A pochi mesi dalle elezioni regionali la Giunta Regionale sembra che voglia chiudere la discussione sulla futura gestione della Riserva Naturale del Padule di Fucecchio, fra sconcertanti ipotesi di frammentazione amministrativo-gestionale ed il perdurare invece di una gestione unitaria.
A quanto è dato sapersi, incontri previsti in questi giorni fra Regione ed Enti locali potrebbero portare ad una decisione conclusiva.
Avranno la meglio le spinte localistiche che vogliono frammentare e depotenziare l’area protetta oppure prevarrà la linea del mantenimento di una gestione unica nell’ottica di una tutela unitaria e anzi di una implementazione dell’area protetta? Non si tratta di disquisizioni tecnico-amministrative; in gioco è il futuro della maggiore zona umida interna d’Italia con il suo patrimonio di biodiversità.
E’ per questo che i Verdi della Toscana chiedono al Presidente Rossi di abbandonare qualsiasi ipotesi di smembramento dell’area e di procedere sull’unica strada che può condurre verso la tutela concreta del Padule, cioè sulla conferma di una gestione unica e anzi sul progressivo ampliamento dell’area protetta, che a tuttoggi corrisponde ad un magro ‘decimo’ del Padule.
Si fa notare come lo stesso Governo regionale che ora risulta voler demolire la Riserva Naturale del Padule di Fucecchio, è quello che ha approvato come necessità ed azione prioritaria nell’ambito della strategia regionale sulla biodiversità (facente parte del PAER 2015) proprio l’ampliamento dell’area protetta ricadente sul Padule.
Per i Verdi la decisione del Governo regionale sul futuro dell’area sarà non solo un elemento fondamentale per il territorio in questione ma sarà anche un segnale sull’intera politica del PD sulle aree protette: il PD vuole un sistema di aree protette efficaci per la conservazione della biodiversità regionale (e per un ambiente migliore anche per tutti i cittadini toscani) oppure no (e anzi intende anche smantellare tutto quanto fatto fino ad oggi)?
Questa è la domanda che non solo i Verdi ma anche moltissimi cittadini (ed elettori) della Toscana fanno al Presidente Rossi. Con la decisione sul Padule di Fucecchio il PD ci darà la risposta.
Federazione Regionale dei Verdi – Europa Verde Toscana
[foto di copertina Silvio Cavini-Benedetti]
di Paolo Galletti
Pubblichiamo la riflessione di Paolo Galletti, Consigliere federale dei Verdi dell’Emilia Romagna. Il focus sull’Emilia-Romagna è sostituito, in corsivo, da un analogo testo riguardo alla Toscana.
Potrebbe sembrare inopportuno, di fronte ad imminenti elezioni regionali e dopo la nascita del nuovo governo giallo rosso, analizzare il voto ad Europa Verde alle elezioni europee. In realtà cercare di capire cosa è successo alle elezioni europee può aiutare nelle scelte difficili che abbiamo davanti.
Per decidere liberi dai luoghi comuni che abitano quasi tutti i media e che spesso sono molto distanti dalla realtà.
Un solo esempio: i Verdi sono spesso messi nel mucchio dei cosiddetti “radical chic” dai loro avversari. In realtà una dettagliata analisi degli oltre ventimila simpatizzanti che nel 2018 hanno devoluto il due per mille alla Federazione dei Verdi, (nel 2019 sono diventati quarantamila) dimostra che il reddito medio di chi indica i Verdi per il due per mille è inferiore a quello di chi lo devolve al PD o a Possibile ed analogo a quello di chi sceglie Lega e poco più alto di chi sceglie Rifondazione Comunista. Quindi minoranza sì, magari acculturata, ma non ricca, anzi popolare.
1 – Lassù qualcuno ci ama
Prima di analizzare il risultato di Europa Verde è necessario capire come si è giunti alla proposta elettorale di Europa Verde.
Sia da parte della dirigenza dei Verdi Europei che da parte dei dirigenti verdi italiani si sono spesi molti mesi per tentare un accordo elettorale con varie forze di sinistra, radicali e civiche per una lista unica alle europee. I dissensi su questa posizione si sono espressi soprattutto in Emilia Romagna nella mozione dell’assemblea regionale. Si sono persi mesi preziosi per cercare accordi con Pizzarotti, che poi ha abbandonato la compagnia a ridosso della presentazione delle liste, con Cappato che poi ha perso il congresso di Più Europa ed infine con Possibile che ha fatto l’accordo salvo poi, con le false accuse di Civati, gettare fango sui Verdi durante la campagna elettorale.
Partendo per tempo con una proposta verde chiara, aperta a chi voleva fare i Verdi e non altro, avremmo avuto quasi sicuramente più consensi.
Una serie di fortunate circostanze ha fatto sì che si presentasse un bel simbolo chiaramente verde ed univoco.
La scarsa esposizione ai media non ha dato spazio più di tanto alle negative polemiche di Civati, ed alla fine è uscito un risultato più che dignitoso: un 2,32 per cento a livello nazionale.
Poco meno di Più Europa, sbandierata sui media e molto più della Sinistra di Leu, presente in Parlamento, che non supera il due per cento.
Oltre 620.000 voti in termini assoluti, un bel viatico per ricostruire un soggetto politico verde anche in Italia.
(Anche se occorre ricordare il milione di voti che i Verdi ricevevano ai tempi del Centrosinistra.)
Il ricatto del voto utile con questi elettori non ha funzionato. A dimostrazione che sono elettori meno politicizzati e o elettori che vogliono un cambiamento. Il peso dei Verdi in Europa ha fatto da traino.
Uno spazio per i Verdi esiste e dopo il risultato le adesioni ai Verdi sono cresciute.
Forse un poco di autocritica da parte della dirigenza europea e nazionale che ha perso tempo prezioso inseguendo ipotesi non praticabili sarebbe utile per evitare errori simili in futuro.
I fenomeni mediatici sono per definizione effimeri e spesso miraggi. Una buona politica deve tenerne conto ma non arrendersi ad essi. Un poco più di fiducia nella proposta verde e nella sua capacità attrattiva sarebbe servita anche per avere un risultato più significativo.
2 – Il voto ad Europa Verde nel Nord-Est ed in Emilia Romagna.
