Un’onda verde di 20 mt sul ponte simbolo di Firenze per dare forza ad una richiesta concreta: voltare pagina, cambiare modello di sviluppo, dare risposte immediate ai cambiamenti climatici.
Firenze si unisca alle altre città che hanno dichiarato l’emergenza climatica. Un momento di discontinuità simbolica che deve rappresentare l’inizio di una nuova politica del nostro territorio e della nostra comunità.
Chiunque abiti a Firenze ha sempre visto frotte di turisti percorrere la città in gruppi o da soli. Si tratta di una città d’arte ed è nella natura delle cose. Ma in determinate modalità ed oltre una certa misura questo diventa un problema.
Come hanno evidenziato Vieri Calogero e Giorgio Ricchiuti nel loro articolo su La sindrome olandese di Firenze l’utilizzo intensivo di una risorsa modifica in profondità il tessuto urbano e produttivo del territorio. La “risorsa naturale” di cui dispone Firenze e che dirotta forza-lavoro e capitali sul turismo è il suo patrimonio artistico e culturale.
Il sociologo Giovanni Semi ha tematizzato ciò che gli urbanisti chiamano gentrificazione in un suo saggio di qualche anno fa. Si tratta del processo per cui le classi più abbienti sostituiscono quelle meno ricche, che non riescono più a far fronte ai costi delle zone del centro. Così il tessuto urbano viene sconvolto con l’espulsione degli abitanti originari che si rifugiano nella periferia. Ciò può essere causato dalla presenza di istituzioni come ministeri o sedi di aziende potenti che fanno alzare il prezzo delle case. Nel nostro caso si tratta invece del turismo, un trend che viene potenziato dal successo della piattaforma Airbnb.
Il funzionamento di essa è conosciuto e semplice: si tratta di una piattaforma internet che consente ai suoi iscritti di affittare una stanza o un appartamento; i visitatori esprimono un gradimento e come compenso per la intermediazione la piattaforma ottiene un guadagno proporzionale alla transazione. È uno dei casi più famosi della famosa “economia delle piattaforme”, dei modi di “mettere a valore” attraverso l’uso di internet un proprio bene.
Questo nuovo potente mezzo ha incrementato il processo di sfruttamento urbano, dando un volto nuovo alla città che tende a diventare una Disneyland permanente: movida, ristorazione, articoli da souvenir, marchi di moda e Made in Italy. Per quanto possa essere divertente passare qualche ora in un parco giochi, pochi vorrebbero viverci. I residenti che fine fanno?
Nel nostro caso i residenti più che venire rimpiazzati da altri più abbienti, tendono a cedere il passo al turismo mordi e fuggi. Si tratta di un circolo vizioso: in una città che ha puntato tutto sul turismo e non offre grandi opportunità lavorative, affittare può essere una integrazione del reddito (o sostituzione!) significativa. Ma così facendo si rafforza la vocazione esclusivamente turistica sacrificando tutto il resto. Risultato: Firenze è la città che ha il maggior numero di affitti Airbnb in Italia in rapporto agli abitanti (più di Roma o Venezia).
L’amministrazione ha promosso il turismo di lusso all’interno del centro storico e non è stata capace di arginare l’espansione di Airbnb. E questa è davvero la quadratura del cerchio: a fronte dello sviluppo forsennato delle attività economiche legate al turismo di massa (lavoro, produzione) e di una parallela rendita edilizia ad esso legata (valorizzazione e investimenti) la città sta avallando tale sistema investendo di più nelle zone che generano tali introiti: destinazioni d’uso per ospitalità di lusso, servizi migliori, sorveglianza e controllo del territorio disegnano una città di seria A ed una di serie B.
Così si spiega non solo la bizzarra ordinanza delle “zone rosse” avallata dal Sindaco e diretta a rendere sicuri i quartieri più in vista, ma anche la serie di misure di blindatura securitaria contenute nel programma della coalizione che propone la riconferma del sindaco Nardella: più forze dell’ordine, più polizia, più vigili, più telecamere di sorveglianza.
Occorre, poi, porre il tema della diseguaglianza generata da tale dinamica. In una ricerca di dell’Università di Siena emerge come nel campione di 13 città italiane in cui Airbnb ha preso massicciamente piede, si ha un incremento in quasi tutte dell’indice di diseguaglianza (indice GINI). Quindi i benefici di questa piattaforma non sono distribuiti in maniera uniforme.
A conferma di ciò, sulla piattaforma non sono solo singoli privati che affittano: i tre host maggiori offrono rispettivamente 64, 89 e 162 (sic!) appartamenti. È chiaro che si tratta di agenzie, per cui non siamo più nel terreno della integrazione di un reddito familiare ma di una vera e propria attività imprenditoriale che andrebbe tassata in maniera differente.
