L’idea di questa intervista ci è venuta mentre programmavamo i nostri prossimo viaggi di lavoro, in particolare un viaggio molto lungo, in Cile. Malgrado la scusa dei “viaggi di lavoro”, rimane il fatto che l’impatto di un volo è elevato, in particolare quello di un volo intercontinentale. Abbiamo chiesto a Francesco Capezzuoli di Italian Climate Network alcuni chiarimenti.
Paolo & Samuele: La prima domanda è: quanto inquino andando in aereo dall’Italia a Santiago del Cile?
Francesco Capezzuoli: Per calcolare le emissioni dei propri viaggi in aereo, esistono molti strumenti online direttamente fruibili dagli utenti che adottano metodologie di calcolo differenti. Personalmente utilizzo quello della ICAO (International Civil Aviation Organisation), un’agenzia ONU con sede a Montréal (Canada).
Ad esempio, se volassi da Roma per partecipare alla prossima COP25, che si terrà a Santiago del Cile il prossimo dicembre, emetterei 1.254,4 kg di CO2 (contando andata e ritorno). Una quantità emessa normalmente in due mesi da un cittadino italiano medio (considerate che se tutti emettessero tanta CO2 quanto un italiano medio avremmo bisogno di 3 pianeti per essere sostenibili!).
P&S: In rete si leggono statistiche riguardo al contributo dei viaggi aerei alle emissioni totali di CO2, sembra essere poca cosa, fra il 2 e il 3% del totale, perché è importante minimizzare l’uso dell’aereo?
FC: Sì, è vero. Ad esempio, le emissioni dirette dovute all’aviazione ammontano al 3% delle emissioni climalteranti europee. Tuttavia, le emissioni dovute all’aviazione civile cresceranno molto più rapidamente rispetto ad altre fonti. Al 2020, le emissioni globali relative all’aviazione aumenteranno del 70% rispetto ai livelli del 2005 e la stessa ICAO prevede che al 2040 triplicheranno almeno.
Altro punto: le emissioni rilasciate ad alta quota contribuiscono in maggior misura a quelle rilasciate “a terra”. Stando al meteorologo Luca Mercalli, questo impatto è misurabile al 5% del contributo al riscaldamento globale.
Infine c’è un dato secondo me molto significativo, circa l’85% della popolazione mondiale non ha mai viaggiato in aereo. Questo sembra essere un esempio perfetto di come il 15% più ricco della popolazione impatti sul mondo in maniera molto più che proporzionale rispetto alla sua numerosità.
P&S: Visto che in tanti andranno in vacanza nelle prossime settimane, puoi dirci qual è il modo meno impattante di spostarsi?
FC: Come abbiamo visto, i passeggeri e i voli dell’aviazione civile cresceranno ogni anno sempre più, occorre perciò fermarci un attimo e riflettere. È proprio indispensabile imbarcarsi su un aereo per godersi le vacanze? Esistono alternative molto meno inquinanti che permettono di raggiungere luoghi bellissimi, spesso vicino a noi ma completamente ignorati.
Questo grafico della EEA mostra l’impatto in termini di CO2 di un km percorso da un passeggero con vari mezzi di trasporto, e l’aereo risulta essere il mezzo di gran lunga più inquinante anche in termini climalteranti rispetto agli altri: il settore emette da 14 a 40 volte più CO2 rispetto ai treni, per chilometro percorso!
Purtroppo il mercato ci tenta continuamente con un’offerta di voli low cost continentali ed extracontinentali che permettono di visitare luoghi sì meravigliosi ma che in futuro non saranno più come li conosciamo (uno su tutti: la barriera corallina). È paradossale che esista già una “corsa” per visitare bellezze destinate a scomparire nei prossimi decenni, e che questa corsa sia parte del problema.
P&S: Spesso si legge della possibilità di compensare le emissioni degli spostamenti in aereo. Di cosa si tratta?