Nel Nord-Est, Europa Verde ottiene il 3,15%, 182.347 voti;
in Alto Adige l’8,68%
in Trentino il 4,13%
in Friuli il 2,97%
in Emilia Romagna il 2,93%
in Veneto il 2,74%
Il voto nelle città del Nord-Est
Bolzano 9,24%
Trento 4,85%
Bologna 4,56%
Trieste 4,31%
Venezia 3,95%
3 – Le preferenze nel Nord-Est
Nessuna novità per quanto riguarda il sud tirolese Lantschner con 11.506 preferenze.
Nulla da eccepire sulla qualità del candidato, fondatore di casa clima.
Ma da sempre il Sud Tirolo, Alto Adige, si comporta come un maso chiuso, con una tradizione di preferenze molto diffuse a fronte di una quantità di voti esigua in termini assoluti rispetto a regioni più grandi. Anche in altre liste il candidato sud tirolese batte il capolista (vedi Pizzarotti). Un tema di parassitismo politico da affrontare con decisione in futuro.
La novità è rappresentata dalla capolista Silvia Zamboni con 9.705 preferenze che stacca la terza arrivata, la sudtirolese Kienel con 4.917, e Angelo Bonelli con 4.091.
Nelle poche settimane di campagna elettorale che non ha potuto nemmeno toccare tutte le province del nord est e nei pochissimi interventi televisivi Silvia Zamboni si è imposta per meticolosa preparazione e per efficacia comunicativa con uno stile di gentilezza verde e di fermezza nelle idee e nelle proposte.
La dimostrazione che serve una comunicazione fondata su contenuti ed esperienza. Nessun superficiale nuovismo, ma profondità della cultura verde.
4 – Nord-Ovest 2,43%
Lombardia 2,46%
Milano 3,13%
Piemonte 2,31%
Torino 2,76%
Liguria 2,47%
Genova 2,84%
5 – Centro 2,14%
Toscana 2,50%
Arezzo 1,97% (provincia) 2,27% (comune)
Firenze 3,11% (provincia) 3,82% (comune)
Grosseto 1,84% (provincia) 1,96% (comune)
Livorno 2,71% (provincia ) 3,22% (comune)
Lucca 2,5% (provincia) 3,36% (comune)
Massa-Carrara 1,85% (provincia) Massa 2,13% (comune)
Pisa 2,47% (provincia) 3,54% (comune)
Pistoia 2,22% (provincia) 2,86% (comune)
Prato 2,00% (provincia) 2,05% (comune)
Siena 2,32% (provincia) 2,8% (comune)
Il miglior risultato si è quindi registrato nel Comune di Firenze, dove si sono tenute anche le amministrative. Lì – unico caso in Toscana insieme a Castelfiorentino – eravamo presenti con il nostro simbolo e correvamo da soli con un nostro candidato sindaco. In quel caso, per quanto il risultato sia stato un dignitoso 1,9%, i voti a Europa Verde non si sono tradotti in altrettanti voti per i Verdi a livello locale. La paura di un sindaco leghista e la ridotta esposizione mediatica del candidato Andrés Lasso e del partito rispetto agli avversari sono possibili motivi di questa mancata trasposizione sul locale dell'”onda verde”, ovviamente anche l’operazione messa in piedi dal PD di una lista “Firenze + Verde” in sostegno al sindaco uscente non ha giovato. Simile discorso per Damiano Ghiozzi, candidato sindaco a Castelfiorentino, che ha ottenuto l’1,85% dei voti.
Marche 2,25%
Ancona 3,59%
Umbria 1,75%
Perugia 2,65%
Lazio 1,91%
Roma 2,22%
6 – Sud 1,68%
Abruzzo 1,57%
Pescara 2,38%
Puglia 1,99%
Bari 2,22%
Taranto 6,01%
Basilicata 2,37%
Potenza 3,04%
Matera 3,23%
Campania 1,50%
Napoli 2,20%
Calabria 1,52%
Reggio Calabria 2,28%
Crotone 5,58%
7 – Isole 1,27%
Sicilia 1,17%
Palermo 2,25%
Catania 1,44%
Siracusa 1,57
Sardegna 1,60%
Cagliari 2,11%
Sassari 1.74%
8 – Deboli al Centro ed al Sud (con lodevoli eccezioni)
Emerge dai dati una debolezza della proposta verde al centro ed al sud.
Sotto Firenze ed Ancona solo Potenza e Matera in una Basilicata che supera la media nazionale, ovviamente TARANTO con 6,01% e Crotone con il 5,58%, superano il tre per cento.
Tutte le altre grandi città sono sotto il tre per cento.
Regioni come Lazio e Campania sotto il due per cento.
Città come Roma e Napoli poco sopra il due per cento.
L’onda verde ha lanciato qualche spruzzo oltre le Alpi, nord est soprattutto, e qualcosa ha passato anche l’appennino tosco emiliano romagnolo, ma non oltre.
Sarebbe interessante capire il perché: motivi di cultura politica, forse una diversità di insediamenti della green economy, forte nel nord est più che in altre zone, forse diffusione di associazioni…
Ma si impone una riflessione sul modo di essere dei Verdi anche in Regioni come la Campania che vedono eletti nelle istituzioni ed un numero significativo di iscritti ai Verdi. Evidentemente non basta per essere attrattivi di voti. Risulta addirittura controproducente se non si interpreta il ruolo di Verdi in modo adeguato.
E forse il modo di fare politica non è adeguato.
9 – Estero 9,74%
In un contesto informativo diverso da quello nazionale i risultati sono assai diversi.
Eppure sono sempre italiani quelli che votano.
Forse qualcuno delle migliaia di giovani laureati che ogni anno lasciano l’Italia per far fruttare i loro talenti in altri paesi che li sanno valorizzare.
10 – Che fare?
Identità e apertura: le due cose sono complementari; se c’è una identità consolidata ci sarà apertura e capacità di includere chi si avvicina per costruire insieme i Verdi.
Il progetto Europa Verde può affermarsi se riesce ad aggregare non spezzoni di ceto politico in cerca di collocazione, bensì espressioni della società, della cultura, della scienza, dell’economia verde, che oggi non sono rappresentate nella politica.
La bussola per la rappresentanza negli organismi non può che essere il peso elettorale, i voti ricevuti nelle varie regioni. Criteri spartitori in base a sigle o a supposte notorietà renderebbero da subito non credibile il progetto. Da scoraggiare invece cercatori di ruoli e scopritori dell’acqua calda che si avvicinano appena si aprono possibilità di essere eletti da qualche parte .
