e, quando si parla di una grande e complessa città come Firenze, gestire bene l’energia diventa una questione chiave.
Per farlo è necessario agire a vari livelli, integrando la cura del padre di famiglia con la meticolosità del responsabile di azienda, attento alla riduzione degli sprechi e all’efficienza del proprio sistema.
Secondo l’Osservatorio Confartigianato sull’economia fiorentina Firenze, nella sua area metropolitana, ha il consumo di energia elettrica più alto della regione con 4.153,9 GWh/anno, di cui quasi il 40% in territorio comunale. Lo stesso studio segnala che solamente il 4,3% di questi consumi sono stati coperti da produzione di energia rinnovabile sul territorio, fortemente distanti dalla quota della provincia di Lucca (23,9%) e, ancor di più, da quella regionale (46,7%). È facile notare che tutta la parte di energia non da fonti rinnovabili deriva, giocoforza, da fonti fossili con un conseguente enorme impatto sulle emissioni di CO2 e gli effetti del cambiamento climatico.
Questo dimostra come sia fondamentale agire su due fronti: in primis sulla riduzione dei consumi, attraverso politiche di efficientamento, e subito dopo spingendo la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili eliminando progressivamente la produzione da fonti fossili e abbattendo le emissioni di CO2 in atmosfera.
Per completare il quadro d’insieme, consideriamo che un Comune è esso stesso un forte consumatore e quindi, oltre a promuovere politiche di buona gestione dell’energia, deve essere il primo a metterle in atto!
La buona gestione
Per un approccio alla gestione dell’energia accurato, occorre basarsi prima di tutto sulla misurazione, sull’analisi dei dati e sulla valutazione di soluzioni di miglioramento, da attuare e monitorare nel tempo.
Questo è il compito dell’Energy Manager, figura obbligatoria ai sensi dell’art.19 della Legge 10/91, per ogni soggetto pubblico che consuma più di 1.000 tep/anno (tonnellate equivalenti di petrolio, unità di misura che già dal nome non ispira niente di buono), ma che quasi sempre non è presente o è “coperta” da un tecnico impegnato in molte altre mansioni (come succede a Firenze).
Noi Verdi pensiamo invece che questa figura sia centrale per una buona gestione e che debba essere nominata esclusivamente per questo ruolo, con competenze ben definite e certificate.
Gli sprechi degli edifici – pubblici e privati
Alcuni numeri sono già noti ed evidenti e sono legati al comparto edilizio. Il 40% dei consumi finali nazionali è dovuto al settore civile e di questo circa il 75% è relativo al residenziale (fonte: Rapporto annuale efficienza energetica 2018 dell’ENEA).
Ciò dipende dal forte spreco di energia che si ha nei nostri edifici, pubblici e privati, le cui caratteristiche energetiche sono mediamente molto scarse (il 56% delle case vendute è in classe G secondo un’indagine realizzata dall’ENEA, l’Istituto per la Competitività (I-Com) e la Federazione italiana agenti immobiliari professionali (FIAIP)).
Si sta parlando quindi di produzione di energia per il condizionamento delle nostre case e degli uffici, riscaldamento invernale e raffrescamento estivo, effettuato per lo più con caldaie a metano, talvolta ancora a gasolio, scarsamente efficienti e un proliferare di condizionatori “mangiatori” di energia elettrica e impattanti, anche dal punto di vista paesaggistico.
Ma prima ancora si sta parlando del fatto che questa energia che dobbiamo produrre, per mantenere condizioni di comfort e benessere, è fortemente sprecata a causa delle pessime caratteristiche del nostro patrimonio edilizio, a partire proprio da quello pubblico: dispersione da muri e tetti non isolati, finestre vecchie e piene di spifferi, impianti di distribuzione e sistemi di emissione (i nostri radiatori) obsoleti e quindi alto spreco di energia.
Secondo noi è quindi indispensabile agire su due aspetti:
Ed è necessario farlo con due linee di interventi:
Interventi diretti sul patrimonio pubblico:
Interventi indiretti per stimolare l’iniziativa dei privati:
Una volta ridotti i consumi, energia verde!
Oltre al forte impegno per migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio, per poter arrivare ad emissioni nette pari a zero, è necessario spingere per una produzione di energia 100% rinnovabile.
