Un ponte di cui si potrebbe fare a meno, le alberature da preservare e soprattutto l’assurda – ed evitabile – rottura di carico in piazza della Libertà. Le osservazioni dei Verdi – Europa Verde Firenze sulla nuova tramvia per Bagno a Ripoli.
La nuova linea 3.2.1 prevede il capolinea fiorentino in piazza della Libertà, da qui un percorso di 7,4 km interesserà i viali di Circonvallazione, i quartieri di Bellariva e Gavinana, viale Europa fino ad arrivare a Bagno a Ripoli dove sarà realizzato anche un nuovo parcheggio scambiatore e un area per il deposito dei convogli.
Come abbiamo più volte espresso, sia durante la campagna elettorale per le amministrative dello scorso anno, che nei nostri interventi e approfondimenti sul tema (come in questa intervista all’esperto Ing. Mantovani: https://www.dueanniverdiafirenze.it/federazione/2019/11/03/futuro-e-criticita-del-sistema-tramviario-fiorentino-otto-domande-a-giovanni-mantovani/), siamo favorevoli allo sviluppo del sistema tramviario fiorentino, come componente chiave per un sistema di trasporto pubblico efficiente a livello metropolitano e locale.
Allo stesso tempo, consideriamo fondamentali due aspetti:
L’analisi del progetto definitivo presentato dal Comune di Firenze, di cui è attualmente in corso la procedura di verifica di assoggettabilità a V.I.A., ha lasciato in noi forti perplessità che abbiamo tradotto in osservazioni presentate formalmente agli uffici comunali assieme a proposte di varianti migliorative.
La prima questione che poniamo è proprio l’efficienza del sistema nel suo insieme. L’inevitabile disagio che aspetta i fiorentini durante la fase dei lavori, in particolare lungo i Viali di Circonvallazione, dovrà essere ripagato da un sistema integrato che permetta di spostarsi in modo efficiente e rapido tra le diverse zone della città. Rinunciando al passaggio dal centro storico e realizzando il capolinea della nuova linea per Bagno a Ripoli in Piazza della Libertà, si crea un punto di rottura importante che, di fatto, renderà il viaggio dalla zona sud-est di Firenze al nodo della Stazione SMN peggiore che con il sistema attuale.
Se pensiamo che la nuova linea 3.2.1 per Bagno a Ripoli, già dal nome, sia legata all’idea di essere una diramazione della linea 3 per Careggi, non avrebbe più senso far terminare questa alla Fortezza invece che in piazza della Libertà? I binari di questa potenziale deviazione sono tra l’altro già presenti in viale Strozzi.
Sarebbe così possibile creare un sistema integrato in cui poter collegare tra loro ogni capolinea, come illustrato nello schema seguente.
In tal modo, in esercizio si potrebbero avere:
Questa soluzione può essere ottenuta modificando l’intenzione di terminare la linea 3.2.1 in piazza della Libertà, andando a creare un sistema che collegherebbe tra loro 4 zone periferiche con un considerevole disincentivo all’uso dell’auto privata. Oltretutto, questa soluzione, potrebbe essere anche alternativa all’ipotesi di prolungamento della T2 con la variante Vacs (Alternativa al Centro Storico) verso piazza S. Marco.
Entrando nel merito delle scelte progettuali della nuova linea verso Bagno a Ripoli, riteniamo che la costruzione di un nuovo ponte, tra Bellariva e Gavinana, sia da evitare. Pensiamo che sia paradossale, per la realizzazione di un’infrastruttura di trasporto che dovrebbe mirare a ridurre il traffico veicolare privato a favore dell’utilizzo del mezzo pubblico, passare dalle attuali quattro corsie destinate alle auto presenti sul ponte da Verrazzano a sei corsie in totale (due sul vecchio e quattro sul nuovo ponte), incentivando di fatto il traffico privato.
Meglio sarebbe riprendere in considerazione la prima delle quattro ipotesi progettuali presentate dal Comune alla cittadinanza a ottobre 2018, in cui la linea tramviaria, dopo aver attraversato il Ponte da Verrazzano e raggiunto piazza Ravenna, si biforca in piazza Gavinana con un ramo su viale Giannotti e l’altro su via Giovanni delle Bande Nere, piazza Gualfredotto, via Datini, via Federico di Antiochia, largo Novello. In viale Europa, alla rotonda con largo Novello, i due rami si ricongiungono.
Con questa soluzione, avendo un binario singolo sul primo tratto di viale Giannotti, è possibile mantenere corsie per il traffico veicolare in entrambe le direzioni anche all’altezza del tratto tra piazza Gavinana e il circolo Vie Nuove, che sarebbe altrimenti un nodo critico.
Il diverso percorso dei binari per una tratta limitata è una soluzione già adottata con successo nel caso della linea 3 tra piazza Dalmazia e piazza Leopoldo. Inoltre, un ramo in direzione centro che passa da via Datini anziché da viale Europa permetterebbe di servire meglio gli abitanti del quartiere, che si sviluppa più nella sua parte vicina a via Villamagna rispetto alla parte verso via di Ripoli.
Chiudiamo con due osservazioni in merito alla salvaguardia del patrimonio alberato e alle scelte di mantenimento del verde, per un’opera che ha tra gli obiettivi quello di ridurre l’impatto sull’ambiente dei nostri stili di vita.
La nuova linea, che dovrebbe essere costruita a partire da fine 2020, interessa diversi viali alberati alcuni facenti parte di zone con vincolo storico-paesaggistico quali i viali del Poggi. È previsto quindi un piano di sostituzione di circa 480 piante ma non vi è nessuna attenzione particolare agli alberi monumentali che, secondo la legge 10/2013 sul verde urbano, dovrebbero essere valutati secondo criteri specifici, mai definiti dal nostro Comune. Potrebbe essere questa una buona occasione per farlo? Noi abbiamo fatto una proposta nelle nostre osservazioni che sono consultabili qui.