Anche la tentazione di comporre mosaici con pezzi di ceto politico dovrebbe essere abbandonata.
Scorciatoie politiciste non ci hanno portato fortuna.
Servono alcuni strumenti.
Una scuola di eco-politica per chi vuol cimentarsi nel fare i Verdi diventa oggi una necessità.
Non si può dare per scontata una cultura ecologista che oggi si presenta spezzettata, in brandelli non sempre componibili con un bricolage fai da te, magari in sintonia con le mode effimere del momento.
Un comitato scientifico ampio ed articolato che aiuti nel fare le scelte programmatiche.
Un funzionamento democratico e federale senza cedere a tentazioni fintamente democratiche ma in realtà plebiscitarie.
Una autonomia nella comunicazione sapendo usare tutti i mezzi ma senza nessuna sudditanza ad ogni “sentiment” dell’attimo fuggente. Della moda cangiante.
Non dobbiamo seguire la moda ma creare una nuova moda.
Dobbiamo aiutare a costruire un nuovo senso comune ecologista, spesso andando controcorrente, se la corrente porta nell’abisso.
Orientare la corrente.
Rappresentare il mondo dell’economia verde in tutte le sue sfumature, un mondo oggi sotto-rappresentato nella politica, è un compito possibile.
Evitare ogni tentazione liberista. I verdi da sempre mettono insieme questione ecologica e questione sociale. Non sono una associazione ambientalista.
Lo stato sociale, se pur aggiornato, e la riduzione delle disuguaglianze sono alla base della politica verde che non si affida al solo mercato ed agli spiriti animali del capitalismo.
Rimanendo una forza politica rigorosamente laica dobbiamo aprire una interlocuzione con coloro che vogliono mettere in pratica l’enciclica Laudato si‘ o gli insegnamenti del Dalai Lama sulla custodia di Madre Terra o i precetti di altre fedi per un impegno ecologista.
In un momento storico in cui si usano le religioni come “instrumentum regni”, come succedaneo di identità perdute e distrutte dalla globalizzazione, occorre favorire il dialogo inter-religioso che può aiutare l’umanità a raggiungere quella necessaria coscienza di specie per affrontare insieme, in modo efficace l’emergenza climatica e quella sociale.
L’obiettivo dei Verdi è la transizione ecologica, non eleggere qualcuno nelle istituzioni.
Avere degli eletti è utile e necessario per fare politiche ecologiste.
Se non si fanno politiche ecologiste avere eletti risulta addirittura controproducente.
Un radicamento territoriale, una formazione politica solida, una crescita ordinata sono gli obiettivi del progetto Europa Verde per rispondere alle istanze ecologiste della società e per offrire uno strumento efficace di azione politica alle tante persone che decidono di assumersi la responsabilità del bene comune.
11 – FRIDAY FOR FUTURE
come essere radicali e pragmatici insieme.
Greta è riuscita a ottenere quello che consessi di autorevoli scienziati non erano riusciti:
imporre il tema emergenza climatica.
E lo ha fatto con argomenti assai radicali e terrorizzanti se pur fondati su dati scientifici inoppugnabili.
Di fronte a lei i Verdi italiani, accusati a torto di fondamentalismo, appaiono assai moderati e governisti.
Motivo questo di riflessione. E di cambio di rotta.
La generazione dei sedicenni si è svegliata e, per la prima volta dopo le battaglie antinucleari, si va in piazza per l’emergenza climatica.
Un movimento radicale nell’impostazione e pragmatico nella interlocuzione con i decisori politici ed economici (vedi Greta a Davos).
Con la pericolosa ingenuità di essere “oltre” la politica. E quindi strumentalizzabile dai camaleonti di turno.
Ma i sedicenni diventeranno diciottenni e avranno la possibilità di votare.
Di fronte ad una proposta verde, radicale e pragmatica, forse si impegneranno non solo nel voto ma nella costruzione difficile e paziente di un soggetto politico.
Intanto apriamo scuole di politica verde.
Qualcuno di loro parteciperà.
Un libro di testo, UN MANUALE, già abbiamo contribuito a pubblicarlo anche in italiano: DRAWDOWN, come uscire dall’emergenza climatica.
12 – Una formazione verde, ancella del pd, Cinque Stelle partito ambientalista: due notizie false
L’ecologismo è tornato di moda, basta guardare la pubblicità. Anche in politica si sprecano parole come Verde, sostenibile, green new deal. Economia circolare, green economy… il sottotitolo della, festa nazionale del PD era: per un’Italia verde, giusta, competitiva.
Quindi si apre una competizione all’ultimo sangue .
Chi è davvero verde? Questo ci obbliga ad essere migliori, a studiare, a fare proposte radicali e realistiche insieme.
Comun denominatore del greenwashing è la faciloneria.
Si può mettere insieme l’attuale modello produttivo e l’attuale stile di vita con la conversione ecologica.
Sarebbe bello vero? Peccato che non sia possibile.
Occorrono cambiamenti radicali necessari, magari dolorosi, per risolvere davvero l’emergenza climatica e tutto il resto. Dobbiamo renderli desiderabili ma non sarà facile.
Il PD lavora ad un soggetto verde o rosso verde satellite, magari con resti di ceto politico della sinistra eternamente in cerca di identità. I Cinque stelle dopo la perdita di credibilità con il governo rosso nero ora si atteggiano a salvatori della patria e qualche cosa dovranno pur fare.
Ma sono tentativi di imitazione. L’originale, il marchio, è quello dei Verdi.
Se usano le nostre parole è perché non possono farne a meno di fronte ad una diversa consapevolezza che si sta diffondendo.
Se sapranno crescere, mantenendo la loro reputazione, i Verdi saranno la vera risposta.
Intanto si avvii una campagna per piantare milioni di alberi.
Occasione per farci conoscere, ovunque.
Consideriamo il futuro della sanità toscana una delle questioni chiave sulla quale discutere in vista delle prossime elezioni regionali del 2020.
Uno dei temi di attualità è il grande disagio che si vive all’interno dei pronti soccorsi della regione. Disagio per gli utenti, come avrà potuto sperimentare chi abbia avuto la sfortuna di averne bisogno, ma grande disagio anche per il personale, infermieristico, medico eper il personale ausiliario.