La provincia di Firenze ha una quota di energia prodotta da fonte rinnovabile molto bassa, rispetto ai consumi. Essere un’area molto urbanizzata crea degli ostacoli, ma è comunque opportuno approfondire le possibilità date dal territorio per promuovere e attuare progetti per la produzione di energia green.
Partiamo intanto dai progetti in essere e quindi dal nostro impegno a favorire la realizzazione del progetto idroelettrico per le briglie dell’Arno. Idea ferma ormai da anni di cui auspichiamo lo sblocco prima possibile.
Dobbiamo poi spingere per la produzione energetica da fonte solare, fotovoltaico ma anche termico. Un paese con la radiazione solare favorevole come abbiamo in Italia dovrebbe avere ogni capannone coperto da impianti fotovoltaici! È il momento quindi di trovare soluzioni per favorirne l’installazione, con un progetto su scala metropolitana che, tramite gruppi d’acquisto e soluzioni cooperative guidate dal Comune, possa rendere questa soluzione ancora più vantaggiosa.
L’importanza della collaborazione e partecipazione
Come per tante buone pratiche, per poter cambiare le cose non basta l’azione. E allora vorremmo che per ogni progetto siano presenti momenti di coinvolgimento per i cittadini, formazione nelle scuole (che senso ha installare un impianto fotovoltaico sul tetto di una scuola se poi gli studenti nemmeno lo sanno??), strumenti di sensibilizzazione e diffusione sulle possibilità di risparmio energetico.Infine, proponiamo una collaborazione tra Comune e Università che, a partire da studi e approfondimenti già effettuati (come il Piano Energetico Comunale del 2008, mai adottato, o lo studio “L’efficienza energetica a misura di cittadino: Possibili scenari per Firenze” effettuato da Ambiente Italia nel 2015, per un progetto di Legambiente e Enel), possa procedere ad un aggiornamento dello scenario e all’individuazione di progetti concreti da attuare secondo una scala di fattibilità e priorità.
Il tema dell’agricoltura urbana e periurbana è tornato di grande attualità a livello planetario per motivazioni diverse secondo le caratteristiche dell’economie locali.
A livello mondiale l’agricoltura urbana è praticata oggi da 800 milioni di persone: il 15-20% del cibo mondiale viene prodotto nelle aree urbane, con le popolazioni urbane dei paesi più poveri che arrivano a produrre fino al 60% del loro cibo.
La FAO ha elaborato di conseguenza alcuni indirizzi di carattere generale, considerando che il mondo si sta urbanizzando, con città sempre più grandi (nel 2050 il 70% della popolazione vivrà in aree urbane), e che questa urbanizzazione crescente richiede un radicale ripensamento di ogni aspetto dei nostri sistemi alimentari.
La FAO propone:
Il tema dell’agricoltura urbana e periurbana inserito nel programma per le elezioni amministrative del Comune di Firenze tiene conto delle specificità del territorio e prende atto del ruolo del sindaco di Firenze che è anche il presidente della Città Metropolitana.
La città metropolitana è composta da 41 Comuni e comprende aree rurali pregiate come il Chianti, il Mugello, il Valdarno, l’Empolese etc. Nella zona a ovest di Firenze (Sesto-Campi) sono in discussione progetti di bonifica e riqualificazione del territorio, ad iniziare dal Parco della Piana sostenuti da un ampio movimento popolare che si inseriscono perfettamente nella strategia delineata. Uno degli obiettivi principali di tale progetto di Parco è proprio la valorizzazione agricola di zone periurbane.
Firenze, per la sua storia, per quello che rappresenta nel mondo, per i rapporti che può stabilire con le altre città, può e deve essere parte attiva del movimento mondiale per la difesa della “casa comune”, dando un contributo fatto di grandi e piccole innovazioni. Alcune delle strategie da attuare sono state ben definite all’interno del Milan Urban Food Policy Pact, accordo del 2015 di cui anche Firenze è firmataria ma su cui ancora troppo poco è stato fatto.
L’agricoltura urbana apporta anche un significativo contributo ambientale perché producendo una discontinuità nel tessuto edificato offre spazi verdi funzionali al tempo libero, contribuisce alla mitigazione microclimatica ed alla dispersione dello smog con effetti benefici sulla salute dei cittadini.
