By: Redazione
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Chiunque abiti a Firenze ha sempre visto frotte di turisti percorrere la città in gruppi o da soli. Si tratta di una città d’arte ed è nella natura delle cose. Ma in determinate modalità ed oltre una certa misura questo diventa un problema.
Come hanno evidenziato Vieri Calogero e Giorgio Ricchiuti nel loro articolo su La sindrome olandese di Firenze l’utilizzo intensivo di una risorsa modifica in profondità il tessuto urbano e produttivo del territorio. La “risorsa naturale” di cui dispone Firenze e che dirotta forza-lavoro e capitali sul turismo è il suo patrimonio artistico e culturale.
Il sociologo Giovanni Semi ha tematizzato ciò che gli urbanisti chiamano gentrificazione in un suo saggio di qualche anno fa. Si tratta del processo per cui le classi più abbienti sostituiscono quelle meno ricche, che non riescono più a far fronte ai costi delle zone del centro. Così il tessuto urbano viene sconvolto con l’espulsione degli abitanti originari che si rifugiano nella periferia. Ciò può essere causato dalla presenza di istituzioni come ministeri o sedi di aziende potenti che fanno alzare il prezzo delle case. Nel nostro caso si tratta invece del turismo, un trend che viene potenziato dal successo della piattaforma Airbnb.
Il funzionamento di essa è conosciuto e semplice: si tratta di una piattaforma internet che consente ai suoi iscritti di affittare una stanza o un appartamento; i visitatori esprimono un gradimento e come compenso per la intermediazione la piattaforma ottiene un guadagno proporzionale alla transazione. È uno dei casi più famosi della famosa “economia delle piattaforme”, dei modi di “mettere a valore” attraverso l’uso di internet un proprio bene.
Questo nuovo potente mezzo ha incrementato il processo di sfruttamento urbano, dando un volto nuovo alla città che tende a diventare una Disneyland permanente: movida, ristorazione, articoli da souvenir, marchi di moda e Made in Italy. Per quanto possa essere divertente passare qualche ora in un parco giochi, pochi vorrebbero viverci. I residenti che fine fanno?
Nel nostro caso i residenti più che venire rimpiazzati da altri più abbienti, tendono a cedere il passo al turismo mordi e fuggi. Si tratta di un circolo vizioso: in una città che ha puntato tutto sul turismo e non offre grandi opportunità lavorative, affittare può essere una integrazione del reddito (o sostituzione!) significativa. Ma così facendo si rafforza la vocazione esclusivamente turistica sacrificando tutto il resto. Risultato: Firenze è la città che ha il maggior numero di affitti Airbnb in Italia in rapporto agli abitanti (più di Roma o Venezia).
L’amministrazione ha promosso il turismo di lusso all’interno del centro storico e non è stata capace di arginare l’espansione di Airbnb. E questa è davvero la quadratura del cerchio: a fronte dello sviluppo forsennato delle attività economiche legate al turismo di massa (lavoro, produzione) e di una parallela rendita edilizia ad esso legata (valorizzazione e investimenti) la città sta avallando tale sistema investendo di più nelle zone che generano tali introiti: destinazioni d’uso per ospitalità di lusso, servizi migliori, sorveglianza e controllo del territorio disegnano una città di seria A ed una di serie B.
Così si spiega non solo la bizzarra ordinanza delle “zone rosse” avallata dal Sindaco e diretta a rendere sicuri i quartieri più in vista, ma anche la serie di misure di blindatura securitaria contenute nel programma della coalizione che propone la riconferma del sindaco Nardella: più forze dell’ordine, più polizia, più vigili, più telecamere di sorveglianza.
Occorre, poi, porre il tema della diseguaglianza generata da tale dinamica. In una ricerca di dell’Università di Siena emerge come nel campione di 13 città italiane in cui Airbnb ha preso massicciamente piede, si ha un incremento in quasi tutte dell’indice di diseguaglianza (indice GINI). Quindi i benefici di questa piattaforma non sono distribuiti in maniera uniforme.
A conferma di ciò, sulla piattaforma non sono solo singoli privati che affittano: i tre host maggiori offrono rispettivamente 64, 89 e 162 (sic!) appartamenti. È chiaro che si tratta di agenzie, per cui non siamo più nel terreno della integrazione di un reddito familiare ma di una vera e propria attività imprenditoriale che andrebbe tassata in maniera differente.
In diverse città del mondo vi sono state sollevazioni cittadine verso Airbnb (San Francisco, Barcellona, Santa Monica fra gli altri) e forti misure limitative per affrontare il fenomeno.
La lista dei Verdi per Firenze intende andare in tale direzione impiegando tutti gli strumenti disponibili dal quadro normativo e chiedendo maggiori poteri regolativi.
Non vogliamo criminalizzare chi utilizza Airbnb, ma regolare il fenomeno graduando l’onere fiscale a vantaggio dei cittadini che sicuramente non vogliono trovarsi a fare la spesa assieme a Topolino e Pippo, in un rutilante parco Disneyano di cui, chissà, magari gli stessi turisti potrebbero un giorno stufarsi.
Matteo Bortolon per Verdi Firenze
Foto in copertina: https://enoughisenough14.org/