Infine, la proposta della nuova Piazza Beccaria è affascinante, con l’obiettivo di fondo di dare maggiore importanza e risalto a Porta la Croce, riprendendo le progettualità di Giuseppe Poggi. Ma, con la nuova pavimentazione, si andrebbe a creare un’unica superficie impermeabile in pietra e asfalto, eliminando le attuali aree a verde.
Pensiamo che queste potrebbero essere facilmente essere reinserite nelle varie fasce concentriche oggi ipotizzate, intervallando quelle di pavimentazione. Questo potrebbe produrre importanti vantaggi come:
Amministrare una città significa anche avere a che fare con la gestione dell’energia e, quando si parla di una grande e complessa città come Firenze, gestire bene l’energia diventa una questione chiave.
Per farlo è necessario agire a vari livelli, integrando la cura del padre di famiglia con la meticolosità del responsabile di azienda, attento alla riduzione degli sprechi e all’efficienza del proprio sistema.
Secondo l’Osservatorio Confartigianato sull’economia fiorentina Firenze, nella sua area metropolitana, ha il consumo di energia elettrica più alto della regione con 4.153,9 GWh/anno, di cui quasi il 40% in territorio comunale. Lo stesso studio segnala che solamente il 4,3% di questi consumi sono stati coperti da produzione di energia rinnovabile sul territorio, fortemente distanti dalla quota della provincia di Lucca (23,9%) e, ancor di più, da quella regionale (46,7%). È facile notare che tutta la parte di energia non da fonti rinnovabili deriva, giocoforza, da fonti fossili con un conseguente enorme impatto sulle emissioni di CO2 e gli effetti del cambiamento climatico.
Questo dimostra come sia fondamentale agire su due fronti: in primis sulla riduzione dei consumi, attraverso politiche di efficientamento, e subito dopo spingendo la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili eliminando progressivamente la produzione da fonti fossili e abbattendo le emissioni di CO2 in atmosfera.
Per completare il quadro d’insieme, consideriamo che un Comune è esso stesso un forte consumatore e quindi, oltre a promuovere politiche di buona gestione dell’energia, deve essere il primo a metterle in atto!
La buona gestione
Per un approccio alla gestione dell’energia accurato, occorre basarsi prima di tutto sulla misurazione, sull’analisi dei dati e sulla valutazione di soluzioni di miglioramento, da attuare e monitorare nel tempo.
Questo è il compito dell’Energy Manager, figura obbligatoria ai sensi dell’art.19 della Legge 10/91, per ogni soggetto pubblico che consuma più di 1.000 tep/anno (tonnellate equivalenti di petrolio, unità di misura che già dal nome non ispira niente di buono), ma che quasi sempre non è presente o è “coperta” da un tecnico impegnato in molte altre mansioni (come succede a Firenze).
Noi Verdi pensiamo invece che questa figura sia centrale per una buona gestione e che debba essere nominata esclusivamente per questo ruolo, con competenze ben definite e certificate.
Gli sprechi degli edifici – pubblici e privati
Alcuni numeri sono già noti ed evidenti e sono legati al comparto edilizio. Il 40% dei consumi finali nazionali è dovuto al settore civile e di questo circa il 75% è relativo al residenziale (fonte: Rapporto annuale efficienza energetica 2018 dell’ENEA).
Ciò dipende dal forte spreco di energia che si ha nei nostri edifici, pubblici e privati, le cui caratteristiche energetiche sono mediamente molto scarse (il 56% delle case vendute è in classe G secondo un’indagine realizzata dall’ENEA, l’Istituto per la Competitività (I-Com) e la Federazione italiana agenti immobiliari professionali (FIAIP)).
Si sta parlando quindi di produzione di energia per il condizionamento delle nostre case e degli uffici, riscaldamento invernale e raffrescamento estivo, effettuato per lo più con caldaie a metano, talvolta ancora a gasolio, scarsamente efficienti e un proliferare di condizionatori “mangiatori” di energia elettrica e impattanti, anche dal punto di vista paesaggistico.
Ma prima ancora si sta parlando del fatto che questa energia che dobbiamo produrre, per mantenere condizioni di comfort e benessere, è fortemente sprecata a causa delle pessime caratteristiche del nostro patrimonio edilizio, a partire proprio da quello pubblico: dispersione da muri e tetti non isolati, finestre vecchie e piene di spifferi, impianti di distribuzione e sistemi di emissione (i nostri radiatori) obsoleti e quindi alto spreco di energia.
Secondo noi è quindi indispensabile agire su due aspetti:
Ed è necessario farlo con due linee di interventi:
Interventi diretti sul patrimonio pubblico:
Interventi indiretti per stimolare l’iniziativa dei privati:
Una volta ridotti i consumi, energia verde!
Oltre al forte impegno per migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio, per poter arrivare ad emissioni nette pari a zero, è necessario spingere per una produzione di energia 100% rinnovabile.
La provincia di Firenze ha una quota di energia prodotta da fonte rinnovabile molto bassa, rispetto ai consumi. Essere un’area molto urbanizzata crea degli ostacoli, ma è comunque opportuno approfondire le possibilità date dal territorio per promuovere e attuare progetti per la produzione di energia green.
Partiamo intanto dai progetti in essere e quindi dal nostro impegno a favorire la realizzazione del progetto idroelettrico per le briglie dell’Arno. Idea ferma ormai da anni di cui auspichiamo lo sblocco prima possibile.
Dobbiamo poi spingere per la produzione energetica da fonte solare, fotovoltaico ma anche termico. Un paese con la radiazione solare favorevole come abbiamo in Italia dovrebbe avere ogni capannone coperto da impianti fotovoltaici! È il momento quindi di trovare soluzioni per favorirne l’installazione, con un progetto su scala metropolitana che, tramite gruppi d’acquisto e soluzioni cooperative guidate dal Comune, possa rendere questa soluzione ancora più vantaggiosa.