FC: Il meccanismo funziona così:
1 – calcolo le emissioni (in t o kg di CO2) dovute ai miei viaggi;
2 – acquisto di tasca mia qualcosa che permette di assorbire o di evitare l’emissione di una quantità di CO2 almeno pari a quella che ho emesso.
Che siano crediti di carbonio certificati o piantumazioni di nuovi alberi il risultato dovrà essere la compensazione delle emissioni.
P&S: Una delle critiche che viene fatta a chi vola pagando una compensazione per la CO2 emessa è che questo meccanismo sia un po’ come la compravendita delle indulgenze nel XVI secolo. I ricchi fanno scelte sbagliate e poi, pagando, si lavano la coscienza. In questo modo i comportamenti impattanti sono incentivati e non ridotti. Sei d’accordo?
FC: La compensazione non è di certo la soluzione, viviamo in un mondo finito e ad un certo punto lo spazio per compensare finirà. Senz’altro aiuta a guadagnare tempo ed a gestire le emissioni di viaggi difficili da evitare, come quelli di lavoro.
La compensazione viene usata da tantissimi operatori economici in tutto il mondo, anche multinazionali, e sono nate attività che fanno impresa con le attività di compensazione e dei crediti di carbonio (come le fiorentine Treedom e Carbon Sink).
P&S: Personalmente, sapendo come vengono usati molti dei soldi donati per progetti di sviluppo, rimane il dubbio che questa cifra non serva realmente a compensare le emissioni. Come posso essere sicuro dell’utilizzo dei soldi che verso?
FC: È un dubbio legittimo. Il consiglio è di rivolgersi a operatori che garantiscono autorevolezza e soprattutto tracciabilità delle azioni a cui il compensatore, ovvero il pagante, contribuisce. Ecco tre consigli:
P&S: Il sito www.co2.myclimate.org mi dice che se volo da Firenze a Parigi emetto 460 kg di CO2 e che posso compensare versando 10€. Questo numero mi stupisce, mi sembra molto basso, se davvero è così economico compensare le nostre emissioni di CO2 perché le emissioni continuano ad aumentare?
FC: Il motivo per cui il costo della compensazione è così basso è che ad oggi in pochi si pogono il problema di compensare. Questo fa si che esistano molti modi di farlo a basso costo. Piantare degli alberi in zone meno ricche del mondo, per esempio. Ma se tutti compensassimo per tutta la CO2 che emettiamo allora non sarebbe facile trovare un modo economico per compensare. I costi aumenterebbero molto.
Al contempo la popolazione e il PIL, in gran parte dei paesi in via di sviluppo in Africa e in Asia, sono destinati ad aumentare nei prossimi decenni con tutto ciò che questo comporta: più viaggi, più aerei per trasportare passeggeri e quindi più emissioni. Al tempo stesso bisogna riflettere sul fatto che il carburante degli aerei non rientra nell’Accordo di Parigi sul clima e, per giunta, grazie a un accordo del 1944 (Convenzione di Chicago) non è tassabile, e anzi il trasporto aereo beneficia di importanti incentivi che rendono l’uso di tale mezzo particolarmente conveniente. Un volo low cost costa mediamente 3 – 4 centesimi di euro al km, contro i 10 di un treno ad alta velocità e i 25 di un’automobile.
In uno studio condotto dal governo olandese, si afferma che una misura fiscale atta a tassare il kerosene degli aeromobili (ca 0,33 €/litro di carburante) ridurrebbe del 10-11% le emissioni di CO2 dell’aviazione senza impattare negativamente sul mercato del lavoro del settore.
P&S: Grazie e buone vacanze!
Sul tema “stadio” durante la campagna elettorale non si poteva fare una discussione seria. La preoccupazione di non deludere i sogni dei tifosi era troppo forte. In pochi sono riusciti a dire in modo chiaro che le mire dei Della Valle su Novoli dovevano essere rimandate al mittente. Quanto alla nostra proposta di restyling del Franchi ha suscitato critiche, quando non qualche commento sarcastico. In questi giorni invece è stato dato ampio spazio sui giornali alle dichiarazioni della Sovrintendena che apre all’ipotesi di copertura e ammodernamento del Franchi.
