In questi giorni si parla molto di abbattimenti di alberi. La sovrintendenza ha criticato la scelta di spostare i filari di tigli nel viale Matteotti per permettere il passaggio della tramvia, il Sindaco Falchi è stato bersagliato di critiche per l’abbattimento di decine di alberi nel comune di Sesto Fiorentino. Al di là dei singoli casi è importante un cambio di rotta nella gestione del verde pubblico delle nostre città, e nella cura degli alberi in particolare.
Nello squilibrio ambientale della città contemporanea (dovuto sia al calore, che alle polveri e agli inquinanti prodotti dalle attività cittadine, sia alla conformazione del tessuto della città) il verde urbano contribuisce alla qualità abitativa della città stessa. Il verde pubblico a Firenze è fatto di parchi, giardini e alberature stradali, con oltre 75mila alberi ad alto fusto presenti in città.
Questo enorme patrimonio è fonte di importanti servizi ecosistemici: mitigazione climatica, generazione di habitat e dunque conservazione di biodiversità, assorbimento di CO2, azione antisettica, attenuazione dei rumori, difesa del suolo. Negli ultimi anni il moltiplicarsi di eventi estremi, con venti superiori talvolta ai 100 km/h e la caduta di piante, ha suscitato in molti cittadini e talvolta anche amministratori uno sguardo sospettoso verso l’albero, sguardo favorito anche da un approccio allarmistico di parte della stampa. Di fronte a questo, sebbene sia pacifico che le alberature stradali possano essere soggette a stress maggiori rispetto a quelle presenti negli habitat naturali e possano talvolta aver bisogno di essere sostituite, ritengo che molti degli interventi degli ultimi anni siano stati dettati da un eccesso di preoccupazione e di allarmismo, con abbattimenti talvolta di decine di piante che non sempre erano classificate come pericolose.
Non sono tra quelli che ritiene che i comitati siano sempre dalla parte giusta: quando in Viale Morgagni qualcuno, intorno al 2009, saliva sugli alberi per impedire i lavori propedeutici per la tramvia, presi posizione contraria, come polemizzai con i 5 stelle che nel 2014 volevano impedire i lavori della linea 2 allo Statuto per evitare la sostituzione dei lecci.
Talvolta abbattimenti e sostituzioni possono essere necessari, ma la mancanza di percorsi partecipati e di comunicazione e la mancata trasparenza sono assolutamente da superare.
Altre problematiche che concorrono a una gestione inadeguata del verde pubblico sono il continuo ricorso all’appalto esterno, spesso unito a una mancanza di professionalità sulla gestione dell’alto fusto, nonchè la mancanza di controlli adeguati: l’ufficio di Polizia Ambientale preposto, per carenza di risorse o altro, non è in questo momento in grado di svolgere questo compito, data anche l’impossibilità di contattarlo.
Tra gli obiettivi che deve porsi una amministrazione più “verde” c’è dunque anche questo: l’ordinario non si dovrebbe appaltare. In caso di eventi straordinari ed imprevisti può essere necessario ricorrere ad appalti esterni, ma per operare quella manutenzione che il verde pubblico necessita, il pubblico deve avere le proprie risorse, adeguatamente formate.
Serve poi una sinergia tra il verde pubblico comunale e quello di
altre istituzioni, ad esempio la sovrintendenza, che ha la competenza
su parchi famosi in tutto il mondo come quello di Boboli e quelli delle ville
medicee.
Come Verdi proponiamo:
1) un Open Database sull’alto fusto, una sorta di anagrafe degli alberi per consentire, tanto al comune cittadino come all’addetto ai lavori, di conoscere, per ogni singola pianta del patrimonio pubblico fiorentino, dati georeferenziati riguardanti età, eventuale valutazione di stabilità e classe di rischio, interventi fatti, data di intervento.
2) Protocolli di gestione più avanzati, sia per le potature (è ora di dare uno stop alle capitozzature, che compromettono nel tempo la salute della pianta), che per le sostituzioni, quando necessarie.
3) Privilegiare sostituzioni progressive, così da non lasciare per 5 o 6 anni una piazza o un viale al sole (d’estate ci rendiamo conto quanto importante sia contrastare l’effetto “isola di calore” legata agli altri elementi urbani).
4) Un tavolo permanente del verde fiorentino e un coordinamento tra i vari attori, comune, sovrintendenza, regione, ASL, che eviterà in futuro di avere importanti parchi chiusi al pubblico per mesi o anni, come accaduto con Villa al Ventaglio.