Sembra che attualmente i pronti soccorsi non siano in grado di rispondere in modo fluido alle enormi richieste che provengono dagli utenti e che lavorare nell’urgenza si stia trasformando in un sacrificio per il quale è difficile anche solo trovare il personale sanitario necessario e, una volta trovato, mantenerlo. Ci siamo interrogati su alcuni possibili perché e su eventuali risposte, e ne abbiamo discusso con Simone Magazzini, responsabile dell’area Emergenze del Santo Stefano di Prato e coordinatore di tutte le aree Emergenza dell’Asl Toscana Centro.
Verdi Firenze: Molti dicono che il problema del sovraffollamento dei Pronti Soccorsi (PS) toscani sia il malfunzionamento della medicina del territorio. Lei cosa ne pensa?
Simone Magazzini: Circa 15 anni fa si diceva che al sovraffollamento dei PS si dovesse rispondere con una migliore organizzazione dei servizi territoriali.
Continuare a dare questa risposta può significare solo due cose: o non si è lavorato bene per risolvere quel problema, oppure quella era un’analisi errata. Oltre a questo, almeno in alcune realtà regionali, si aggiunge un problema di posti letto che andrà affrontato per non veder peggiorare il fenomeno nei prossimi anni.
VF: Come si risponde al continuo incremento del numero di accessi nei PS toscani?
SM: Per prima cosa un dato, giusto per dare un’idea. Nel 2010 il PS di Prato aveva 72.000 accessi /anno. Nei 5 anni successivi, dal mio arrivo in ospedale, la riorganizzazione del PS e dell’area di osservazione breve ha permesso la riduzione dei tempi di attesa di un terzo.
Attualmente Prato ospita 102.000 accessi/anno in PS.
Questo suggerisce che nel momento in cui il servizio offerto migliora (per qualità e per tempi di attesa) anche la domanda aumenta.
Finché il servizio di PS, seppur con i suoi ritardi, risulterà più efficiente e meno caro rispetto alla medesima diagnostica eseguita sul territorio, le persone continueranno a rivolgersi al PS, anche per prestazioni improprie.
VF: Una risposta a questo dovrebbe essere una seria politica sui ticket sanitari.
SM: Ad oggi, chiunque abbia una esenzione per qualunque patologia, è esente dal ticket di PS, anche se l’accesso in ospedale si è verificato per una ragione del tutto non attinente alla patologia di base.
A mio parere si dovrebbe prevedere un ticket corrispondente al codice di gravità di uscita.
Se la diagnosi e il codice gravità di dimissione sono compatibili con una diagnostica ambulatoriale, significa che l’accesso in PS è improprio, pertanto il malato dovrebbe pagare il ticket per la prestazione ricevuta.
Ciò facendo però un’eccezione per coloro che giungono in PS con la richiesta del proprio medico curante: in tal caso il paziente dovrebbe essere esente dal pagamento della prestazione, a prescindere dalla propria diagnosi di uscita, in quanto è stato inviato in ospedale dopo valutazione medica e non per propria iniziativa.
VF: Quale potrebbe essere una risposta pratica alla carenza di personale medico nei PS?
SM: Cominciamo ancora dai dati: in Toscana ci sono 100 punti di guardia medicalizzati per 3.5 milioni di abitanti quando in Lombardia ce ne sono 50 per poco meno del triplo degli abitanti.
Queste professionalità mediche, che al momento sono sottoutilizzate (in alcuni casi i servizi effettuati durante la guardia di 12 ore sono mediamente 1.5) potrebbero essere spostate, almeno in parte, all’interno dei PS, dove la carenza di medici rende il lavoro durissimo.
Di concerto con personale del 118 e dell’area PS abbiamo proposto una apposita riforma che da anni è all’attenzione della Regione Toscana: i medici del 118 potrebbero spostare la propria postazione all’interno dei PS ospedalieri, in modo da rinforzare il personale di PS, lasciando sul territorio gli infermieri del 118 ed uscendo solo su chiamata infermieristica. A tale provvedimento, che va in una direzione di ecologia ed economia delle risorse, si sono talvolta opposti i sindacati del personale medico coinvolto nel progetto.
VF: Cosa ne pensa della recente delibera che prevede l’ingresso in PS di medici neolaureati? E’ a suo avviso una misura di reale aiuto per il personale e per gli utenti?
SM: Nel PS di Prato per il momento questa risoluzione ci aiuta. Ogni medico neolaureato inserito lavora con tutoraggio di un medico anziano, ma è sicuramente d’aiuto per smaltire con maggiore rapidità almeno i codici minori. Sarà creato per questi professionisti, un corso per medici dell’emergenza/urgenza (una nuova versione del corso DEU)
VF: Ci sono altre strade per ridurre “l’intasamento” dei PS?
SM: A mio avviso dovrebbe essere fatta una riflessione sul numero di posti letto.
Negli ultimi 10-15 anni la Toscana ha drasticamente ridotto il numero di posti letto per ricovero, nell’ottica di razionalizzare le spese. Forse tale pratica si è spinta troppo oltre con il risultato di creare una cronica lentezza nei tempi di trasferimento in reparto dei malati già destinati al ricovero, che restano per ore (e a volte per giorni) nei locali del PS in attesa del posto letto, aggiungendo ulteriore caos e disagio al contesto dell’urgenza.
Un altro punto critico, strettamente medico, è quello relativo agli invii in PS da parte di specialisti ospedalieri. Tale eventualità dovrebbe essere eccezionale e legata solamente a situazioni di reale urgenza clinica. Per tutte le restanti problematiche cliniche minori o organizzative o di percorso si dovrebbero stabilire e seguire percorsi diagnostico-terapeutici che non prevedano il passaggio dal PS.
VF: Grazie per la disponibilità e buon lavoro!
In un bel pomeriggio di fine estate abbiamo incontrato Milena Valachs e Nicolas Casale, co-presidenti dei Verdi ‘Ecolo’, primo partito nel comune d’Ixelles a Bruxelles:
Verdi Firenze: Nelle recenti elezioni amministrative che abbiamo avuto a Firenze, siamo stati spesso criticati per esserci presentati da soli, senza appoggiare il Partito Democratico contro la destra minacciosa di Salvini, e forse questo ci ha penalizzato nei risultati. Come avete fatto nel vostro comune dove anche esistevano equilibri di potere molto stabili tra i partiti tradizionali a diventare il primo partito?