Alcune proposte nella direzione di un potenziamento dell’agricoltura urbana e periurbana sono queste:
Oggi in tutto il mondo ragazze, ragazzi, donne e uomini faranno sentire la loro voce. Chiederanno alla politica di fare qualcosa per disinnescare la bomba climatica che abbiamo creato con le nostre mani e che sta iniziando concretamente a mettere a repentaglio la vita di tante persone e comunità sul pianeta.
Ci uniremo a loro senza simboli, ma come organizzazioni politiche, il nostro compito è soprattutto dare risposte concrete.
Per questo invitiamo tutti i candidati sindaci per Firenze, indipendentemente
dal loro colore politico, ad incontrarsi nei giorni successivi la
manifestazione e sottoscrivere, tutti assieme, l’impegno ad adottare la strategia Rifiuti Zero così come adottata dal
Comune di Capannori con la delibera 44 del 14 Giugno 2007 e adottata in seguito
da 232 comuni italiani.
Perché proprio rifiuti zero e non un’altra misura di abbattimento delle emissioni?
Articolo Uno, Firenze
Federazione dei Verdi, Firenze
Firenze Città Aperta
Italia in Comune, Firenze
Partito della Rifondazione Comunista, Firenze
Possibile, Firenze
Senso Comune, Firenze
Sinistra Italia, Firenze
La parola fiume può evocare in molti di noi immagini e pensieri diversi.
Se la ascolta un naturalista, penserà a un importante corridoio ecologico , che fornisce habitat a tante specie.
Se la ascolta un pescatore, penserà ad un argine sul quale trascorrere una piacevole giornata con una canna da pesca.
Se la ascolta un ingegnere, penserà a un grosso “tubo” idraulico che deve portare via l’acqua il più velocemente possibile, specialmente in caso di grosse piogge. D’altro canto, un esperto di energia penserà alla possibilità di sfruttare una fonte rinnovabile per produrre energia.
Se la ascolta un ecologo, ai numerosi servizi ecosistemici resi dal fiume, un amante delle escursioni, a un bel sentiero da fare a piedi o in bici, magari abbinandolo a una nuotata d’estate.
Se la ascolta un amministratore lungimirante, può pensare ad un contratto di fiume.
Questo termine, che potrebbe non suonarvi molto familiare, perché non si ascolta nei talk show televisivi, perché i dibattiti politici non si occupano granché dei fiumi, ha in realtà ricadute molto importanti.
Si tratta di uno strumento giuridico che permette di assemblare i vari tasselli del mosaico fiume: gli aspetti economici, ecologici, idrogeologici e quelli legati alla vivibilità.
Il tema dei corsi d’acqua non entra nelle campagne elettorali ed è un paradosso, se pensiamo che le città sono da sempre nate vicino ai fiumi, dalle grandi civiltà mesopotamiche sulle rive del Tigri e l’Eufrate, alla civiltà egiziana sulle rive del Nilo, all’accampamento militare che i romani fondarono nel 59 a.c che prese poi il nome di Florentia.
I Verdi Firenze, anche in questo, vogliono andare controcorrente, portare il fiume Arno e i suoi affluenti nella campagna elettorale della città, con una proposta forte: quella di un contratto di fiume per Arno fiorentino e torrenti fiorentini.
Tale contratto nasce con il fine di raggiungere nella consiliatura quegli obiettivi stabiliti da alcune direttive europee, in particolare la direttiva acque (2000/60/CE) e la direttiva habitat (92/43/CEE), da ormai oltre 20 anni.
Tali obiettivi, che in parole semplici mirano a rendere l’ambiente più forte e funzionale, più fruibile e godibile, integrando le competenze e le azioni dei numerosissimi attori in gioco, per un fiume vanno dal comune al consorzio di bonifica, al genio civile della regione, alle associazioni ambientaliste, al gestore dell’acqua e a quello dei rifiuti, all’ARPAT.
Oltre a questo, i Verdi Firenze si propongono di sbloccare il progetto di mini idroelettrico, approvato ormai 10 anni fa e oltre, riguardante le briglie dell’Arno, e che può produrre una quantità piuttosto rilevante di energia pulita per il territorio fiorentino.
Si tratta ovviamente di proposte molto articolate e che richiedono un approfondimento superiore a quello di un post sui social.
Proprio per questo è possibile trovare la nostra proposta dettagliata cliccando questo link.