Un monumento si può modificare, se si tutela l’idea, le specificità, se si tutela il concetto, se si tutela la bellezza che lo ha ispirato. Del resto è ciò che è sempre successo. I nostri principali monumenti sono mutati nel tempo: il duomo che è l’icona principale di Firenze, è iniziato con Arnolfo di Cambio alla fine del 1200, la cupola è arrivata con Brunelleschi nel 1400, la facciata nel 1800. Anche il fascino del Corridoio Vasariano risiede proprio nell’igegnosa opera di inserimento in strutture più antiche, primo fra tutti, il Ponte Vecchio e gli edifici circostanti. Impensabile che uno stadio del 1932 non possa essere toccato.
In questi giorni, ciò che per tanti anni è stato considerato impossibile, viene considerato fattibile, rivalutato, viene considerato finalmente una ipotesi concreta. Dalla nuova proprietà viola, dalla sovrintendenza, persino, a quanto ci scrive qualche giornalista, dal sindaco stesso, che invece negli anni passati ha puntato in un’altra direzione, concedendo proroghe su proroghe a un progetto che non veniva mai presentato davvero.
Ristrutturare un monumento 90 anni dopo, farlo diventare un monumento più bello e più funzionale, è un progetto ambizioso per la città intera. Abbiamo proposto per questo di fare un bando internazionale coinvolgendo i migliori architetti del mondo. Ci auspichiamo che si segua questa strada. Firenze deve produrre bellezza anche nel 21esimo secolo, attrarre menti brillanti anche oggi, e non vivere solo di ciò che ha prodotto nel 13esimo o 15esimo o 16esimo secolo.
Benvenga il restyling del Franchi quindi. Ma non possiamo dimenticare che oltre alla funzionalità dello stadio oggi il nostro impianto crea dei problemi ai residenti di Campo di Marte che devono essere affrontati contestualmente alla riprogettazione. La nostra idea di una gestione migliore e meno impattante della mobilità legata alle partite, e in generale ai grandi eventi. Così da migliorare oltre allo stadio in sè, anche la vivibilità della zona di Campo di Marte. Ecco cosa faremmo noi a tal proposito se fossimo al governo della città: convocheremo subito la nuova proprietà e il suo patron Commisso a un tavolo tecnico con gli attori principali della mobilità urbana: ATAF, Firenze Parcheggi, Ferrovie. Proporremmo alcune iniziative concordate tra ACF, Comune, FS e le sopracitate partecipate, per portare avanti alcune proposte chiave:
Con queste proposte poter ridurre drasticamente l’impatto della mobilità delle partite o di un evento quale un concerto, sulla zona di Campo di Marte, facendo arrivare la gran parte degli spettatori con mobilità sostenibile. Immaginiamo insomma di avere finalmente degli “eventi senza inconvenienti”. Se si persegue questa direzione avremo tutti da guadagnare, spettatori e residenti, nuova proprietà e amministrazione, perchè avremo creato un modello virtuoso, un esempio da seguire a livello sportivo, a livello di mobilità e di sostenibilità.
La Foto in copertina è una gentile concessione dell’Arch. Camilla Ammannati.
Nei giorni che hanno seguito le elezioni europee tutti gli editorialisti hanno avuto voglia di spiegare ai Verdi italiani come si fa a fare un partito ecologista nel nostro paese. Noi pensiamo che per rilanciare la Federazione dei Verdi non servano alchimie elettorali né esistano scorciatoie. Dobbiamo continuare lavorare per dare solidità e gambe alla nostra intuizione di futuro. Un futuro in equilibrio, un futuro giusto, un futuro che si può costruire solo a partire da legami di fiducia.
Il 12 Luglio dedichiamo una serata all’ascolto. Ascolto di tre esperienze diverse, di tre persone a cui abbiamo chiesto di proporci una riflessione incentrata su tre parole: equilibrio, giustizia, fiducia.