L’importanza della collaborazione e partecipazione
Come per tante buone pratiche, per poter cambiare le cose non basta l’azione. E allora vorremmo che per ogni progetto siano presenti momenti di coinvolgimento per i cittadini, formazione nelle scuole (che senso ha installare un impianto fotovoltaico sul tetto di una scuola se poi gli studenti nemmeno lo sanno??), strumenti di sensibilizzazione e diffusione sulle possibilità di risparmio energetico.Infine, proponiamo una collaborazione tra Comune e Università che, a partire da studi e approfondimenti già effettuati (come il Piano Energetico Comunale del 2008, mai adottato, o lo studio “L’efficienza energetica a misura di cittadino: Possibili scenari per Firenze” effettuato da Ambiente Italia nel 2015, per un progetto di Legambiente e Enel), possa procedere ad un aggiornamento dello scenario e all’individuazione di progetti concreti da attuare secondo una scala di fattibilità e priorità.
Il tema dell’agricoltura urbana e periurbana è tornato di grande attualità a livello planetario per motivazioni diverse secondo le caratteristiche dell’economie locali.
A livello mondiale l’agricoltura urbana è praticata oggi da 800 milioni di persone: il 15-20% del cibo mondiale viene prodotto nelle aree urbane, con le popolazioni urbane dei paesi più poveri che arrivano a produrre fino al 60% del loro cibo.
La FAO ha elaborato di conseguenza alcuni indirizzi di carattere generale, considerando che il mondo si sta urbanizzando, con città sempre più grandi (nel 2050 il 70% della popolazione vivrà in aree urbane), e che questa urbanizzazione crescente richiede un radicale ripensamento di ogni aspetto dei nostri sistemi alimentari.
La FAO propone:
Il tema dell’agricoltura urbana e periurbana inserito nel programma per le elezioni amministrative del Comune di Firenze tiene conto delle specificità del territorio e prende atto del ruolo del sindaco di Firenze che è anche il presidente della Città Metropolitana.
La città metropolitana è composta da 41 Comuni e comprende aree rurali pregiate come il Chianti, il Mugello, il Valdarno, l’Empolese etc. Nella zona a ovest di Firenze (Sesto-Campi) sono in discussione progetti di bonifica e riqualificazione del territorio, ad iniziare dal Parco della Piana sostenuti da un ampio movimento popolare che si inseriscono perfettamente nella strategia delineata. Uno degli obiettivi principali di tale progetto di Parco è proprio la valorizzazione agricola di zone periurbane.
Firenze, per la sua storia, per quello che rappresenta nel mondo, per i rapporti che può stabilire con le altre città, può e deve essere parte attiva del movimento mondiale per la difesa della “casa comune”, dando un contributo fatto di grandi e piccole innovazioni. Alcune delle strategie da attuare sono state ben definite all’interno del Milan Urban Food Policy Pact, accordo del 2015 di cui anche Firenze è firmataria ma su cui ancora troppo poco è stato fatto.
L’agricoltura urbana apporta anche un significativo contributo ambientale perché producendo una discontinuità nel tessuto edificato offre spazi verdi funzionali al tempo libero, contribuisce alla mitigazione microclimatica ed alla dispersione dello smog con effetti benefici sulla salute dei cittadini.
Alcune proposte nella direzione di un potenziamento dell’agricoltura urbana e periurbana sono queste:
Il sistema tramviario è una componente imprescindibile, accanto a treni e autobus, per rendere la mobilità nell’area metropolitana fiorentina più efficiente e sostenibile. Attualmente sono attive la linea 1 tra Santa Maria Novella e Scandicci/Villa Costanza, la linea 2 da Piazza dell’Unità all’aeroporto di Peretola e la linea 3.1 da Santa Maria Novella a Careggi. Al netto dei notevoli ritardi dei cantieri e dei disagi causati agli abitanti ed ai commercianti di alcune delle zone interessate dal tracciato del tram soprattutto nella realizzazione della linea 2 e 3, si tratta di un’infrastruttura fondamentale che permette di collegare con il centro città – con un servizio veloce, frequente e affidabile – alcune zone tra le più popolate della città/area metropolitana (Scandicci, Isolotto/Legnaia, Rifredi, Novoli), e alcuni servizi fondamentali come l’aeroporto e l’ospedale di Careggi. Alcune delle numerose criticità di questi anni potevano certamente essere evitate, ed occorre un cambio di passo nella progettazione urbanistica e nella pianificazione dei lavori, per far sì che i prossimi cantieri siano meno problematici.
Gli effetti delle tramvie sul sistema di mobilità cittadino, e di conseguenza sul traffico, si vedranno compiutamente solo quando tutto il sistema sarà completato raggiungendo le zone della città ed i Comuni dell’area metropolitana ad oggi non coperti dall’infrastruttura: Campo di Marte e Rovezzano a nord-est, Gavinana e il Comune di Bagno a Ripoli a sud-est, Le Piagge, San Donnino, Campi Bisenzio, Castello, Sesto Fiorentino ad ovest. Le nuove linee non saranno importanti solo per servire i cittadini delle zone che attraversano ma anche, grazie alla realizzazione di ulteriori parcheggi scambiatori, per intercettare i flussi di coloro che provengono da fuori città (soprattutto turisti e pendolari, questi ultimi provenienti dal Valdarno, dal Chianti, dalla Valdisieve, dall’Empolese, da Prato/Pistoia) che attualmente raggiungono Firenze in auto contribuendo in modo significativo alla congestione del traffico cittadino.
Uno dei dibattiti che animano la campagna elettorale per le amministrative è proprio quello sull’ampliamento della rete tramviaria, che divide cittadini e forze politiche tra favorevoli e contrari. Cosa pensano i Verdi?