In questi giorni si parla molto di abbattimenti di alberi. La sovrintendenza ha criticato la scelta di spostare i filari di tigli nel viale Matteotti per permettere il passaggio della tramvia, il Sindaco Falchi è stato bersagliato di critiche per l’abbattimento di decine di alberi nel comune di Sesto Fiorentino. Al di là dei singoli casi è importante un cambio di rotta nella gestione del verde pubblico delle nostre città, e nella cura degli alberi in particolare.
Nello squilibrio ambientale della città contemporanea (dovuto sia al calore, che alle polveri e agli inquinanti prodotti dalle attività cittadine, sia alla conformazione del tessuto della città) il verde urbano contribuisce alla qualità abitativa della città stessa. Il verde pubblico a Firenze è fatto di parchi, giardini e alberature stradali, con oltre 75mila alberi ad alto fusto presenti in città.
Questo enorme patrimonio è fonte di importanti servizi ecosistemici: mitigazione climatica, generazione di habitat e dunque conservazione di biodiversità, assorbimento di CO2, azione antisettica, attenuazione dei rumori, difesa del suolo. Negli ultimi anni il moltiplicarsi di eventi estremi, con venti superiori talvolta ai 100 km/h e la caduta di piante, ha suscitato in molti cittadini e talvolta anche amministratori uno sguardo sospettoso verso l’albero, sguardo favorito anche da un approccio allarmistico di parte della stampa. Di fronte a questo, sebbene sia pacifico che le alberature stradali possano essere soggette a stress maggiori rispetto a quelle presenti negli habitat naturali e possano talvolta aver bisogno di essere sostituite, ritengo che molti degli interventi degli ultimi anni siano stati dettati da un eccesso di preoccupazione e di allarmismo, con abbattimenti talvolta di decine di piante che non sempre erano classificate come pericolose.
Non sono tra quelli che ritiene che i comitati siano sempre dalla parte giusta: quando in Viale Morgagni qualcuno, intorno al 2009, saliva sugli alberi per impedire i lavori propedeutici per la tramvia, presi posizione contraria, come polemizzai con i 5 stelle che nel 2014 volevano impedire i lavori della linea 2 allo Statuto per evitare la sostituzione dei lecci.
Talvolta abbattimenti e sostituzioni possono essere necessari, ma la mancanza di percorsi partecipati e di comunicazione e la mancata trasparenza sono assolutamente da superare.
Altre problematiche che concorrono a una gestione inadeguata del verde pubblico sono il continuo ricorso all’appalto esterno, spesso unito a una mancanza di professionalità sulla gestione dell’alto fusto, nonchè la mancanza di controlli adeguati: l’ufficio di Polizia Ambientale preposto, per carenza di risorse o altro, non è in questo momento in grado di svolgere questo compito, data anche l’impossibilità di contattarlo.
Tra gli obiettivi che deve porsi una amministrazione più “verde” c’è dunque anche questo: l’ordinario non si dovrebbe appaltare. In caso di eventi straordinari ed imprevisti può essere necessario ricorrere ad appalti esterni, ma per operare quella manutenzione che il verde pubblico necessita, il pubblico deve avere le proprie risorse, adeguatamente formate.
Serve poi una sinergia tra il verde pubblico comunale e quello di
altre istituzioni, ad esempio la sovrintendenza, che ha la competenza
su parchi famosi in tutto il mondo come quello di Boboli e quelli delle ville
medicee.
Come Verdi proponiamo:
1) un Open Database sull’alto fusto, una sorta di anagrafe degli alberi per consentire, tanto al comune cittadino come all’addetto ai lavori, di conoscere, per ogni singola pianta del patrimonio pubblico fiorentino, dati georeferenziati riguardanti età, eventuale valutazione di stabilità e classe di rischio, interventi fatti, data di intervento.
2) Protocolli di gestione più avanzati, sia per le potature (è ora di dare uno stop alle capitozzature, che compromettono nel tempo la salute della pianta), che per le sostituzioni, quando necessarie.
3) Privilegiare sostituzioni progressive, così da non lasciare per 5 o 6 anni una piazza o un viale al sole (d’estate ci rendiamo conto quanto importante sia contrastare l’effetto “isola di calore” legata agli altri elementi urbani).
4) Un tavolo permanente del verde fiorentino e un coordinamento tra i vari attori, comune, sovrintendenza, regione, ASL, che eviterà in futuro di avere importanti parchi chiusi al pubblico per mesi o anni, come accaduto con Villa al Ventaglio.