Una gestione del verde pubblico più trasparente, più integrata, più partecipata, più professionale, è quanto necessita urgentemente la nostra città di Firenze.
Andrés Lasso, Candidato Sindaco
Devo confessare una cosa: non ero mai stato a Mondeggi. Lo so, una mancanza un po’ grave per chi si interessa di Firenze e del suo territorio. Sabato sono andato in visita, insieme a Caterina, co-portavoce comunale dei Verdi di Firenze e abbiamo trascorso lì alcune ore. Siamo rimasti entrambi impressionati positivamente da quest’esperienza, dalla mole di lavoro fatto, dall’alto valore sociale, paesaggistico, ambientale di quel lavoro: quasi 200 ettari di olivi e non solo che vengono rimessi in produzione, una collina riportata in vita, la costruzione di legami sociali con molte persone del luogo che partecipano alla gestione di quel bene comune.
Un’esperienza che se fosse all’estero ci parrebbe una di quelle best practice che diventano casi studio, modelli da imitare.
Purtroppo in questo caso, Comune e Città metropolitana non sembrano alla ricerca di un dialogo, nonostante da Mondeggi sia stata inviata una richiesta di regolarizzazione, sul modello di quanto avvenuto a Napoli con l’ex asilo Filangeri. La Città metropolitana ha da poco indetto una nuova asta per quella sua proprietà, dopo che la precedente è andata deserta. È un paradosso che mentre le istituzioni, in particolare la regione, fanno bandi per cercare di dare la terra ai giovani, per favorire la riqualificazione di aree demaniali e non, in questo caso in cui in 5 anni è stato fatto già moltissimo, in cui ci sono giovani e meno giovani con belle idee ed entusiasmo, si cerchi di ignorarlo e si punti sulla strada del mercato. Dal 2014 tra l’altro pende su 17 persone una denuncia, che col decreto Salvini può portare fino a 7 anni di carcere.
Io vorrei chiedere alla Città metropolitana due cose: che si spinga per il ritiro delle denunce e che si avvii un processo di regolarizzazione riconoscendo il valore sociale e persino economico, di quanto fatto in 5 anni su quella collina.
In questi mesi da Palazzo Vecchio ci siamo spesso sentiti ripetere l’intenzione di voler fare scelte coraggiose, discontinuità: ecco, questa può essere l’occasione, un banco di prova: le scelte coraggiose non possono essere soltanto annunciate, ma vanno anche prese. Che si avvii adesso, prima dell’asta prevista a marzo un dialogo concreto per la regolarizzazione della Fattoria di Mondeggi.
Certo, questo non vuol dire che ogni occupazione sia legittima, che ovunque ci sia valore sociale. Ma in questo caso è qualcosa di evidente, di assodato. Se il giorno dell’asta arrivasse un’offerta e questa venisse accettata, si creerebbe una situazione molto conflittuale e senza senso, e si metterebbe a rischio una esperienza interessante e benefica per il territorio. Questo scenario va evitato.
La palla in mano ce l’ha la giunta Nardella, la Città metropolitana. Aspettiamo qualche segnale.
Intanto venerdì prossimo la comunità di Mondeggi ha organizzato una cena di sostegno. Sono già 350 persone segnate, invito chi può a contattarli e ad andarci.
Andrés Lasso, candidato sindaco di Firenze
I problemi dell’aeroporto di Firenze sono noti. Tuttavia non è mai stato aperto un dibattito pubblico a riguardo. Il progetto di ampliamento è stato calato dall’alto e non contribuirà a migliorare la vita dei fiorentini. A fine 2018 il percorso decisionale arriverà a conclusione. In ogni caso è fondamentale non iniziare i lavori senza certezze sul progetto.
Dalla sua creazione nel 1931 l’aeroporto di Peretola è stato ampliato quattro volte. Ciò ha consentito l’accesso ad aerei sempre più grossi con un forte aumento del volume di passeggeri. L’aumento del traffico aereo ha comportato un crescente impatto sull’area della Piana. Per questo, nel 2003, la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), ha imposto una serie di misure atte ad aumentare la sicurezza e ridurre l’impatto ambientale dell’aeroporto: interramento dell’autostrada, delocalizzazione degli abitanti più esposti all’impatto sonoro, misure di mitigazione acustica per le abitazioni delle zone vicine. Tali misure avrebbero dovuto essere a carico di Aeroporto Di Firenze, che però non le ha mai realizzate.