Alcune misure possibili:
I progetti dei nuovi tracciati tramviari porteranno sicuramente, come già sta avvenendo per la linea 3.2 tra piazza della Libertà e Bagno a Ripoli, un prevedibile dibattito sulla necessità di evitare l’abbattimento di alberi lungo il percorso del tram. Condividiamo in pieno in questo caso la posizione espressa da Legambiente Firenze tramite un recente intervento del suo Presidente Lorenzo Cecchi[1]: “non si può pensare di bloccare il completamento di un’infrastruttura a emissioni zero, regolare ed efficiente come la Tramvia, che è in grado di ridurre in modo significativo il traffico e l’inquinamento in città, e che è anche l’occasione per ridisegnare gli spazi urbani favorendo tutte le forme di mobilità alternative all’auto (mobilità ciclabile, pedonale, micromobilità elettrica ecc…). Dovremo vigilare affinché in fase di cantierizzazione si evitino gli abbattimenti non necessari, e perché per ogni albero abbattuto ne siano ripiantati almeno 3, com’è stato finora, o meglio 4, come raccomandiamo da anni. Ma Firenze ha assoluto bisogno di completare la propria rete di trasporto pubblico, sul modello di delle città europee più avanzate.”
[1] https://www.nove.firenze.it/tramvia-a-firenze-legambiente-alberi-e-nuovi-tracciati.htm
di Vieri Calogero (co-founder di Impact Hub Firenze e fellow presso il centro universitario c.MET05 dove si occupa di economia urbana, innovazione e sviluppo territoriale) e Giorgio Ricchiuti (Professore Associato di Politica Economica Università degli Studi di Firenze e Complexity Lab in Economics, Università Cattolica Milano), una versione sintetica di questo articolo è apparsa su Repubblica Firenze il 23 Aprile 2019.
La città pulsa, vive, evolve in un processo continuo di ridefinizione di se stessa. La sua evoluzione però non è necessariamente verso il meglio, anzi strategie collettive sbagliate possono determinarne il collasso.
In teoria economica ci si riferisce alla sindrome olandese per definire un processo di deindustrializzazione derivante da un aumento dell’utilizzo delle risorse naturali. Il termine fu coniato dall’Economist nel 1977 per spiegare il processo di deindustrializzazione che colpì i Paesi Bassi in seguito alla scoperta di un giacimento di gas naturale a Slochteren nel 1959. Quando aumenta il reddito generato da un settore economico, le risorse produttive tendono a spostarsi verso quel settore, modificando i prezzi relativi e spiazzando altri settori, come il manifatturiero nel caso olandese. In generale nella teoria economica c’è un’ampia letteratura (la cosidetta “maledizione delle risorse naturali”) che studia i diversi canali attraverso i quali un aumento delle risorse naturali provoca effetti perversi sul processo di sviluppo territoriale.
A Firenze questo sta avvenendo con l’aumento del turismo ed è un processo già in corso da tempo. In questo caso le risorse naturali sono la storia, la cultura e la bellezza della città che, anche grazie all’intensificarsi del processo di globalizzazione, stanno generando flussi crescenti di visitatori da tutto il mondo. Proprio come nel caso della malattia olandese questi flussi generano un cambiamento relativo dei prezzi facendo spostare risorse ed investimenti verso il settore turistico e portando gli altri settori a maggior valore aggiunto, come il manifatturiero, in crisi (come spiegheremo meglio oltre).
Per questo è importante inserire le scelte fatte sul territorio all’interno di una visione integrata, pensando a quali potranno essere le conseguenze endogenamente determinate.
La politica cittadina, consapevolmente o meno, sembra essersi mossa nella direzione di promuovere il brand Firenze per incentivare gli arrivi di turisti. Il progetto di ampliamento dell’aeroporto di Peretola si inserisce in questa traiettoria e viene stimato che questo possa portare ad un aumento dei pernottamenti fra 5 e 10 milioni. Ma quali sono i suoi effetti perversi?
Partiamo dallo status quo: Firenze, secondo la Camera di Commercio, nel 2018 ha avuto 11 milioni di pernottamenti. Per capirci, Milano che è 3 volte e mezzo Firenze in termini di abitanti, ha un numero di pernottamenti simile. Mentre Roma, che è 7,5 volte Firenze, ha “solo” 25 milioni di pernottamenti.
Dal punto di vista ambientale avremo un aumento di produzione di rifiuti che andranno smaltiti e il cui costo ricadrà sull’amministrazione locale. Ma questo, per molti economisti, non è un problema: aumentiamo la tassa di soggiorno e il gioco è fatto. Tuttavia, oltre alle esternalità negative ambientali, ci sono anche altri effetti perversi che si potrebbero vedere nel tempo. E, nei fatti, rendono il turismo rilevante per l’economia cittadina ma in termini negativi. Vediamo per punti:
1) la domanda di abitazioni cresce perché queste si trasformano in attività ricettive per soddisfare i flussi turistici crescenti. Questo genera due effetti: a) riduce l’offerta di abitazioni per affitti a lungo periodo (che passano al breve); b) dirotta i risparmi da altri investimenti verso gli immobili per farne attività ricettive. Entrambi questi effetti riducono l’offerta di case e spingono prezzi di affitto di lungo periodo e prezzi di vendita verso l’alto. Le case via via, anche grazie alle piattaforme online, si svuotano per far posto a persone che vivono la città per brevissimi periodi. L’effetto perverso, già ben visibile a Firenze da anni, è la gentrificazione: la trasformazione, in termini urbanistici e politico-sociali, di aree urbane (non solo del centro) storicamente popolari e la conseguente fuga verso i comuni satellite all’interno dell’area metropolitana.
2) La perdita di identità dei quartieri, della loro memoria storica è il costo sociale non colmabile da alcuna tassa di soggiorno. Non solo diventa più costoso vivere la città ma questo genera una trasformazione dell’identità della città che nel lungo periodo cancella anche le motivazioni per visitarla (la presenza dei negozi artigiani, le caratteristiche botteghe,…). E l’identità della città non è rilevante solo per il turismo ma anche per i prodotti e servizi che la città produce e offre. Moda, cultura e cibo sono così seducenti perché prodotti in un posto bellissimo, Firenze, densa di saper fare locale, con una produzione culturale antichissima. Se questa identità scompare, con lei anche l’attrattività dei suoi prodotti.