Rossella Muroni, attivista ecologista già presidente di Legambiente e, dal 2018, deputata di Liberi e Uguali,
Michele de Palma, impegnato per i diritti sociali fin da studente oggi è il coordinatore nazionale Fiat-auto della Fiom-Cgil.
Roberto Covolo, è un imprenditore e uno sperimentatore sociale,oggi è assessore alle attività produttive a Brindisi.
Sarà l’occasione per respirare un po’ di politica alta, per meditare parole di speranza. Vi aspettiamo dalle 20:00 per un aperitivo (preparato dalla CDP, al costo di 8€) l’evento inizia alle 21:00 nel giardino della Casa del Popolo di Settignano.
Quando cinque mesi fa abbiamo presentato il nostro punto di vista sul progetto di ampliamento dell’aeroporto di Firenze, abbiamo sottolineato come “molti punti progettuali appaiono ancora da chiarire, rendendo difficile valutare scientificamente gli impatti sul traffico locale, l’assetto idrogeologico, etc. Con 70 prescrizioni accolte a valle dell’approvazione della VIA, si rischiava di iniziare i lavori senza un progetto chiaro condannando la città ad un altro caso Foster.“
Con la sentenza 793/2019, resa nota lunedì 27 Maggio, il TAR della Toscana dimostra di pensarla sostanzialmente allo stesso modo:
“…il progetto sottoposto a VIA non conteneva quel grado di dettaglio minimo e sufficiente affinché il Ministero dell’Ambiente addivenisse ad una corretta valutazione di compatibilità ambientale, non essendosi individuate compiutamente le opere da realizzare“
Per questo stop dobbiamo ringraziare il sindaco di Sesto Fiorentino Lorenzo Falchi ed agli altri amministratori che hanno portato avanti questa battaglia legale. Rimane il fatto che ci sarebbe piaciuto che fosse stata la politica ad giungere alle stesse conclusioni e non un tribunale.
Un’ultima riflessione a 360° sull’area di Novoli. Dopo la bocciatura del termovalorizzatore, il probabile cambio di proprietà della Fiorentina, che presumibilmente rimetterà in discussione il progetto del nuovo stadio, e adesso la bocciatura del nuovo aeroporto, il progetto di sviluppo di questo quadrante della città così come immaginato dalla giunta Nardella è sostanzialmente azzerato.
Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, è una buona opportunità per Firenze, per ripensarlo completamente in base a criteri di sostenibilità ed inclusività. A cominciare dalle prescrizioni inevase dal 2003 a protezione dei residenti delle Piagge di Peretola e Quaracchi.
La prima cosa che oggi sentiamo di dover fare è ringraziare tutti quelli che ci hanno dato fiducia in questi mesi. Chi ci ha dato una mano a superare i piccoli e grandi ostacoli che abbiamo dovuto affrontare e chi ha voluto usare il suo voto per sostenerci (1,9% può sembrare poco, ma sono 3.400 persone che decidono di votare per te).
Anche se non abbiamo superato il 3%, che avrebbe permesso ad Andrés di entrare in consiglio comunale, ciascuno di questi voti per noi è prezioso. Sono la base su cui costruiremo la nostra attività sul territorio. Le elezioni regionali sono dietro l’angolo, ci aspetta una sfida complicata e avvincente.
In questa campagna sono state fatte tante promesse altisonanti, riguardo all’ambiente e non solo. Il nostro primo impegno per i prossimi anni sarà chiedere che queste promesse siano mantenute da chi oggi si assume l’onere di governare la città.
Vorremmo infine ringraziare Andrés, una persona speciale, che ha messo a disposizione la sua storia, il suo tempo, la sua energia e la sua professionalità per raccontare la nostra proposta per Firenze.
Un’onda verde di 20 mt sul ponte simbolo di Firenze per dare forza ad una richiesta concreta: voltare pagina, cambiare modello di sviluppo, dare risposte immediate ai cambiamenti climatici.
Firenze si unisca alle altre città che hanno dichiarato l’emergenza climatica. Un momento di discontinuità simbolica che deve rappresentare l’inizio di una nuova politica del nostro territorio e della nostra comunità.