In diverse città del mondo vi sono state sollevazioni cittadine verso Airbnb (San Francisco, Barcellona, Santa Monica fra gli altri) e forti misure limitative per affrontare il fenomeno.
La lista dei Verdi per Firenze intende andare in tale direzione impiegando tutti gli strumenti disponibili dal quadro normativo e chiedendo maggiori poteri regolativi.
Non vogliamo criminalizzare chi utilizza Airbnb, ma regolare il fenomeno graduando l’onere fiscale a vantaggio dei cittadini che sicuramente non vogliono trovarsi a fare la spesa assieme a Topolino e Pippo, in un rutilante parco Disneyano di cui, chissà, magari gli stessi turisti potrebbero un giorno stufarsi.
Matteo Bortolon per Verdi Firenze
Foto in copertina: https://enoughisenough14.org/
La Fedrazione dei Verdi di Firenze vuole fare un grande in bocca al lupo alla lista Cittadini per Greve in Chianti che sostiene la candidatura a Sindaco di Simone Secchi.
Si tratta di una lista civica che raccoglie esperienze e speranze che vengono da percorsi diversi, dalla sinistra ma anche dal movimento 5S. In molti casi sono persone legate ad una stagione molto positiva per Greve, quella della consigliatura 2009-2014 guidata da Alberto Benicstà.
Questo gruppo di grevigiani ha dato vita ad un progetto di governo ambizioso e realistico insieme. Propone un modello di sviluppo sostenibile, equo ed inclusivo, che costruisca qualità sociale, ambientale e produttiva.
Siamo molto contenti che anche a Greve ci sia una possibilità di votare una proposta di discontinuità, ecologista e progressita. Qui potete trovare il programma della lista.
Amministrare una città significa anche avere a che fare con la gestione dell’energia e, quando si parla di una grande e complessa città come Firenze, gestire bene l’energia diventa una questione chiave.
Per farlo è necessario agire a vari livelli, integrando la cura del padre di famiglia con la meticolosità del responsabile di azienda, attento alla riduzione degli sprechi e all’efficienza del proprio sistema.
Secondo l’Osservatorio Confartigianato sull’economia fiorentina Firenze, nella sua area metropolitana, ha il consumo di energia elettrica più alto della regione con 4.153,9 GWh/anno, di cui quasi il 40% in territorio comunale. Lo stesso studio segnala che solamente il 4,3% di questi consumi sono stati coperti da produzione di energia rinnovabile sul territorio, fortemente distanti dalla quota della provincia di Lucca (23,9%) e, ancor di più, da quella regionale (46,7%). È facile notare che tutta la parte di energia non da fonti rinnovabili deriva, giocoforza, da fonti fossili con un conseguente enorme impatto sulle emissioni di CO2 e gli effetti del cambiamento climatico.
Questo dimostra come sia fondamentale agire su due fronti: in primis sulla riduzione dei consumi, attraverso politiche di efficientamento, e subito dopo spingendo la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili eliminando progressivamente la produzione da fonti fossili e abbattendo le emissioni di CO2 in atmosfera.
Per completare il quadro d’insieme, consideriamo che un Comune è esso stesso un forte consumatore e quindi, oltre a promuovere politiche di buona gestione dell’energia, deve essere il primo a metterle in atto!
La buona gestione
Per un approccio alla gestione dell’energia accurato, occorre basarsi prima di tutto sulla misurazione, sull’analisi dei dati e sulla valutazione di soluzioni di miglioramento, da attuare e monitorare nel tempo.
Questo è il compito dell’Energy Manager, figura obbligatoria ai sensi dell’art.19 della Legge 10/91, per ogni soggetto pubblico che consuma più di 1.000 tep/anno (tonnellate equivalenti di petrolio, unità di misura che già dal nome non ispira niente di buono), ma che quasi sempre non è presente o è “coperta” da un tecnico impegnato in molte altre mansioni (come succede a Firenze).
Noi Verdi pensiamo invece che questa figura sia centrale per una buona gestione e che debba essere nominata esclusivamente per questo ruolo, con competenze ben definite e certificate.
Gli sprechi degli edifici – pubblici e privati
Alcuni numeri sono già noti ed evidenti e sono legati al comparto edilizio. Il 40% dei consumi finali nazionali è dovuto al settore civile e di questo circa il 75% è relativo al residenziale (fonte: Rapporto annuale efficienza energetica 2018 dell’ENEA).
Ciò dipende dal forte spreco di energia che si ha nei nostri edifici, pubblici e privati, le cui caratteristiche energetiche sono mediamente molto scarse (il 56% delle case vendute è in classe G secondo un’indagine realizzata dall’ENEA, l’Istituto per la Competitività (I-Com) e la Federazione italiana agenti immobiliari professionali (FIAIP)).