3) la domanda turistica porta ad aumento di imprese ed investimenti nei servizi alla persona (ristorazione, alberghi) con conseguente aumento della domanda di lavoro nel settore. È sicuramente una bella notizia ma ha un impatto rilevante sul mercato del lavoro in generale perché, potenzialmente, crea disoccupazione strutturale: disaccordo fra le qualità dei lavoratori e quelle richieste dalle imprese. Per dirla breve, a nulla varrà avere tre università nel territorio regionale che formano ingegneri, chimici, biologi se serviranno solamente chef, coiffeures, e personal butler. Inoltre, dal punto di vista economico questo porta verso una specializzazione produttiva in settori a basso valore aggiunto e, quindi, con potenziale di ridotta crescita nel lungo periodo. Inoltre, questi servizi non sono i servizi del sapere locale ma spesso sono servizi costruiti sui “gusti” dei potenziali clienti, che concorrono alla perdità di identità.
4) I difensori dell’aeroporto sostengono che il progetto spingerà le grandi multinazionali a spostare in città sedi e produzioni. Non crediamo questo perché oggi le imprese si muovono in base ad altri fattori abilitanti (elevata domanda, informazioni e conoscenza, lavori qualificati, etc.). Ma sicuramente l’aumento del prezzo delle case e di quello degli affitti così come il costo dei servizi alla persona, condurrà all’aumento dei salari (reali) richiesti dai colletti bianchi e blu. Quali imprese del manifatturiero o dei servizi alle imprese possono permettersi di pagare tali stipendi? Forse quelle della robotica, le software house o le società finanziarie. E perché dovrebbero preferire Firenze a piazze già attive come Milano? Soprattutto quando Firenze si sta trasformando in un grande lunapark per turisti?
5) L’effetto sul mercato immobiliare si rifletterà anche sull’Università, limitando i fuori sede che non hanno diritto ad una residenza universitaria. D’altra parte, la riduzione di prospettive lavorative per mancanza di domanda di lavoro specializzata porterà molti studenti fiorentini a scegliere le magistrali fuori da Firenze (lo si riscontra già per i master che preparano ad operare nei mercati finanziari, si preferisce direttamente la piazza milanese).
Se questi processi complessi non vengono governati con molta probabilità Firenze ricalcherà le orme di Venezia. Si svuoterà di cittadini delle fasce più deboli che diventeranno pendolari, e vedrà un misto fra alta borghesia e turisti appropriarsi (come già sta avvenendo) di spazi sempre più vasti. Nei fatti aumenterà la dualità fra centro e periferia. Allo stesso tempo, cambierà la struttura produttiva della città spostandosi dal manifatturiero (meccanica, moda, ottica) ai servizi alla persona (turismo). E l’ampliamento dell’aeroporto non farebbe altro che rafforzare questo processo oramai in corso da tempo. Resta da chiedersi quale sia la visione della città dietro chi propugna l’ampliamento.
Per noi è importante capire quali siano le leve in mano all’amministrazione per favorire la localizzazione e/o l’emergere di aziende ad alto valore aggiunto. Crediamo fortemente che più che puntare sui risparmi (abbassamento del costo del lavoro, detassazioni per le imprese, voli low cost) sia necessario puntare su un mix di politiche: vivibilità (scuole di alto livello accessibili, mobilità intelligente e sostenibile, qualità dell’ambiente, offerta culturale e di intrattenimento) e investimenti strategici per veicolare innovazione nei settori di eccellenza territoriale.
Le imprese di eccellenza si localizzano dove trovano capitale territoriale adeguato: lavoro qualificato settoriale, altre aziende dello stesso settore da cui apprendere e con cui interagire, accesso ad un sistema di creazione e condivisione di informazioni e sviluppo di conoscenze collettive. L’ampliamento dell’aeroporto potrà nel breve periodo rendere più ricca la parte di Firenze che sfrutta il turismo tramite posizioni di rendita. Ma nel lungo periodo porterà ad depauperamento di ciò che fino ad oggi ha rappresentato l’identità della città, delle proprie eccellenze produttive e del proprio ecosistema innovativo.
Parlare di rifiuti è difficile.
La stessa parola richiama alla mente qualcosa di negativo e pertanto molto spesso se ne parla poco e male. I rifiuti, oltre che essere primariamente uno scarto possono invece in molti casi diventare una risorsa, anche economica e di sviluppo.
Non si tratta solo di un gioco di parole, ma di un cambiamento di prospettiva e mentalità non solo desiderabile ma necessario.
Per molti, dire “rifiuti” oggi fa pensare agli scandali degli smaltimenti abusivi (e non solo nel sud del paese, anche in Toscana vi sono esempi molto poco virtuosi), ai centri di stoccaggio che in maniera accidentale o premeditata bruciano, agli interessi economici di operatori a volte senza scrupoli, fino ai comitati di cittadini che, in maniera comprensibile, si attivano allarmati in presenza di un progetto di discarica o recupero energetico (auspicabilmente il più lontano possibile) e alle resistenze politico-istituzionali della burocrazia e dei decisori.
Per diverse ragioni, non ultima una generale e distratta sottovalutazione del problema, il tema dei rifiuti non è stato gestito per molto tempo.
In passato si è piuttosto cercato di tamponare gli effetti negativi di natura ambientale, economica e soprattutto di consenso che la difficile gestione dei rifiuti porta con sé. La Toscana, che fino a qualche decennio fa era in testa per quote di raccolta differenziata si è fermata, restando indietro rispetto alle zone più virtuose d’Italia. La responsabilità, purtroppo, è tutta politica.
La situazione a Firenze
Oggi il comune produce circa 620kg di rifiuti pro capite (uno dei valori più alti d’Italia, anche se pesa certamente l’effetto di pendolari e turisti) e differenzia circa il 51% dei rifiuti urbani.