Una gestione del verde pubblico più trasparente, più integrata, più partecipata, più professionale, è quanto necessita urgentemente la nostra città di Firenze.
Andrés Lasso, Candidato Sindaco
Devo confessare una cosa: non ero mai stato a Mondeggi. Lo so, una mancanza un po’ grave per chi si interessa di Firenze e del suo territorio. Sabato sono andato in visita, insieme a Caterina, co-portavoce comunale dei Verdi di Firenze e abbiamo trascorso lì alcune ore. Siamo rimasti entrambi impressionati positivamente da quest’esperienza, dalla mole di lavoro fatto, dall’alto valore sociale, paesaggistico, ambientale di quel lavoro: quasi 200 ettari di olivi e non solo che vengono rimessi in produzione, una collina riportata in vita, la costruzione di legami sociali con molte persone del luogo che partecipano alla gestione di quel bene comune.
Un’esperienza che se fosse all’estero ci parrebbe una di quelle best practice che diventano casi studio, modelli da imitare.
Purtroppo in questo caso, Comune e Città metropolitana non sembrano alla ricerca di un dialogo, nonostante da Mondeggi sia stata inviata una richiesta di regolarizzazione, sul modello di quanto avvenuto a Napoli con l’ex asilo Filangeri. La Città metropolitana ha da poco indetto una nuova asta per quella sua proprietà, dopo che la precedente è andata deserta. È un paradosso che mentre le istituzioni, in particolare la regione, fanno bandi per cercare di dare la terra ai giovani, per favorire la riqualificazione di aree demaniali e non, in questo caso in cui in 5 anni è stato fatto già moltissimo, in cui ci sono giovani e meno giovani con belle idee ed entusiasmo, si cerchi di ignorarlo e si punti sulla strada del mercato. Dal 2014 tra l’altro pende su 17 persone una denuncia, che col decreto Salvini può portare fino a 7 anni di carcere.
Io vorrei chiedere alla Città metropolitana due cose: che si spinga per il ritiro delle denunce e che si avvii un processo di regolarizzazione riconoscendo il valore sociale e persino economico, di quanto fatto in 5 anni su quella collina.
In questi mesi da Palazzo Vecchio ci siamo spesso sentiti ripetere l’intenzione di voler fare scelte coraggiose, discontinuità: ecco, questa può essere l’occasione, un banco di prova: le scelte coraggiose non possono essere soltanto annunciate, ma vanno anche prese. Che si avvii adesso, prima dell’asta prevista a marzo un dialogo concreto per la regolarizzazione della Fattoria di Mondeggi.
Certo, questo non vuol dire che ogni occupazione sia legittima, che ovunque ci sia valore sociale. Ma in questo caso è qualcosa di evidente, di assodato. Se il giorno dell’asta arrivasse un’offerta e questa venisse accettata, si creerebbe una situazione molto conflittuale e senza senso, e si metterebbe a rischio una esperienza interessante e benefica per il territorio. Questo scenario va evitato.
La palla in mano ce l’ha la giunta Nardella, la Città metropolitana. Aspettiamo qualche segnale.
Intanto venerdì prossimo la comunità di Mondeggi ha organizzato una cena di sostegno. Sono già 350 persone segnate, invito chi può a contattarli e ad andarci.
Andrés Lasso, candidato sindaco di Firenze
I problemi dell’aeroporto di Firenze sono noti. Tuttavia non è mai stato aperto un dibattito pubblico a riguardo. Il progetto di ampliamento è stato calato dall’alto e non contribuirà a migliorare la vita dei fiorentini. A fine 2018 il percorso decisionale arriverà a conclusione. In ogni caso è fondamentale non iniziare i lavori senza certezze sul progetto.
Dalla sua creazione nel 1931 l’aeroporto di Peretola è stato ampliato quattro volte. Ciò ha consentito l’accesso ad aerei sempre più grossi con un forte aumento del volume di passeggeri. L’aumento del traffico aereo ha comportato un crescente impatto sull’area della Piana. Per questo, nel 2003, la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), ha imposto una serie di misure atte ad aumentare la sicurezza e ridurre l’impatto ambientale dell’aeroporto: interramento dell’autostrada, delocalizzazione degli abitanti più esposti all’impatto sonoro, misure di mitigazione acustica per le abitazioni delle zone vicine. Tali misure avrebbero dovuto essere a carico di Aeroporto Di Firenze, che però non le ha mai realizzate.