Si sta parlando quindi di produzione di energia per il condizionamento delle nostre case e degli uffici, riscaldamento invernale e raffrescamento estivo, effettuato per lo più con caldaie a metano, talvolta ancora a gasolio, scarsamente efficienti e un proliferare di condizionatori “mangiatori” di energia elettrica e impattanti, anche dal punto di vista paesaggistico.
Ma prima ancora si sta parlando del fatto che questa energia che dobbiamo produrre, per mantenere condizioni di comfort e benessere, è fortemente sprecata a causa delle pessime caratteristiche del nostro patrimonio edilizio, a partire proprio da quello pubblico: dispersione da muri e tetti non isolati, finestre vecchie e piene di spifferi, impianti di distribuzione e sistemi di emissione (i nostri radiatori) obsoleti e quindi alto spreco di energia.
Secondo noi è quindi indispensabile agire su due aspetti:
Ed è necessario farlo con due linee di interventi:
Interventi diretti sul patrimonio pubblico:
Interventi indiretti per stimolare l’iniziativa dei privati:
Una volta ridotti i consumi, energia verde!
Oltre al forte impegno per migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio, per poter arrivare ad emissioni nette pari a zero, è necessario spingere per una produzione di energia 100% rinnovabile.
La provincia di Firenze ha una quota di energia prodotta da fonte rinnovabile molto bassa, rispetto ai consumi. Essere un’area molto urbanizzata crea degli ostacoli, ma è comunque opportuno approfondire le possibilità date dal territorio per promuovere e attuare progetti per la produzione di energia green.
Partiamo intanto dai progetti in essere e quindi dal nostro impegno a favorire la realizzazione del progetto idroelettrico per le briglie dell’Arno. Idea ferma ormai da anni di cui auspichiamo lo sblocco prima possibile.
Dobbiamo poi spingere per la produzione energetica da fonte solare, fotovoltaico ma anche termico. Un paese con la radiazione solare favorevole come abbiamo in Italia dovrebbe avere ogni capannone coperto da impianti fotovoltaici! È il momento quindi di trovare soluzioni per favorirne l’installazione, con un progetto su scala metropolitana che, tramite gruppi d’acquisto e soluzioni cooperative guidate dal Comune, possa rendere questa soluzione ancora più vantaggiosa.
L’importanza della collaborazione e partecipazione
Come per tante buone pratiche, per poter cambiare le cose non basta l’azione. E allora vorremmo che per ogni progetto siano presenti momenti di coinvolgimento per i cittadini, formazione nelle scuole (che senso ha installare un impianto fotovoltaico sul tetto di una scuola se poi gli studenti nemmeno lo sanno??), strumenti di sensibilizzazione e diffusione sulle possibilità di risparmio energetico.Infine, proponiamo una collaborazione tra Comune e Università che, a partire da studi e approfondimenti già effettuati (come il Piano Energetico Comunale del 2008, mai adottato, o lo studio “L’efficienza energetica a misura di cittadino: Possibili scenari per Firenze” effettuato da Ambiente Italia nel 2015, per un progetto di Legambiente e Enel), possa procedere ad un aggiornamento dello scenario e all’individuazione di progetti concreti da attuare secondo una scala di fattibilità e priorità.
Alla prima riunione del consiglio comunale Firenze deve seguire l’esempio di Vancouver, Oakland, Londra e Basilea, Costanza e dichiarare lo stato di emergenza climatica.
Oggi 15 Maggio in Italia si celebra l’overshoot day, ovvero il giorno che segna l’esaurimento delle risorse rinnovabili che in nostro paese è in grado di rigenerare in un anno (in termini di cibo, fibre, legname, capacità di assorbimento del carbonio e terreni dove poter costruire infrastrutture). Chiaramente finite le risorse potenzialmente disponibili, da domani inizieremo a utilizzare risorse di altri territori (e popolazioni), oppure intaccheremo quelle degli anni successivi, pregiudicando la possibilità che queste si riformino in maniera sufficiente a garantire nel tempo le stesse condizioni di vita e benessere che l’ambiente ci ha concesso fino a oggi. E la cosa drammatica è che tale ricorrenza (che arriva prima della metà dell’anno!) ogni anno che passa arriva prima.
Se a queste considerazioni nazionali aggiungiamo che a livello mondiale ci restano 11 anni di tempo per modificare drasticamente i nostri impatti sul clima (ce lo dice il massimo organismo mondiale sul tema l’IPCC), che 1 milione di specie (⅛ delle specie viventi) è a rischio estinzione (ce lo dicono gli esperti ONU sulla biodiversità), e che la CO2 in atmosfera ha superato il record storico di 415 parti per milione, il quadro è ancora più allarmante.
Tutto ciò deve farci riflettere sugli impatti che i nostri stili di vita e il nostro modello di produzione e consumo hanno avuto ed hanno sugli ecosistemi, danneggiandoli e pregiudicando la possibilità che questi continuino ad esistere e a fornire beni e servizi essenziali. Talvolta siamo portati a guardare all’ambiente come un fattore limitante o una minaccia, ma l’ambiente è la casa di tutti che tutto permette, in primis la nostra esistenza su questa terra.
Essere radicalmente ecologisti in questo momento storico è un tema di responsabilità verso la vita, verso le future generazioni. E’ l’unica cosa sensata da farsi e non è un fatto di sensibilità bensì di logica.
I ragazzi da mesi hanno iniziato a far sentire la loro voce su questo nelle piazze di tutto il mondo, ma troppo poche e troppo lente sono le risposte che la politica a tutti i livelli è riuscita a dare per affrontare tematiche così urgenti ed importanti. E questa costituisce una delle motivazioni, forse la principale insieme all’inadeguatezza della vecchia giunta a governare la città, che come piccola comunità di donne e uomini ci ha spinto a partecipare attivamente alla vita politica di Firenze.
Crediamo fortemente che la città sia l’unità essenziale dalla quale iniziare a fornire risposte alle sfide del nostro tempo (cogliendo anche opportunità importanti), per questo il nostro programma – ambizioso ma realizzabile! – punta a far diventare Firenze una città capofila nella lotta al cambiamento climatico.
Ma a questo si aggiunge la necessità di dare un segnale forte a tutta la cittadinanza e alle istituzioni locali, che faccia diventare il clima e l’ambiente la pietra angolare di tutte le iniziative cittadine: seguendo l’esempio di numerose altre città (come Vancouver, Oakland, Londra e Basilea, Costanza), una volta insediati in Palazzo Vecchio come prima cosa proporremo di proclamare lo stato di emergenza climatica anche a Firenze e di utilizzare dei climate mainstreaming budgets, ovvero degli strumenti che mettano al centro della gestione delle risorse collettive la salvaguardia dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici.
Il tema dell’agricoltura urbana e periurbana è tornato di grande attualità a livello planetario per motivazioni diverse secondo le caratteristiche dell’economie locali.
A livello mondiale l’agricoltura urbana è praticata oggi da 800 milioni di persone: il 15-20% del cibo mondiale viene prodotto nelle aree urbane, con le popolazioni urbane dei paesi più poveri che arrivano a produrre fino al 60% del loro cibo.
La FAO ha elaborato di conseguenza alcuni indirizzi di carattere generale, considerando che il mondo si sta urbanizzando, con città sempre più grandi (nel 2050 il 70% della popolazione vivrà in aree urbane), e che questa urbanizzazione crescente richiede un radicale ripensamento di ogni aspetto dei nostri sistemi alimentari.
La FAO propone:
Il tema dell’agricoltura urbana e periurbana inserito nel programma per le elezioni amministrative del Comune di Firenze tiene conto delle specificità del territorio e prende atto del ruolo del sindaco di Firenze che è anche il presidente della Città Metropolitana.
La città metropolitana è composta da 41 Comuni e comprende aree rurali pregiate come il Chianti, il Mugello, il Valdarno, l’Empolese etc. Nella zona a ovest di Firenze (Sesto-Campi) sono in discussione progetti di bonifica e riqualificazione del territorio, ad iniziare dal Parco della Piana sostenuti da un ampio movimento popolare che si inseriscono perfettamente nella strategia delineata. Uno degli obiettivi principali di tale progetto di Parco è proprio la valorizzazione agricola di zone periurbane.
Firenze, per la sua storia, per quello che rappresenta nel mondo, per i rapporti che può stabilire con le altre città, può e deve essere parte attiva del movimento mondiale per la difesa della “casa comune”, dando un contributo fatto di grandi e piccole innovazioni. Alcune delle strategie da attuare sono state ben definite all’interno del Milan Urban Food Policy Pact, accordo del 2015 di cui anche Firenze è firmataria ma su cui ancora troppo poco è stato fatto.
L’agricoltura urbana apporta anche un significativo contributo ambientale perché producendo una discontinuità nel tessuto edificato offre spazi verdi funzionali al tempo libero, contribuisce alla mitigazione microclimatica ed alla dispersione dello smog con effetti benefici sulla salute dei cittadini.
Alcune proposte nella direzione di un potenziamento dell’agricoltura urbana e periurbana sono queste:
Per quanto le questioni scolastiche rientrino, in gran parte, sotto la competenza dello stato, una amministrazione comunale può contribuirvi, in modo sostanziale.
Forse non tutti sanno che l’assistente educativo-culturale (AEC) garantisce, all’interno degli asili nido e delle scuole di ogni ordine e grado, l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione agli allievi diversamente abili. L’AEC viene generalmente assegnato a studenti con diversabilità complessa e collabora costantemente con il docente di sostegno e gli altri insegnanti. L’erogazione del servizio è di competenza del Comune.
Il servizio di assistenza educativa scolastica viene regolarmente esternalizzato, tramite procedure di appalto pubbliche, a consorzi di cooperative. Per l’a.s. 2018/19 il Comune spenderà complessivi euro 6 milioni per un totale di 280 mila ore rivolte a 880 allievi. Per la copertura del servizio sono quindi necessari almeno 236 lavoratori a tempo pieno, assunti da cooperative sociali.
Il compito degli AEC è molto delicato e centrale nel processo di inclusione scolastica dei bambini e ragazzi con diversabilità complessa presenti nel comune di Firenze. Si tratta di personale motivato e capace che spesso ha maturato negli anni molta esperienza. Ciononostante il loro trattamento economico è estremamente basso, di poco superiore ai 6 euro netti l’ora, e strettamente legato all’effettivo svolgimento della singola prestazione oraria.
I Verdi ritengono che questa situazione debba essere superata. Il Comune può e deve prevedere maggiori risorse, così da garantire continuità retributiva e incrementi salariali integrativi per gli assistenti educativi scolastici, anche internalizzando il servizio. Riteniamo che un graduale incremento di circa il 30% delle risorse ad oggi utilizzate, pari a poco di più di due milioni di euro,sia un obiettivo legittimo e facilmente raggiungibile per una città come Firenze. Basta solo avere la volontà politica di operare coraggiose scelte di bilancio.
Passare in rassegna tutte le uscite dell’amministrazione comunale e reperire 2 milioni di euro per garantire un miglior contratto a chi si occupa dell’istruzione dei nostri ragazzi più in difficoltà è da considerarsi una priorità.
Il sistema tramviario è una componente imprescindibile, accanto a treni e autobus, per rendere la mobilità nell’area metropolitana fiorentina più efficiente e sostenibile. Attualmente sono attive la linea 1 tra Santa Maria Novella e Scandicci/Villa Costanza, la linea 2 da Piazza dell’Unità all’aeroporto di Peretola e la linea 3.1 da Santa Maria Novella a Careggi. Al netto dei notevoli ritardi dei cantieri e dei disagi causati agli abitanti ed ai commercianti di alcune delle zone interessate dal tracciato del tram soprattutto nella realizzazione della linea 2 e 3, si tratta di un’infrastruttura fondamentale che permette di collegare con il centro città – con un servizio veloce, frequente e affidabile – alcune zone tra le più popolate della città/area metropolitana (Scandicci, Isolotto/Legnaia, Rifredi, Novoli), e alcuni servizi fondamentali come l’aeroporto e l’ospedale di Careggi. Alcune delle numerose criticità di questi anni potevano certamente essere evitate, ed occorre un cambio di passo nella progettazione urbanistica e nella pianificazione dei lavori, per far sì che i prossimi cantieri siano meno problematici.
Gli effetti delle tramvie sul sistema di mobilità cittadino, e di conseguenza sul traffico, si vedranno compiutamente solo quando tutto il sistema sarà completato raggiungendo le zone della città ed i Comuni dell’area metropolitana ad oggi non coperti dall’infrastruttura: Campo di Marte e Rovezzano a nord-est, Gavinana e il Comune di Bagno a Ripoli a sud-est, Le Piagge, San Donnino, Campi Bisenzio, Castello, Sesto Fiorentino ad ovest. Le nuove linee non saranno importanti solo per servire i cittadini delle zone che attraversano ma anche, grazie alla realizzazione di ulteriori parcheggi scambiatori, per intercettare i flussi di coloro che provengono da fuori città (soprattutto turisti e pendolari, questi ultimi provenienti dal Valdarno, dal Chianti, dalla Valdisieve, dall’Empolese, da Prato/Pistoia) che attualmente raggiungono Firenze in auto contribuendo in modo significativo alla congestione del traffico cittadino.
Uno dei dibattiti che animano la campagna elettorale per le amministrative è proprio quello sull’ampliamento della rete tramviaria, che divide cittadini e forze politiche tra favorevoli e contrari. Cosa pensano i Verdi?
Alcune misure possibili:
I progetti dei nuovi tracciati tramviari porteranno sicuramente, come già sta avvenendo per la linea 3.2 tra piazza della Libertà e Bagno a Ripoli, un prevedibile dibattito sulla necessità di evitare l’abbattimento di alberi lungo il percorso del tram. Condividiamo in pieno in questo caso la posizione espressa da Legambiente Firenze tramite un recente intervento del suo Presidente Lorenzo Cecchi[1]: “non si può pensare di bloccare il completamento di un’infrastruttura a emissioni zero, regolare ed efficiente come la Tramvia, che è in grado di ridurre in modo significativo il traffico e l’inquinamento in città, e che è anche l’occasione per ridisegnare gli spazi urbani favorendo tutte le forme di mobilità alternative all’auto (mobilità ciclabile, pedonale, micromobilità elettrica ecc…). Dovremo vigilare affinché in fase di cantierizzazione si evitino gli abbattimenti non necessari, e perché per ogni albero abbattuto ne siano ripiantati almeno 3, com’è stato finora, o meglio 4, come raccomandiamo da anni. Ma Firenze ha assoluto bisogno di completare la propria rete di trasporto pubblico, sul modello di delle città europee più avanzate.”
[1] https://www.nove.firenze.it/tramvia-a-firenze-legambiente-alberi-e-nuovi-tracciati.htm
La rete tranviaria fiorentina, che sarà completata con il prolungamento verso Bagno a Ripoli e con la linea 4 per le Piagge, esclude la zona sud di Firenze e lascia irrisolto il problema del traffico proveniente dal Chianti (comprese le circa 25mila vetture che ogni giorno arrivano dalla Firenze-Siena).
Sarebbe importante in questa fase discutere della fattibilità di un collegamento tramviario in direzione Chianti. Dare ai fiorentini un’alternativa all’auto è una priorità assoluta se vogliamo, nel giro di cinque anni, abbattere sostanzialmente l’impatto ambientale della nostra comunità.
Allo stesso tempo è importante valutare attentamente quali sarebbero i costi ambientali ed economici dell’opera.
In realtà la Tramvia del Chianti è già esistita, in esercizio dal 1890 al 1935, aveva due capolinea a Firenze, piazza Beccaria e Porta Romana. Sul Poggio Imperiale la linea da piazza Beccaria si si ricongiungeva con il troncone proveniente dal capolinea di Porta Romana. Proseguiva poi per via del Gelsomino – creata appositamente -, le Due Strade, il Galluzzo e Bottai (sotto la Certosa), Tavarnuzze, Falciani. A Falciani si biforcava: a destra il convoglio iniziava la salita per giungere a San Casciano, dove si trovava uno dei due capolinea di arrivo; a sinistra continuava per il Ferrone e il passo dei Pecorai fino a Greve, l’altro capolinea.
Anche all’epoca la costruzione della linea fu preceduta da accese polemiche politiche. Si trattava infatti di un intervento importante, che prevedeva costi significativi e impatti sul territorio non trascurabili.
Famosa la polemica dell’architetto Poggi, ideatore del viale dei Colli. A suo avviso il passaggio della tramvia avrebbe rovinato l’estetica del viale. Tuttavia il favore delle comunità di Greve e San Casciano, e soprattutto l’intervento dell’allora deputato Sidney Sonnino, orientarono la provincia di Firenze alla definitiva approvazione del progetto.
Nel 1917 la Sita avviò un servizio di collegamento motorizzato tra Firenze, Siena e Volterra, con fermate intermedie presso San Casciano. Nei primi anni ’30 la sua concorrenza era ormai insostenibile per costi e tempi di percorrenza. La società di gestione della Tramvia del Chianti fallì e il servizio fu definitivamente soppresso nel 1935.
Nel 2015 uno studio di fattibilità ha rielaborato quella tratta in chiave moderna per valutarne la fattibilità. Il progetto assomiglia molto alla vecchia linea in funzione all’inizio del secolo scorso. La linea avrebbe la funzione di collegare il Galluzzo con il centro di Firenze passando anche dall’ingresso sulla Firenze-Siena e dall’uscita Grassina della A1.
La linea ipotizzata nello studio realizzato dallo studio Aleph prevedeva un solo binario nel tratto finale fra le Due strade e Tavarnuzze e il capolinea in via Paolo Uccello, dove si congiungerebbe alla linea 1 proveniente da Scandicci.
Nel corso della discussione, poco conosciuta al pubblico, che seguì la presentazione del progetto emersero alcune criticità. La prima riguarda il binario unico, che tende ad essere una soluzione poco apprezzata dai collaudatori di linee tramviarie. Altri due importanti interrogativi riguardano la possibilità di non dover sostituire l’alberatura di viale Aleardi e la gestibilità del capolinea alla fermata Paolo Uccello per la quale potrebbe non essere sufficiente lo spazio disponibile.
Al netto di tali difficoltà, la necessità di collegare il Chianti con Firenze, con mezzi che non siano le auto, appare sempre più necessaria. Si tratta di un dibattito interessante e soprattutto urgente che andrebbe sicuramente ripreso nella prossima consiliatura.
Tra le alternative, si potrebbe valutare la possibilità di non avere il capolinea al sud dell’Arno ma di congiungere a Porta al Prato la linea del Chianti con la linea proveniente dalle Piagge.
Senza voler ignorare le questioni tecniche, la volontà dei Verdi è sicuramente quella di far tornare questi temi centrali nella progettazione politica circa il futuro della città.”
Le foto del progetto sono gentile concessione di AMToscana, Stefano Ginanneschi.
di Vieri Calogero (co-founder di Impact Hub Firenze e fellow presso il centro universitario c.MET05 dove si occupa di economia urbana, innovazione e sviluppo territoriale) e Giorgio Ricchiuti (Professore Associato di Politica Economica Università degli Studi di Firenze e Complexity Lab in Economics, Università Cattolica Milano), una versione sintetica di questo articolo è apparsa su Repubblica Firenze il 23 Aprile 2019.
La città pulsa, vive, evolve in un processo continuo di ridefinizione di se stessa. La sua evoluzione però non è necessariamente verso il meglio, anzi strategie collettive sbagliate possono determinarne il collasso.
In teoria economica ci si riferisce alla sindrome olandese per definire un processo di deindustrializzazione derivante da un aumento dell’utilizzo delle risorse naturali. Il termine fu coniato dall’Economist nel 1977 per spiegare il processo di deindustrializzazione che colpì i Paesi Bassi in seguito alla scoperta di un giacimento di gas naturale a Slochteren nel 1959. Quando aumenta il reddito generato da un settore economico, le risorse produttive tendono a spostarsi verso quel settore, modificando i prezzi relativi e spiazzando altri settori, come il manifatturiero nel caso olandese. In generale nella teoria economica c’è un’ampia letteratura (la cosidetta “maledizione delle risorse naturali”) che studia i diversi canali attraverso i quali un aumento delle risorse naturali provoca effetti perversi sul processo di sviluppo territoriale.
A Firenze questo sta avvenendo con l’aumento del turismo ed è un processo già in corso da tempo. In questo caso le risorse naturali sono la storia, la cultura e la bellezza della città che, anche grazie all’intensificarsi del processo di globalizzazione, stanno generando flussi crescenti di visitatori da tutto il mondo. Proprio come nel caso della malattia olandese questi flussi generano un cambiamento relativo dei prezzi facendo spostare risorse ed investimenti verso il settore turistico e portando gli altri settori a maggior valore aggiunto, come il manifatturiero, in crisi (come spiegheremo meglio oltre).
Per questo è importante inserire le scelte fatte sul territorio all’interno di una visione integrata, pensando a quali potranno essere le conseguenze endogenamente determinate.
La politica cittadina, consapevolmente o meno, sembra essersi mossa nella direzione di promuovere il brand Firenze per incentivare gli arrivi di turisti. Il progetto di ampliamento dell’aeroporto di Peretola si inserisce in questa traiettoria e viene stimato che questo possa portare ad un aumento dei pernottamenti fra 5 e 10 milioni. Ma quali sono i suoi effetti perversi?
Partiamo dallo status quo: Firenze, secondo la Camera di Commercio, nel 2018 ha avuto 11 milioni di pernottamenti. Per capirci, Milano che è 3 volte e mezzo Firenze in termini di abitanti, ha un numero di pernottamenti simile. Mentre Roma, che è 7,5 volte Firenze, ha “solo” 25 milioni di pernottamenti.
Dal punto di vista ambientale avremo un aumento di produzione di rifiuti che andranno smaltiti e il cui costo ricadrà sull’amministrazione locale. Ma questo, per molti economisti, non è un problema: aumentiamo la tassa di soggiorno e il gioco è fatto. Tuttavia, oltre alle esternalità negative ambientali, ci sono anche altri effetti perversi che si potrebbero vedere nel tempo. E, nei fatti, rendono il turismo rilevante per l’economia cittadina ma in termini negativi. Vediamo per punti:
1) la domanda di abitazioni cresce perché queste si trasformano in attività ricettive per soddisfare i flussi turistici crescenti. Questo genera due effetti: a) riduce l’offerta di abitazioni per affitti a lungo periodo (che passano al breve); b) dirotta i risparmi da altri investimenti verso gli immobili per farne attività ricettive. Entrambi questi effetti riducono l’offerta di case e spingono prezzi di affitto di lungo periodo e prezzi di vendita verso l’alto. Le case via via, anche grazie alle piattaforme online, si svuotano per far posto a persone che vivono la città per brevissimi periodi. L’effetto perverso, già ben visibile a Firenze da anni, è la gentrificazione: la trasformazione, in termini urbanistici e politico-sociali, di aree urbane (non solo del centro) storicamente popolari e la conseguente fuga verso i comuni satellite all’interno dell’area metropolitana.
2) La perdita di identità dei quartieri, della loro memoria storica è il costo sociale non colmabile da alcuna tassa di soggiorno. Non solo diventa più costoso vivere la città ma questo genera una trasformazione dell’identità della città che nel lungo periodo cancella anche le motivazioni per visitarla (la presenza dei negozi artigiani, le caratteristiche botteghe,…). E l’identità della città non è rilevante solo per il turismo ma anche per i prodotti e servizi che la città produce e offre. Moda, cultura e cibo sono così seducenti perché prodotti in un posto bellissimo, Firenze, densa di saper fare locale, con una produzione culturale antichissima. Se questa identità scompare, con lei anche l’attrattività dei suoi prodotti.
3) la domanda turistica porta ad aumento di imprese ed investimenti nei servizi alla persona (ristorazione, alberghi) con conseguente aumento della domanda di lavoro nel settore. È sicuramente una bella notizia ma ha un impatto rilevante sul mercato del lavoro in generale perché, potenzialmente, crea disoccupazione strutturale: disaccordo fra le qualità dei lavoratori e quelle richieste dalle imprese. Per dirla breve, a nulla varrà avere tre università nel territorio regionale che formano ingegneri, chimici, biologi se serviranno solamente chef, coiffeures, e personal butler. Inoltre, dal punto di vista economico questo porta verso una specializzazione produttiva in settori a basso valore aggiunto e, quindi, con potenziale di ridotta crescita nel lungo periodo. Inoltre, questi servizi non sono i servizi del sapere locale ma spesso sono servizi costruiti sui “gusti” dei potenziali clienti, che concorrono alla perdità di identità.
4) I difensori dell’aeroporto sostengono che il progetto spingerà le grandi multinazionali a spostare in città sedi e produzioni. Non crediamo questo perché oggi le imprese si muovono in base ad altri fattori abilitanti (elevata domanda, informazioni e conoscenza, lavori qualificati, etc.). Ma sicuramente l’aumento del prezzo delle case e di quello degli affitti così come il costo dei servizi alla persona, condurrà all’aumento dei salari (reali) richiesti dai colletti bianchi e blu. Quali imprese del manifatturiero o dei servizi alle imprese possono permettersi di pagare tali stipendi? Forse quelle della robotica, le software house o le società finanziarie. E perché dovrebbero preferire Firenze a piazze già attive come Milano? Soprattutto quando Firenze si sta trasformando in un grande lunapark per turisti?
5) L’effetto sul mercato immobiliare si rifletterà anche sull’Università, limitando i fuori sede che non hanno diritto ad una residenza universitaria. D’altra parte, la riduzione di prospettive lavorative per mancanza di domanda di lavoro specializzata porterà molti studenti fiorentini a scegliere le magistrali fuori da Firenze (lo si riscontra già per i master che preparano ad operare nei mercati finanziari, si preferisce direttamente la piazza milanese).
Se questi processi complessi non vengono governati con molta probabilità Firenze ricalcherà le orme di Venezia. Si svuoterà di cittadini delle fasce più deboli che diventeranno pendolari, e vedrà un misto fra alta borghesia e turisti appropriarsi (come già sta avvenendo) di spazi sempre più vasti. Nei fatti aumenterà la dualità fra centro e periferia. Allo stesso tempo, cambierà la struttura produttiva della città spostandosi dal manifatturiero (meccanica, moda, ottica) ai servizi alla persona (turismo). E l’ampliamento dell’aeroporto non farebbe altro che rafforzare questo processo oramai in corso da tempo. Resta da chiedersi quale sia la visione della città dietro chi propugna l’ampliamento.
Per noi è importante capire quali siano le leve in mano all’amministrazione per favorire la localizzazione e/o l’emergere di aziende ad alto valore aggiunto. Crediamo fortemente che più che puntare sui risparmi (abbassamento del costo del lavoro, detassazioni per le imprese, voli low cost) sia necessario puntare su un mix di politiche: vivibilità (scuole di alto livello accessibili, mobilità intelligente e sostenibile, qualità dell’ambiente, offerta culturale e di intrattenimento) e investimenti strategici per veicolare innovazione nei settori di eccellenza territoriale.
Le imprese di eccellenza si localizzano dove trovano capitale territoriale adeguato: lavoro qualificato settoriale, altre aziende dello stesso settore da cui apprendere e con cui interagire, accesso ad un sistema di creazione e condivisione di informazioni e sviluppo di conoscenze collettive. L’ampliamento dell’aeroporto potrà nel breve periodo rendere più ricca la parte di Firenze che sfrutta il turismo tramite posizioni di rendita. Ma nel lungo periodo porterà ad depauperamento di ciò che fino ad oggi ha rappresentato l’identità della città, delle proprie eccellenze produttive e del proprio ecosistema innovativo.