Per questo i cittadini pagano in tariffa una sorta di penale sulla quota di differenziata che si discosta dall’obiettivo del 65% che ci ha dato l’Europa. Per dipanare questa matassa occorre andare con ordine.
La normativa europea
La normativa europea nasce da una discussione ragionata su quali siano le migliori pratiche per la gestione del problema.
La strategia sviluppata punta, in ordine di priorità, su:
1. Diminuire la produzione di rifiuti
2. Incentivare il riuso (e quindi allungare la vita media dei prodotti)
3. Aumentare la quota di riciclaggio
4. Effettuare recupero energetico sulla restante quota
5. Inviare in discarica solo ciò che rimane alla fine di questo processo
Questa strategia costituisce, al momento, una scelta di campo e operativa imprescindibile se si vuole rendere non solo la città sostenibile (ecologicamente ma anche economicamente) ma anche per far contribuire Firenze alla sostenibilità globale.
Le nostre proposte
Vogliamo qui fare alcune proposte concrete sulla gestione dei rifiuti urbani, che nella nostra idea di città dovrebbero essere considerati e valorizzati.
Questo può essere fatto aderendo alla strategia “Rifiuti Zero”, ad oggi attuata da 280 comuni italiani con risultati ritenuti impensabili prima della sua sperimentazione. (di seguito si riporta il riferimento alla prima esperienza in Italia http://www.rifiutizerocapannori.it/rifiutizero/dieci-passi-verso-rifiuti-zero/ ).
In questa ottica, reputiamo che quei sei punti, ordinati per scala di priorità, siano fondamentali e non più rinviabili.
Questo perché da essi derivano considerazioni virtuose su economia ed ecologia (ad esempio è evidente che produrre meno rifiuti e quindi doverne differenziare / trattare / smaltire meno sia ecologico quanto economico).
1) Una nostra prima proposta è che tutti i ristoranti della città cessino di vendere acqua in plastica e la eroghino invece in caraffa.
A questo ovviamente deve seguire un adeguato aumento delle fontane e fontanelli pubblici, per evitar di dover comprare la classica bottiglietta.
L’obiettivo a più lungo termine è di eliminare l’uso della plastica monouso presso ogni attività commerciale e non solo (privata o pubblica) in città.
2) Una seconda proposta è la creazione/promozione di centri del riuso / riciclo / isole ecologiche di quartiere (recuperando quindi anche una fondamentale unità amministrativa della città oggi latitante) che portano lavoro e consentono di dare nuova vita a prodotti e materiali.
La gestione dei rifiuti rimanda a un tema di responsabilità. Oltre a produrne il meno possibile non crediamo che la ricetta giusta possa essere, come spesso accade, allontanare i rifiuti prodotti, magari facendoli arrivare, per vie tortuose e poco trasparenti, in zone del mondo dove gli standard di tutela ambientali sono bassi o pagando alti costi di trasporto e smaltimento per farli trattare nel Nord Europa.
Riteniamo invece che responsabilità significhi saper fare scelte contro corrente.
Certo alcune scelte non spettano al livello comunale, ma a quello regionale, nazionale e continetnale. Appare ad esempio ineludibile che l’Italia e l’Europa si muovano per proporre una normativa sul “vuoto a rendere” e sulle tipologie di packaging.
3) Una nostra terza proposta quindi è che tutti i livelli della filiera debbano essere adeguatamente sviluppati e che la cittadinanza vada portata verso pratiche virtuose attraverso un coinvolgimento attivo (saranno i residenti stessi a “formare” i loro concittadini). che la renda protagonista del cambiamento in atto.
4) La nostra quarta proposta riguarda una politica di raccolta porta a porta con tariffazione puntuale (cioè si paga ciò che veramente si consuma) che faccia crescere la differenziata all’85% ed oltre. (Cosa che già accade in alcune città virtuose come Treviso). Attualmente purtroppo gli impianti di riciclo sono insufficienti a garantire il trattamento delle materie, e la domanda di mercato per le materie prime seconde è inferiore all’offerta.
5) La nostra quinta proposta riguarda quello che l’amministrazione può fare per favorire pratiche sostenibili da parte degli esercizi commerciali. Pensiamo ad una tassazione agevolata per gli esercizi commerciali eco-friendly come quelli che vendono soltanto prodotti sfusi o che non utilizzano materiali usa e getta.
6) La nostra sesta proposta riguarda infatti il comune di Firenze: almeno il 30% del totale degli approvvigionamenti pubblici di beni e servizi dovrebbero essere ecologici e sostenibili (in modo che il comune sia il primo soggetto virtuoso a produrre meno rifiuti).
Per queste ragioni appare evidente come il sistema di gestione attuale a Firenze possa e debba essere molto migliorato secondo un’ottica ecologica, economica, sistemica, di responsabilità e di prossimità.
La politica si prenda onori ed oneri di scelte coraggiose. Noi Verdi abbiamo la volontà di compiere queste scelte.Cambiare non solo è possibile ma necessario.
Una mobilità sostenibile a Firenze si raggiunge attraverso una molteplicità di interventi. Il disincentivo all’uso dell’auto privata deve essere accompagnato da un’offerta adeguata di mezzi alternativi. In un post di qualche giorno fa abbiamo parlato di cosa si possa fare per l’uso della bici. Un altro intervento importante che vogliamo realizzare è l’aumento sostanziale dei taxi circolanti in città.
A Firenze circolano 1,9 taxi ogni 1.000 abitanti. Un numero molto inferiore quello di Napoli (2,4), Roma (2,7) o Milano (3,6). Non è quindi sorprendente che, stando ai dati disponibili, Firenze è la seconda città più cara per i taxi dopo Venezia.
Non si tratta solo di un mezzo caro ma, sarà capitato a tanti di notarlo, anche difficile da reperire nel momento del bisogno, o in concomitanza con eventi particolari (aiuto c’è Pitti!).
I taxi sono uno strumento importante per ridurre la congestione delle auto in città. A Londra si spendono in media 67 ore l’anno in auto cercando un parcheggio. Se qualcuno avesse fatto il calcolo per Firenze temiamo che il numero sarebbe anche superiore! Il problema di questo enorme spreco di tempo potrebbe essere risolto se l’auto non dovesse essere parcheggiata, ma semplicemente utilizzata da un altro cliente dopo che si è usata.
Nel 2017 il Comune di Firenze ha fatto un piccolo passo nella direzione giusta. Le licenze, che all’epoca erano poco più di 650 (1,4 per 1000 abitanti) sono state aumentate di 70.
La nostra proposta è più radicale. Portare il numero di taxi a 2,5 per 1000 abitanti, prevedendo l’emissione di 300 nuove licenze gradualmente nei prossimi 5 anni, tutte vincolate all’utilizzo di un veicolo elettrico. Al contrario delle licenze in circolazione attualmente queste nuove licenze sarebbero licenze a tempo, con una scadenza di un numero di anni sufficiente a rendere conveniente l’investimento senza però creare un diritto permanente ad esercitazre il servizio.
L’aumento delle licenze dovrà tutelare coloro che, magari da poco, hanno realizzato un investimento oneroso, acquistando una licenza. Come fare? Tipicamente, il valore delle licenze è legato alla rendita che garantiscono, che verrebbe di fatto ridotta dalla presenza di nuovi taxi in città. A Firenze, quando nel 2017 le licenze vennero aumentate, il Comune stimò che il valore di una licenza fosse di circa 250 mila euro. In considerazione del fatto che, prevedendo obbligatoriamente l’uso di un’auto elettrica, le nuove licenze vennero vendute a 175 mila euro. I proventi delle vendite, inoltre, vennero ripartiti in gran parte ai proprietari di licenza e il 20% incassato dal Comune.
Il meccanismo di erogazione e di compensazione dei proprietari di licenza che noi proponiamo per Firenze sarebbe declinato in maniera diversa:
Questa misura produrrebbe alcuni importanti risultati:
Una misura efficace, di semplice attuazione, che rappresenterebbe un altro tassello nella costruzione di una città vivibile.
Il calcio oggi più che mai coinvolge l’economia, la pianificazione urbanistica, l’educazione e molti altri aspetti della vita di una città.
In quest’ottica, la politica non può limitarsi ad essere spettatrice ma deve intervenire direttamente nelle scelte che riguardano il calcio e la città.
A Firenze abbiamo uno stadio che è un monumento, ma che al contempo ha delle criticità da superare.
Noi Verdi proponiamo “Un tetto per il Franchi”.
Un progetto, da realizzare attraverso un bando internazionale, come proponeva Bloomberg nel 2013, coinvolgendo architetti di fama mondiale. Un progetto che, pur tenendo conto dei vincoli architettonici, legati a torre di Maratona e scale elicoidali, renda lo stadio di Firenze più adeguato, comodo e moderno.
Questo progetto si contrappone all’idea di avere due stadi di grandi dimensioni a Firenze, uno privato e uno pubblico. Anche se negli ultimi dieci anni si è spinto in questa direzione, con scadenze per la presentazione della documentazione definitiva che venivano puntualmente disattese e slittavano di 12 mesi ogni volta, noi riteniamo che questa direzione presa sia sbagliata per molte ragioni.
Il nuovo Franchi non dovrà soltanto essere coperto e più fruibile ma deve anche essere uno “Stadio sicuro”: per andare incontro alle esigenze poste dal decreto Amato del 2007.
Pertanto le opere del progetto internazionale includeranno anche interventi architettonici intorno allo stadio, per consentire, attraverso sottopassi e cavalcavia, un afflusso e deflusso ordinati, il posizionamento delle zone di prefiltraggio in modo che non debbano ogni volta comportare la chiusura di Viale Paoli e Viale Fanti.
Ma l’afflusso ordinato allo stadio sarà garantito anche dalla nostra idea di mobilità integrata, applicabile non solo alle partite ma a tutti i grandi eventi.
“Eventi senza inconvenienti” sarà il risultato del coordinamento dei vari soggetti in gioco: comune, Ataf, Ferrovie, Firenze parcheggi e AC Fiorentina collaboreranno per avere tariffe agevolate nei parcheggi di Libertà e Alberti presentando il biglietto, così come navette gratuite dai parcheggi allo stadio, e treni cittadini con provenienza da Piagge, Sesto, Sieci, per portare alla stazione Campo di Marte molti fiorentini, sfruttando le dieci stazioni di cui Firenze dispone.
Questo comporterà un miglioramento della vivibilità per gli abitanti di Campo di Marte, poiché alla nuova offerta di mobilità integrata potrà finalmente abbinarsi una politica sanzionatoria contro sosta selvaggia e in generale non rispetto del codice della strada.
Un tetto per il Franchi, stadio sicuro e mobilità integrata, porteranno finalmente Firenze a vivere gli eventi sportivi come nelle più avanzate città europee.
Le immagini sono gentile concessione dell’Arch. Camilla Ammannati
Buona parte degli economisti pensa che l’effetto delle condizioni economiche della famiglia di origine sul reddito di un individuo svanisca dopo tre o quattro generazioni. Questo non è certamente vero per i fiorentini.
Due anni fa due economisti della Banca d’Italia hanno reso note delle stime scioccanti che hanno fatto guadagnare alla nostra città le prime pagine dei quotidiani economici del mondo. Se i tuoi antenati nel 1427 avevano un reddito superiore alla media, è decisamente più probabile che tu oggi abbia un reddito sopra la media. Dopo oltre 25 generazioni!
Non sappiamo se si tratti di un primato fiorentino, ma pensiamo che una città più inclusiva si realizzi anche redistribuendo la ricchezza dai più ricchi ai più poveri.
Nella scorsa campagna elettorale si è fatto un gran parlare di flat tax. Il PD, e tutte le altre forze di centro-sinistra, si sono schierate fortemente per il mantenimento di un’imposta progressiva sui redditi. Eppure l’addizionale comunale IRPEF a Firenze assomiglia molto ad un’imposta piatta. È prevista solo un’aliquota pari a 0,2% con una soglia di esenzione fissata a 25 mila euro.
Noi Verdi pensiamo che, per quanto limitato possa essere il ruolo del Comune nel garantire giustizia distributiva, Firenze dovrebbe dotarsi di un sistema di aliquote fortemente progressivo.
Proponiamo, quindi, una riforma che abbassi l’aliquota o la mantenga invariata per oltre l’ 85% dei contribuenti, chiedendo un piccolo contributo in più solo ai contribuenti con un reddito imponibile elevato: ovvero al 15% più ricco, coloro che hanno un reddito imponibile superiore ai 43 mila euro.
Secondo i nostri calcoli, che si basano sugli ultimi dati disponibili dell’Agenzia delle Entrate, è possibile modificare l’addizionale comunale Irpef secondo il seguente sistema di aliquote:
Attuale addizionale
Esenzione | 25.000 € |
Per qualsiasi reddito | 0,2% |
Proposta dei Verdi
Esenzione | 25.000 € |
da 0 a 15.000 € | 0,1% |
da 15.000 € a 28.000 € | 0,2% |
da 28.000 € a 55.000 € | 0,3% |
da 55.000 € a 75.000 € | 0,6% |
Oltre 75.0000 € | 0,8% |
Nel grafico sotto si vede la variazione di quanto pagato per ogni livello di reddito fino a 100 mila €. Per la grandissima parte dei fiorentini la differenza è zero o negativa, diventa positiva sopra 43 mila €. Ma a un percettore di 100 mila € vengon chiesti poco meno di 250 euro in più.
Questa riforma è neutrale o vantaggiosa per la grande maggioranza dei contribuenti e crea un consistente maggiore gettito. Basandoci sui dati aggregati dell’Agenzia delle entrate, è possibile stimare, con un certo grado di approssimazione, che i maggiori introiti derivanti da questa riforma siano attorno ai 6 milioni di euro.
Seguendo una filosofia a noi cara, cioè che la transizione verso un sistema di vita più sostenibile si possa finanziare anche attraverso la tassazione dei più benestanti, vorremmo restituire queste risorse ai cittadini abbassando il costo dei servizi di traporto pubblico. La nostra proposta è quella di provare a dimezzare il prezzo di tutti gli abbonamenti ATAF per tutti i residenti, compresi quelli ISEE. L’abbonamento annuale ordinario potrebbe passare da 310 a 160 €, quello studenti da 252 a 130 €.
Fra le altre cose questa misura consentirebbe di rendere l’abbonamento molto più vantaggioso che non il singolo biglietto, così come accade in città come Londra. Una volta che l’abbonamento è fatto il costo di prendere i mezzi è zero ed è sperimentato che questo ne incentiva fortemente l’utilizzo.
La parola fiume può evocare in molti di noi immagini e pensieri diversi.
Se la ascolta un naturalista, penserà a un importante corridoio ecologico , che fornisce habitat a tante specie.
Se la ascolta un pescatore, penserà ad un argine sul quale trascorrere una piacevole giornata con una canna da pesca.
Se la ascolta un ingegnere, penserà a un grosso “tubo” idraulico che deve portare via l’acqua il più velocemente possibile, specialmente in caso di grosse piogge. D’altro canto, un esperto di energia penserà alla possibilità di sfruttare una fonte rinnovabile per produrre energia.
Se la ascolta un ecologo, ai numerosi servizi ecosistemici resi dal fiume, un amante delle escursioni, a un bel sentiero da fare a piedi o in bici, magari abbinandolo a una nuotata d’estate.
Se la ascolta un amministratore lungimirante, può pensare ad un contratto di fiume.
Questo termine, che potrebbe non suonarvi molto familiare, perché non si ascolta nei talk show televisivi, perché i dibattiti politici non si occupano granché dei fiumi, ha in realtà ricadute molto importanti.
Si tratta di uno strumento giuridico che permette di assemblare i vari tasselli del mosaico fiume: gli aspetti economici, ecologici, idrogeologici e quelli legati alla vivibilità.
Il tema dei corsi d’acqua non entra nelle campagne elettorali ed è un paradosso, se pensiamo che le città sono da sempre nate vicino ai fiumi, dalle grandi civiltà mesopotamiche sulle rive del Tigri e l’Eufrate, alla civiltà egiziana sulle rive del Nilo, all’accampamento militare che i romani fondarono nel 59 a.c che prese poi il nome di Florentia.
I Verdi Firenze, anche in questo, vogliono andare controcorrente, portare il fiume Arno e i suoi affluenti nella campagna elettorale della città, con una proposta forte: quella di un contratto di fiume per Arno fiorentino e torrenti fiorentini.
Tale contratto nasce con il fine di raggiungere nella consiliatura quegli obiettivi stabiliti da alcune direttive europee, in particolare la direttiva acque (2000/60/CE) e la direttiva habitat (92/43/CEE), da ormai oltre 20 anni.
Tali obiettivi, che in parole semplici mirano a rendere l’ambiente più forte e funzionale, più fruibile e godibile, integrando le competenze e le azioni dei numerosissimi attori in gioco, per un fiume vanno dal comune al consorzio di bonifica, al genio civile della regione, alle associazioni ambientaliste, al gestore dell’acqua e a quello dei rifiuti, all’ARPAT.
Oltre a questo, i Verdi Firenze si propongono di sbloccare il progetto di mini idroelettrico, approvato ormai 10 anni fa e oltre, riguardante le briglie dell’Arno, e che può produrre una quantità piuttosto rilevante di energia pulita per il territorio fiorentino.
Si tratta ovviamente di proposte molto articolate e che richiedono un approfondimento superiore a quello di un post sui social.
Proprio per questo è possibile trovare la nostra proposta dettagliata cliccando questo link.