Chiunque abiti a Firenze ha sempre visto frotte di turisti percorrere la città in gruppi o da soli. Si tratta di una città d’arte ed è nella natura delle cose. Ma in determinate modalità ed oltre una certa misura questo diventa un problema.
Come hanno evidenziato Vieri Calogero e Giorgio Ricchiuti nel loro articolo su La sindrome olandese di Firenze l’utilizzo intensivo di una risorsa modifica in profondità il tessuto urbano e produttivo del territorio. La “risorsa naturale” di cui dispone Firenze e che dirotta forza-lavoro e capitali sul turismo è il suo patrimonio artistico e culturale.
Il sociologo Giovanni Semi ha tematizzato ciò che gli urbanisti chiamano gentrificazione in un suo saggio di qualche anno fa. Si tratta del processo per cui le classi più abbienti sostituiscono quelle meno ricche, che non riescono più a far fronte ai costi delle zone del centro. Così il tessuto urbano viene sconvolto con l’espulsione degli abitanti originari che si rifugiano nella periferia. Ciò può essere causato dalla presenza di istituzioni come ministeri o sedi di aziende potenti che fanno alzare il prezzo delle case. Nel nostro caso si tratta invece del turismo, un trend che viene potenziato dal successo della piattaforma Airbnb.
Il funzionamento di essa è conosciuto e semplice: si tratta di una piattaforma internet che consente ai suoi iscritti di affittare una stanza o un appartamento; i visitatori esprimono un gradimento e come compenso per la intermediazione la piattaforma ottiene un guadagno proporzionale alla transazione. È uno dei casi più famosi della famosa “economia delle piattaforme”, dei modi di “mettere a valore” attraverso l’uso di internet un proprio bene.
Questo nuovo potente mezzo ha incrementato il processo di sfruttamento urbano, dando un volto nuovo alla città che tende a diventare una Disneyland permanente: movida, ristorazione, articoli da souvenir, marchi di moda e Made in Italy. Per quanto possa essere divertente passare qualche ora in un parco giochi, pochi vorrebbero viverci. I residenti che fine fanno?
Nel nostro caso i residenti più che venire rimpiazzati da altri più abbienti, tendono a cedere il passo al turismo mordi e fuggi. Si tratta di un circolo vizioso: in una città che ha puntato tutto sul turismo e non offre grandi opportunità lavorative, affittare può essere una integrazione del reddito (o sostituzione!) significativa. Ma così facendo si rafforza la vocazione esclusivamente turistica sacrificando tutto il resto. Risultato: Firenze è la città che ha il maggior numero di affitti Airbnb in Italia in rapporto agli abitanti (più di Roma o Venezia).
L’amministrazione ha promosso il turismo di lusso all’interno del centro storico e non è stata capace di arginare l’espansione di Airbnb. E questa è davvero la quadratura del cerchio: a fronte dello sviluppo forsennato delle attività economiche legate al turismo di massa (lavoro, produzione) e di una parallela rendita edilizia ad esso legata (valorizzazione e investimenti) la città sta avallando tale sistema investendo di più nelle zone che generano tali introiti: destinazioni d’uso per ospitalità di lusso, servizi migliori, sorveglianza e controllo del territorio disegnano una città di seria A ed una di serie B.
Così si spiega non solo la bizzarra ordinanza delle “zone rosse” avallata dal Sindaco e diretta a rendere sicuri i quartieri più in vista, ma anche la serie di misure di blindatura securitaria contenute nel programma della coalizione che propone la riconferma del sindaco Nardella: più forze dell’ordine, più polizia, più vigili, più telecamere di sorveglianza.
Occorre, poi, porre il tema della diseguaglianza generata da tale dinamica. In una ricerca di dell’Università di Siena emerge come nel campione di 13 città italiane in cui Airbnb ha preso massicciamente piede, si ha un incremento in quasi tutte dell’indice di diseguaglianza (indice GINI). Quindi i benefici di questa piattaforma non sono distribuiti in maniera uniforme.