Milena Valachs e Nicolas Casale: È importante far capire agli elettori e alle elettrici che la scelta non è soltanto tra partiti populisti e partiti tradizionali, ma che puo’ esserci anche una terza forza che mette avanti le iniziative dei cittadini e che li sostiene nella vita quotidiana, che si tratti di mobilità, rifiuti, spazio pubblico, alimentazione, comitati di quartiere, associazioni di genitori, e cosi’ via. Noi siamo il partito che mette il cittadino al centro del progetto politico, e non il contrario. Questo ovviamente si costruisce nel tempo, non in giorni o settimane, ma in anni di presenza sul territorio. Non si deve essere in tanti e non importa se si tratta sempre delle stesse persone, si è comunque presenti.
VF: Ci raccontate la vostra esperienza di lavoro sul territorio?
MVNC: Nella pratica noi abbiamo utilizzato molto il porta a porta: bussiamo alle porte, ci presentiamo, parliamo del programma, facciamo delle domande. Per fare questo c’è bisogno di mobilitare i membri, e andare magari in due o tre, ma non bisogna essere tanti, noi l’abbiamo fatto con una trentina di persone.
VF: In Italia i Verdi spesso scontano una certa diffidenza da parte delle associazioni ambientaliste e dei movimenti come Fridays For Future, voi siete riusciti a lavorare in sinergia con altre associazioni?
MVNC: Sì, per noi un’altra cosa importante è stato fare un inventario delle organizzazioni che esistono e che lavorano su questioni legate alla sostenibilità ed entrare in dialogo con loro; se queste persone conoscono meglio i nostri valori ci sono più possibilità che votino anche per noi. I Verdi non sono solo gli ecologisti che abbracciamo gli alberi e questo dobbiamo spiegarlo alle persone. Dobbiamo spiegare che amiamo le piante perché queste migliorano l’aria che respiriamo e la qualità della nostra vita e quella dei nostri cari. Bisogna parlare di valori, di democrazia, di uguaglianza e parità di genere, di diritti; non solo di un’ecologia nel senso stretto ma di un’ecologia politica. Dobbiamo anche spiegare che il progetto di una società più ecologica non implica necessariamente la perdita di posti di lavoro. La conversione all’ecologia bio per esempio puo’ creare migliaia di posti di lavoro, bisogna spiegarlo questo. La trasparenza, l’etica, bisogna anche riparlare di tutto questo. Ci sono tante persone che non votano, che sono deluse dalla politica e che potrebbero accogliere i messaggi di un partito fatto di persone che si avvicinano e che dimostrano impegno.
VF: I Verdi italiani sono anche accusati di avere un approccio intellettualistico alla politica, di non essere vicini ai problemi delle persone.
MVNC: Questo è un rischio che corriamo come ecologisti. Se da un lato bisogna parlare di valori, dall’altro bisogna anche parlare di cose concrete e realizzabili, con anche degli slogans se necessario. Nel mese di ottobre per esempio abbiamo parlato alle persone di ridurre l’iquinamento dell’aria del 50%, l’abbiamo detto, abbiamo parlato alle persone di misure concrete: piantare alberi, mobilità sostenibile, aree a 30 km, piste cliclabili in sicurezza, spazi verdi in ogni quartiere, la salute legata all’alimentazione, e che il bio puo’ anche essere per i meno abbienti se si detassano i prodotti bio, e cosi’ tutti mangiano meglio. In Italia questo dovrebbe essere un tasto efficace, ci saranno molti produttori interessati alla riduzione dell’IVA sul bio e si puo’ legare questo alla salute pubblica e presentarlo como uno stimolo per l’economia locale, i negozi bio, si aiuta l’economia ad essere dinamica.
VF: Pensate che questo approccio possa facilmente essere adattato anche alla realtà fiorentina?
MVNC: La misura plastica zero a Firenze è un’altra che potrebbe funzionare bene, con tutti i turisti che contribuiscono ad inquinare la città! Non bisogna proibire ai commercianti di vendere l’acqua in bottiglia ma convincerli che guadagneranno di più se smettono. Bisogna mettersi in contatto con i fornitori per trovare soluzioni che possano funzionare, offrire ai cittadini dei sacchi di tela e ascoltare le parti che lavorano nel settore del turismo, della ristorazione, i rifornitori, etc. Il legame con la realtà sul territorio, con i bisogni e le iniziative dei cittadini sono la base del nostro programma. Ovviamente c’è anche da vedere quelle che sono le specificità di Firenze, quali sono le opportunità della città e come il Partito dei Verdi puo’ costruirsi in questo contesto.
Bisogna riflettere sulla vostra battaglia e fare un piano, una mappatura: con chi possiamo lavorare, qual’è la sociologia dei diversi quartieri, cosa vogliamo dire sul turismo e cosa proponiamo per gli altri quartieri. Potreste testare il porta a porta in un quartiere con un paio di persone, andare ai mercati, parlare con le persone, fare delle domande, stare in ascolto. E vedere cosa ne esce. Bisogna passare i nostri messaggi ma anche ascoltare: “Noi vogliamo che Firenze sia una città più vivibile, all’avanguardia nella sostenibilità, voi che ne pensate? Basta non avere aspettative troppo elevate, perché con il porta a porta si raggiunge una persona su 10. Con un volantino è una persona su 5. Ma anche questo va fatto, essere tra le persone, parlare e dare un volantino in mano.
Siamo tutti persone occupate, con famiglia, ed è per questo che bisogna coinvolgere i membri e fare un lavoro di continuità in questi anni in vista delle prossime elezioni amministrative. Bisogna darsi degli obiettivi ambiziosi e fare un piano per realizzarlo. E bisogna attivare i membri e poi coinvolgerli, e questo si costruisce nel tempo.
VF: Potreste darci ancora alcuni esempi di azioni concrete sul territorio e anche un esempio di successo politico che avete ottenuto da quando siete al governo della Commune?
MVNC: Le azioni concrete contano molto nella percezione dei cittadini. Per esempio noi organizziamo ogni anno un incontro con le associazioni, quest’anno sarà a novembre. Abbiamo una lista di organizzazioni e le invitiamo a parlare e discutere di come migliorare la vita dei cittadini. Fare delle conferenze, invitare un’associazione a organizzarne una con noi, e cosi’ si costruisce la rete e si dimostra di essere attivi. Bisogna uscire dal partito, chiedere ai membri di proporre delle idee, l’approccio per noi è molto “bottom up”.