A conferma di ciò, sulla piattaforma non sono solo singoli privati che affittano: i tre host maggiori offrono rispettivamente 64, 89 e 162 (sic!) appartamenti. È chiaro che si tratta di agenzie, per cui non siamo più nel terreno della integrazione di un reddito familiare ma di una vera e propria attività imprenditoriale che andrebbe tassata in maniera differente.
In diverse città del mondo vi sono state sollevazioni cittadine verso Airbnb (San Francisco, Barcellona, Santa Monica fra gli altri) e forti misure limitative per affrontare il fenomeno.
La lista dei Verdi per Firenze intende andare in tale direzione impiegando tutti gli strumenti disponibili dal quadro normativo e chiedendo maggiori poteri regolativi.
Non vogliamo criminalizzare chi utilizza Airbnb, ma regolare il fenomeno graduando l’onere fiscale a vantaggio dei cittadini che sicuramente non vogliono trovarsi a fare la spesa assieme a Topolino e Pippo, in un rutilante parco Disneyano di cui, chissà, magari gli stessi turisti potrebbero un giorno stufarsi.
Matteo Bortolon per Verdi Firenze
Foto in copertina: https://enoughisenough14.org/
La Fedrazione dei Verdi di Firenze vuole fare un grande in bocca al lupo alla lista Cittadini per Greve in Chianti che sostiene la candidatura a Sindaco di Simone Secchi.
Si tratta di una lista civica che raccoglie esperienze e speranze che vengono da percorsi diversi, dalla sinistra ma anche dal movimento 5S. In molti casi sono persone legate ad una stagione molto positiva per Greve, quella della consigliatura 2009-2014 guidata da Alberto Benicstà.
Questo gruppo di grevigiani ha dato vita ad un progetto di governo ambizioso e realistico insieme. Propone un modello di sviluppo sostenibile, equo ed inclusivo, che costruisca qualità sociale, ambientale e produttiva.
Siamo molto contenti che anche a Greve ci sia una possibilità di votare una proposta di discontinuità, ecologista e progressita. Qui potete trovare il programma della lista.
Amministrare una città significa anche avere a che fare con la gestione dell’energia e, quando si parla di una grande e complessa città come Firenze, gestire bene l’energia diventa una questione chiave.
Per farlo è necessario agire a vari livelli, integrando la cura del padre di famiglia con la meticolosità del responsabile di azienda, attento alla riduzione degli sprechi e all’efficienza del proprio sistema.
Secondo l’Osservatorio Confartigianato sull’economia fiorentina Firenze, nella sua area metropolitana, ha il consumo di energia elettrica più alto della regione con 4.153,9 GWh/anno, di cui quasi il 40% in territorio comunale. Lo stesso studio segnala che solamente il 4,3% di questi consumi sono stati coperti da produzione di energia rinnovabile sul territorio, fortemente distanti dalla quota della provincia di Lucca (23,9%) e, ancor di più, da quella regionale (46,7%). È facile notare che tutta la parte di energia non da fonti rinnovabili deriva, giocoforza, da fonti fossili con un conseguente enorme impatto sulle emissioni di CO2 e gli effetti del cambiamento climatico.
Questo dimostra come sia fondamentale agire su due fronti: in primis sulla riduzione dei consumi, attraverso politiche di efficientamento, e subito dopo spingendo la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili eliminando progressivamente la produzione da fonti fossili e abbattendo le emissioni di CO2 in atmosfera.
Per completare il quadro d’insieme, consideriamo che un Comune è esso stesso un forte consumatore e quindi, oltre a promuovere politiche di buona gestione dell’energia, deve essere il primo a metterle in atto!
La buona gestione
Per un approccio alla gestione dell’energia accurato, occorre basarsi prima di tutto sulla misurazione, sull’analisi dei dati e sulla valutazione di soluzioni di miglioramento, da attuare e monitorare nel tempo.