Ai mercatini i membri vengono spesso con i loro figli, parlano con le persone del progetto Ecolo, due ore è largamente sufficiente. Quello che funziona è usare anche delle frasi forti, tipo: “Buongiorno, noi vogliamo ridurre l’inquinamento dell’aria della Commune del 50%, v’interessa?” Anche avere qualcosa in mano da dare come un volantino con i punti programmatici aiuta.
Un altro esempio: per San Valentino noi facciamo il “San Val-en-train”: andiamo alle fermate dei bus, tram e treno e diciamo “Grazie, grazie per utilizzare il trasporto pubblico e aiutarci ad avere un’aria migliore”. Le persone sono gratificate e se lo ricordano. È un messaggio positivo anche, bisogna stare attenti a non essere percepiti sempre come catastrofici.
Infine un esempio di successo al governo della Commune riguarda sempre delle consultazioni che abbiamo organizzato su come ri-utilizzare un parcheggio che era molto poco utilizzato. Abbiamo chiamato gli abitanti del quartiere ad esprimersi, e abbiamo anche organizzato tre incontri in fasce orarie diverse così da dare la possibilità a tutti di patecipare. La gente era entusiasta, dicevano che era la prima volta nella loro vita che venivano invitati al Comune per dare la loro opinione.
VF: E sui social network come vi muovete?
MVNC: I media sociali sono sicuramente utili, ma non sono abbastanza, bisogna creare delle azioni che si ripetono e quindi avere delle attività tre volte all’anno che diventano riconoscibili e che sono legate alla vita quotidiana della gente. Abbiamo anche una pagina Facebook, ma il contatto fisico è ancora importante, le persone vedono le nostre facce, devono ricordarsi di noi. Ovviamente ci sono diverse fasce della popolazione e gruppi sociali e di età. Per questo è essenziale una mappatura di comunicazione e visibilità per posizionarsi su delle questioni politiche, essere in contatto regolarmente con giornalisti amici, e farsi notare.
VF: Chi sono i vostri elettori? I giovani?
MVNC: Anche fra i nostri elettori prevale la fascia di età 25-30 anni, non i diciottenni. I giovani genitori sono un buon target a cui arriva il nostro messaggio: “Siamo inquieti per il futuro dei nostri figli venite a costruire un futuro per loro!”.
Si comincia con l’ottenere un seggio e si fa un lavoro di opposizione, e nel tempo come nel nostro caso si puo’ diventare primo partito, ma come abbiamo già detto, è un lavoro di molti anni, s’inizia piccoli, si fa un lavoro di opposizione costruttiva e le persone vedono cosa facciamo. Cosi’ facendo a volta dopo abbiamo raddoppiato i consensi, poi la volta ancora dopo i partiti tradizionali hanno avuto degli scandali e noi siamo diventati primo partito. Bisogna partire piccoli ma vedere in grande, far passare dei messaggi anche essendo all’opposizione, bisogna comunicarli, cosi’ come va comunicato quanto siamo d’accordo, non bisogna dare l’impressione di essere sempre contro.
In bocca al lupo Verdi di Firenze, siamo con voi!
VF: Mercì à Voùs
Paolo Pinzuti è un ciclista, un viaggiatore, ma di lavoro fa l’editore e si occupa di marketing e di comunicazione per Bikeitalia.it. Era fra i candidati di Europa Verde alle ultime elezioni europee. L’abbiamo intervistato.
Verdi Firenze Ciao Paolo, grazie per la tua disponibilità per questa intervista. Ci racconti come hai fatto a far diventare la bicicletta il tuo lavoro?
Paolo Pinzuti. Nel 2011 io e Pinar, mia moglie, abbiamo lasciato il lavoro e siamo partiti per un viaggio in bicicletta di 4 mesi in sud America. Con bici e tenda, abbiamo girato per l’Argentina, il Cile, la Bolivia e il Perù. Per raccontare questa esperienza ho aperto un blog. Finito il viaggio ho continuato a scrivere di bici, cicloturismo, ciclabilità urbana, sicurezza sul mio blog, che nel 2013 è diventato una testata giornalistica, bikeitalia.it. La gestione della rivista ha reso necessario l’apertura di una società, Bikenomist srl, che oggi dà lavoro a 8 persone e fa comunicazione, organizza corsi di formazione e fa consulenza sulla mobilità urbana e sul cicloturismo.
VF. La bici, oltre ad essere il tuo lavoro, è ancora una passione? Riesci a goderti un’escursione o un viaggio? Quest’estate ad esempio dove ti ha portato la tua bicicletta?
PP. La bici per me è parte integrante della vita, come lo sono i pantaloni o le scarpe. Pedalare, oltre a essere una forma di trasporto estremamente efficiente, è anche piacevole per lo spirito e per il fisico e per questo non vi rinuncerei mai. Quest’estate mi sono concesso delle pause di tre giorni con dei bei giri in bicicletta sulle Dolomiti, in alta Val di Susa e sulla Francigena in Toscana.
VF. Questa primavera sei stato candidato alle elezioni europee per Europa Verde. Come è successo?
PP. Nel suo ultimo discorso da presidente degli USA, Obama disse una cosa che mi ha colpito molto: “se non vi piacciono i vostri rappresentanti nelle istituzioni è inutile lamentarsi: candidatevi e diventate voi i rappresentanti nelle istituzioni.“. Nauseato dal basso livello della politica italiana e dalla mancanza di un’agenda politica ambientalista, ho pensato che fosse mia responsabilità provarci e dare il mio contributo. Ho presentato la mia disponibilità alla candidatura, che è stata accettata.
VF. Qual è il tuo bilancio della tua avventura elettorale? Lo rifaresti?
PP. 1.500 preferenze non sono molte, ma per un outsider della politica non sono da buttare via. Il bilancio comunque per me è positivo perché ho avuto modo di incontrare molte persone bellissime che hanno voglia di fare “cose” per raddrizzare la politica, il mondo e l’ambiente. Lo rifarei a occhi chiusi perché è stata una delle esperienze più intense della mia vita. Ma non so se lo rifarò.
VF. Secondo te cosa manca al movimento ecologista italiano per poter diventare efficace nell’azione come i partiti verdi della Germania o di altri paesi europei?
PP. È una domanda difficile a cui ho pensato più volte e credo che non esista una risposta univoca perché è un insieme di fattori. Credo che il peccato originale sia una sorta di intellettualismo di fondo che parla (giustamente) di ambiente, ma che poi non è presente sul territorio per “fare” ambiente in modo coerente e continuativo facendosi conoscere dalla “base” coinvolgendola e includendola.
VF. Torniamo alla bici, qual è il singolo intervento, in qualche città italiana, che suggeriresti come esempio virtuoso da imitare per favorire gli spostamenti in bici?
PP. Le persone vanno in bicicletta quando si trovano in un ambiente sicuro e una città è sicura per chi va in bici quando non si corre il rischio di essere investiti dall’automobilista distratto o incosciente di turno. Per questo occorre limitare la velocità d’uso delle auto, ma anche il suo utilizzo. Se ci pensiamo, le piste ciclabili altro non sono che pezzi di strada che sono stati interdetti alle auto. La moderazione del traffico è la chiave. E se vuoi un esempio, Reggio Emilia è più che calzante.
VF. Grazie per il tuo tempo, buona strada!
Piano urbano per la mobilità sostenibile: sulla ciclabilità molto fumo, poco arrosto.
La Città metropolitana ha recentemente pubblicato il Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile (PUMS). Il Piano comprende al suo interno il “biciplan” per la città di Firenze. Il biciplan descrive gli interventi che l’amministrazione prevede di realizzare per favorire l’uso della bici e diminuire così il traffico veicolare motorizzato.
Il documento pubblicato è molto deludente. Si limita infatti alla riproposizione dell’ottimo progetto di Bicipolitana predisposto da Fiab-Firenze ciclabile onlus e fatto proprio, almeno sulla carta, dall’amministrazione comunale.
Nonostante le molte affermazioni di principio sulla mobilità sostenibile integrata, mancano completamente concrete indicazioni di programma su punti di fondamentale importanza:
Dal documento, soprattutto, mancano chiare scelte politiche di priorità. Rendere Firenze a misura di bici significa privilegiare il trasporto ciclistico rispetto a quello motorizzato. Esattamente come è stato fatto con la tramvia, bisogna togliere spazio alle auto private per darlo alle biciclette. Su questo l’amministrazione comunale non sembra voler dare alcun segno esplicito di radicale discontinuità col passato.
Perseverare nell’approccio seguito negli ultimi anni con piste ciclabili, magari nuove di zecca, che si interrompono o passano improvvisamente dalla sede protetta al marciapiede promiscuo per salvare qualche posto macchina, è inaccettabile. Se si vuole investire sulla ciclabilità, lo si faccia sul serio. Anche perché la sicurezza del ciclista passa inevitabilmente da questa scelta.
Abbiamo intervistato Lorenzo Ci, regista e attivista ecologista, riguarda al concorso di cortometraggi che ha ideato.
Verdi Firenze Ciao Lorenzo, grazie per la disponibilità. Che cos’è “72 ore di lievitazione”?
Lorenzo Ci: 72 ore di lievitazione è un concorso cinematografico aperto a tutti, che chiede di raccontare un aspetto della cucina o dell’agricoltura sostenibile attraverso un cortometraggio originale realizzato in 72 ore. Il cortometraggio deve essere realizzato durante Cookstock, l’evento enogastronomico che si tiene ogni anno a Pontassieve (quest’anno il 6-7-8 Settembre).
Il concorso vuole dare l’opportunità ai partecipanti di usare il cinema per raccontare storie, riflessioni, analisi sul mondo della cucina, dell’alimentazione, dell’agricoltura e della connessione che questi aspetti hanno con la situazione ambientale e con la transizione ecologica, sempre più evidentemente necessaria.
Allo stesso tempo però, i cortometraggi dovranno raccontare l’Arte della cucina, valorizzando il cibo con il linguaggio cinematografico, visuale e narrativo. L’idea del concorso è nata all’interno di Valdisieve in Transizione, una rete di persone che cerca di immaginare collettivamente e mettere in pratica progetti comuni, volti a rendere il territorio più sostenibile e la comunità più resiliente per affrontare le difficoltà che ci aspettano nei prossimi anni.
VF: Perché mettere in relazione la passione per la cucina e la sostenibilità ambientale?
LC: Sicuramente la produzione di alimenti, e come questi vengono usati nella nostra vita di tutti i giorni, è un aspetto molto rilevante del nostro impatto sul pianeta. La scelta del cibo di cui ci nutriamo, il modo in cui ci riforniamo di energia per cucinare e conservare gli alimenti, la nostra capacità di valorizzare il cibo per evitare gli sprechi; sono tutti elementi che costituiscono le basi della cucina e ogni scelta che facciamo ha un impatto diverso sul nostro ecosistema.
Difatti la cucina comprende tutto nel suo processo, dalla ricerca degli ingredienti alle modalità di conservazione; chiunque la affronti nella vita di tutti i giorni deve saper scegliere metodi e risorse. Il cibo è uno degli aspetti più fondanti della nostra cultura, sicuramente è tra gli aspetti che influenzano maggiormente il nostro modo di vedere il mondo. A mio avviso la necessaria lotta per la sostenibilità ambientale deve avere forti connessioni con il mondo culturale, in questo caso il cinema, può aiutare a diffondere le idee giuste tra le persone. Unire il linguaggio cinematografico a quello culinario nel modo giusto, esaltando la bellezza che sta alla base della cucina, raccontando le persone che veramente la portano avanti tutti i giorni e gli elementi che costituiscono uno stile di vita rispettoso dei limiti del pianeta, può essere un atto fondamentale in un panorama culturale che ancora celebra la cucina in modi che di sostenibile non hanno niente, basta pensare a certi programmi televisivi, né a livello culinario, né a livello umano.
VF: Ci sono delle cose semplici che potremmo fare per rendere il nostro modo di cucinare e mangiare più sostenibili? Ci dai un paio di consigli pratici?
LC: I consigli sarebbero tantissimi ma direi che il più importante è scegliere bene dove procurarci il cibo cercando di trovare alimenti il più possibile locali, di stagione, coltivati senza uso di pesticidi o tecniche agricole distruttive per il suolo, venduti sfusi o con imballaggi riutilizzabili (per ridurre il più possibile i rifiuti indifferenziati).
L’altro punto che secondo me è tra i più importanti è la riduzione dello spreco alimentare. Nel mondo si spreca più di un terzo di tutto il cibo prodotto, e con questo anche l’energia usata per produrlo, il lavoro delle persone, i combustibili fossili usati per il trasporto e molto altro. Bisogna sforzarsi di pianificare bene e comprare solo il cibo che prevediamo di usare, migliorandoci il più possibile a calcolare le dosi per non ritrovarsi con cibo in eccesso da buttare via; un modo può essere quello di fare la spesa più frequentemente evitando le scorte mensili.
Un altro consiglio pratico per un’alimentazione più sostenibile può essere quello di comprare il cibo attraverso dei Gruppi di Acquisto Solidali o mercati contadini che aderiscano al sistema della garanzia partecipata come il mercato del venerdì di Genuino Clandestino in P.za Tasso a Firenze. Anche a Pontassieve dall’autunno si organizzerà ogni giovedì un Mercato della Transizione su questo stile, dove trovare prodotti locali e naturali a basso impatto.
VF: Chi può partecipare alla competizione? Anche se non sono un regista posso partecipare in qualche modo?
LC: Certamente, la competizione è aperta a tutti. Il linguaggio audiovisivo è ormai radicato in tutta la popolazione e tutti hanno i mezzi per girare un cortometraggio. Anche con un telefono e un’applicazione gratuita di montaggio si può girare un film. Quindi si, l’invito è aperto a tutte e tutti. Metteremo anche a disposizione un minimo di attrezzatura, grazie al supporto del Centro di Documentazione Audiovisiva del Comune di Pontassieve, e molti tutor che daranno una mano a chi ne’ avrà bisogno nella realizzazione dei propri film. Quindi l’importante è aver voglia di mettersi in gioco e farsi questa bellissima esperienza! Il regolamento e la scheda di iscrizione sono sul sito http://72oredilievitazione.com
VF: Oltre al concorso di corti cos’altro c’è di interessante a Coockstock?
LC: Cookstock è un festival molto bello che porta tantissime persone per le strade di Pontassieve ad apprezzare il cibo in tante forme diverse. Per scoprirlo il modo migliore è venire al festival. Saremo anche presenti con un punto informativo di Valdisieve in Transizione!
VF: Grazie, ci vediamo a Pontassieve!
Domani presso piazza Fra Ristoro a Campi Bisenzio dalle 17:00 alle 21:00 sarà possibile firmare per il preogetto di legge di iniziativa popolare per i beni comuni.
“I beni comuni sono quei beni che per la loro natura ecologica culturale o sociale appartengono a tutti, nel senso che nessuno può appropriarsene in quanto singolo individuo o in quanto soggetto sociale o economico. Sono quei beni che se sfruttati e degradati causano ripercussioni negative su tutti i cittadini, presenti e futuri.
I beni comuni non sono possedibili, che questo sia per la loro natura fisica, come l’acqua, l’aria o gli ecosistemi, o perché rappresentano parti di un patrimonio pubblico comune, come le grandi opere architettoniche e artistiche. Vendere, sfruttare o inquinare questi beni genera un vantaggio per i pochi proprietari benefattori dell’attività, ma nega a tutti gli altri la possibilità di goderne, ora ed in futuro. Per questo motivo i beni comuni vanno salvaguardati e difesi facendoli divenire un realtà giuridica del codice civile italiano.
C’è tanto da perdere e c’è tanto da fare perché non succeda, ma tutto può partire da due semplici firme. “
Comitato Rodotà per la tutela dei Beni Comuni
Quello che è successo intorno al Maggio Musicale Fiorentino negli scorsi giorni riempie di sconforto se si pensa che possa rispecchiare le logiche con cui il nostro Sindaco intende operare per amministrare la città e le sue Istituzioni culturali.
Abbiamo assistito a una scampata manovra (per adesso solo rimandata) così clamorosamente sbagliata da provocare prima le dimissioni del Sovrintendente Cristiano Chiarot e a catena quelle del direttore d’orchestra principale Fabio Luisi. Quest’ultimo ha pubblicato una lettera indirizzata a Nardella e ai dipendenti del Teatro che non lascia dubbi sulla natura politica della vicenda.
In una delicata fase di passaggio come quella della fine del mandato del Sovrintendente, il sindaco Nardella, presidente del Consiglio di indirizzo della Fondazione, ha comunicato la sua intenzione di volersi dimettere dal proprio ruolo per lasciare la poltrona a Salvatore Nastasi provocando la catena di reazion che hanno riportato il Maggio alle cronache dei giornali in questi giorni.
Questa manovra è risultata totalmente inopportuna rispetto allo sforzo compiuto da Chiarot in questi due anni per risollevare le sorti della Fondazione. A partire dal 2017 Chiarot aveva iniziato un’opera di risanamento del Maggio riuscendo progressivamente a far ricapitalizzare la Fondazione con 5 milioni di contributi da parte di Comune e Regione e chiudendo positivamente il bilancio di quest’anno. Bilancio che sconta di un pesante debito, circa 57 milioni ereditato dalle precedenti gestioni, e che il Sovrintendente uscente aveva iniziato a ridurre. Era in corso anche un tentativo di stabilizzazione dei precari, altra operazione che resterà sospesa e che il Sovrintendente avrebbe voluto proseguire e portare a termine.
Nella tragica situazione in cui versano gli Enti Lirici Italiani, tutti a rischio di estinzione per mancanza di finanziamenti e quasi tutti in passivo (solo tre su 14 possono vantare un attivo di bilancio), invece di pensare a salvaguardare le sorti del Maggio, esempio di eccellenza e avanguardia dalla sua nascita, in grado di competere sul piano internazionale e di portare alto il nome della sua città, Nardella sembra voler privilegiare la necessità di dare spazio a chi ha contribuito alla sua affermazione politica. Salvatore Nastasi Ex capo di gabinetto del ministero dei Beni culturali per i ministri Sandro Bondi e Giancarlo Galan, è famoso per la sua carriera di dirigente nel settore teatrale a partire dal 2001, ma la sua fama è legata più agli insuccessi che ai successi. Al Maggio ha già ricoperto due ruoli: nel 2005 è stato commissario straordinario della Fondazione e nel 2006 consigliere d di amministrazione ma evidentemente non aveva lasciato un buon ricordo.
Come Verdi fiorentini ci indigniamo profondamente di fronte a questa scelta dell’amministrazione fiorentina. La dignità e il benessere delle istituzioni cittadine (siano esse culturali, sportive o di ogni altro genere) non può essere posposta a logiche di scambio politico.
foto di copertina: Stefano Cannas