Questo è il compito dell’Energy Manager, figura obbligatoria ai sensi dell’art.19 della Legge 10/91, per ogni soggetto pubblico che consuma più di 1.000 tep/anno (tonnellate equivalenti di petrolio, unità di misura che già dal nome non ispira niente di buono), ma che quasi sempre non è presente o è “coperta” da un tecnico impegnato in molte altre mansioni (come succede a Firenze).
Noi Verdi pensiamo invece che questa figura sia centrale per una buona gestione e che debba essere nominata esclusivamente per questo ruolo, con competenze ben definite e certificate.
Gli sprechi degli edifici – pubblici e privati
Alcuni numeri sono già noti ed evidenti e sono legati al comparto edilizio. Il 40% dei consumi finali nazionali è dovuto al settore civile e di questo circa il 75% è relativo al residenziale (fonte: Rapporto annuale efficienza energetica 2018 dell’ENEA).
Ciò dipende dal forte spreco di energia che si ha nei nostri edifici, pubblici e privati, le cui caratteristiche energetiche sono mediamente molto scarse (il 56% delle case vendute è in classe G secondo un’indagine realizzata dall’ENEA, l’Istituto per la Competitività (I-Com) e la Federazione italiana agenti immobiliari professionali (FIAIP)).
Si sta parlando quindi di produzione di energia per il condizionamento delle nostre case e degli uffici, riscaldamento invernale e raffrescamento estivo, effettuato per lo più con caldaie a metano, talvolta ancora a gasolio, scarsamente efficienti e un proliferare di condizionatori “mangiatori” di energia elettrica e impattanti, anche dal punto di vista paesaggistico.
Ma prima ancora si sta parlando del fatto che questa energia che dobbiamo produrre, per mantenere condizioni di comfort e benessere, è fortemente sprecata a causa delle pessime caratteristiche del nostro patrimonio edilizio, a partire proprio da quello pubblico: dispersione da muri e tetti non isolati, finestre vecchie e piene di spifferi, impianti di distribuzione e sistemi di emissione (i nostri radiatori) obsoleti e quindi alto spreco di energia.
Secondo noi è quindi indispensabile agire su due aspetti:
Ed è necessario farlo con due linee di interventi:
Interventi diretti sul patrimonio pubblico:
Interventi indiretti per stimolare l’iniziativa dei privati:
Una volta ridotti i consumi, energia verde!
Oltre al forte impegno per migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio, per poter arrivare ad emissioni nette pari a zero, è necessario spingere per una produzione di energia 100% rinnovabile.
La provincia di Firenze ha una quota di energia prodotta da fonte rinnovabile molto bassa, rispetto ai consumi. Essere un’area molto urbanizzata crea degli ostacoli, ma è comunque opportuno approfondire le possibilità date dal territorio per promuovere e attuare progetti per la produzione di energia green.
Partiamo intanto dai progetti in essere e quindi dal nostro impegno a favorire la realizzazione del progetto idroelettrico per le briglie dell’Arno. Idea ferma ormai da anni di cui auspichiamo lo sblocco prima possibile.
Dobbiamo poi spingere per la produzione energetica da fonte solare, fotovoltaico ma anche termico. Un paese con la radiazione solare favorevole come abbiamo in Italia dovrebbe avere ogni capannone coperto da impianti fotovoltaici! È il momento quindi di trovare soluzioni per favorirne l’installazione, con un progetto su scala metropolitana che, tramite gruppi d’acquisto e soluzioni cooperative guidate dal Comune, possa rendere questa soluzione ancora più vantaggiosa.
L’importanza della collaborazione e partecipazione
Come per tante buone pratiche, per poter cambiare le cose non basta l’azione. E allora vorremmo che per ogni progetto siano presenti momenti di coinvolgimento per i cittadini, formazione nelle scuole (che senso ha installare un impianto fotovoltaico sul tetto di una scuola se poi gli studenti nemmeno lo sanno??), strumenti di sensibilizzazione e diffusione sulle possibilità di risparmio energetico.Infine, proponiamo una collaborazione tra Comune e Università che, a partire da studi e approfondimenti già effettuati (come il Piano Energetico Comunale del 2008, mai adottato, o lo studio “L’efficienza energetica a misura di cittadino: Possibili scenari per Firenze” effettuato da Ambiente Italia nel 2015, per un progetto di Legambiente e Enel), possa procedere ad un aggiornamento dello scenario e all’individuazione di progetti concreti da attuare secondo una scala di fattibilità e priorità.
Alla prima riunione del consiglio comunale Firenze deve seguire l’esempio di Vancouver, Oakland, Londra e Basilea, Costanza e dichiarare lo stato di emergenza climatica.
Oggi 15 Maggio in Italia si celebra l’overshoot day, ovvero il giorno che segna l’esaurimento delle risorse rinnovabili che in nostro paese è in grado di rigenerare in un anno (in termini di cibo, fibre, legname, capacità di assorbimento del carbonio e terreni dove poter costruire infrastrutture). Chiaramente finite le risorse potenzialmente disponibili, da domani inizieremo a utilizzare risorse di altri territori (e popolazioni), oppure intaccheremo quelle degli anni successivi, pregiudicando la possibilità che queste si riformino in maniera sufficiente a garantire nel tempo le stesse condizioni di vita e benessere che l’ambiente ci ha concesso fino a oggi. E la cosa drammatica è che tale ricorrenza (che arriva prima della metà dell’anno!) ogni anno che passa arriva prima.
Se a queste considerazioni nazionali aggiungiamo che a livello mondiale ci restano 11 anni di tempo per modificare drasticamente i nostri impatti sul clima (ce lo dice il massimo organismo mondiale sul tema l’IPCC), che 1 milione di specie (⅛ delle specie viventi) è a rischio estinzione (ce lo dicono gli esperti ONU sulla biodiversità), e che la CO2 in atmosfera ha superato il record storico di 415 parti per milione, il quadro è ancora più allarmante.
Tutto ciò deve farci riflettere sugli impatti che i nostri stili di vita e il nostro modello di produzione e consumo hanno avuto ed hanno sugli ecosistemi, danneggiandoli e pregiudicando la possibilità che questi continuino ad esistere e a fornire beni e servizi essenziali. Talvolta siamo portati a guardare all’ambiente come un fattore limitante o una minaccia, ma l’ambiente è la casa di tutti che tutto permette, in primis la nostra esistenza su questa terra.
Essere radicalmente ecologisti in questo momento storico è un tema di responsabilità verso la vita, verso le future generazioni. E’ l’unica cosa sensata da farsi e non è un fatto di sensibilità bensì di logica.
I ragazzi da mesi hanno iniziato a far sentire la loro voce su questo nelle piazze di tutto il mondo, ma troppo poche e troppo lente sono le risposte che la politica a tutti i livelli è riuscita a dare per affrontare tematiche così urgenti ed importanti. E questa costituisce una delle motivazioni, forse la principale insieme all’inadeguatezza della vecchia giunta a governare la città, che come piccola comunità di donne e uomini ci ha spinto a partecipare attivamente alla vita politica di Firenze.
Crediamo fortemente che la città sia l’unità essenziale dalla quale iniziare a fornire risposte alle sfide del nostro tempo (cogliendo anche opportunità importanti), per questo il nostro programma – ambizioso ma realizzabile! – punta a far diventare Firenze una città capofila nella lotta al cambiamento climatico.
Ma a questo si aggiunge la necessità di dare un segnale forte a tutta la cittadinanza e alle istituzioni locali, che faccia diventare il clima e l’ambiente la pietra angolare di tutte le iniziative cittadine: seguendo l’esempio di numerose altre città (come Vancouver, Oakland, Londra e Basilea, Costanza), una volta insediati in Palazzo Vecchio come prima cosa proporremo di proclamare lo stato di emergenza climatica anche a Firenze e di utilizzare dei climate mainstreaming budgets, ovvero degli strumenti che mettano al centro della gestione delle risorse collettive la salvaguardia dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici.