Una strada sostenibile, trasparente e partecipata per tutelare il Franchi e il Campo di Marte.
L’area di Campo di Marte, con i suoi 37 ettari dedicati allo sport, è una delle aree sportive intra-urbane più grandi d’Europa. In questa cittadella sportiva l’Artemio Franchi è l’elemento principale per capacità, oltre 40mila spettatori, e fruizione. Lo stadio è dunque un elemento chiave della cittadella, del Quartiere 2, in cui è inserita, e di tutta l’area metropolitana fiorentina.
Da tempo come Federazione dei Verdi siamo impegnati per la valorizzazione di questo elemento urbanistico, che è stato messo in discussione da progetti, a nostro avviso sbagliati, come quello di un nuovo stadio nell’area Mercafir.
Il progetto di un nuovo stadio è sbagliato perché il contesto fiorentino non può sostener la presenza di due stadi senza che uno dei due resti sottoutilizzato e si degradi (la manutenzione del Franchi è stimata in un costo costo di circa un milione di euro all’anno). Per questo abbiamo voluto incontrare l’architetto Carlo Bandini dello studio BCB Progetti srl per approfondire il progetto che il suo studio ha presentato in conferenza stampa il 22 luglio, e poi reso nuovamente pubblico, dopo sostanziali modifiche, a fine settembre. Il progetto di restyling sul Franchi della BCB Progetti è molto interessante, ed è piaciuto sia a noi Verdi che al presidente del Quartiere 2 Michele Pierguidi.
Ad oggi, però, non ci risulta che abbia trovato l’interesse della Fiorentina né del Comune di Firenze, che al momento ha presentato alla Soprintendenza un unico progetto di restyling del Franchi, quello proveniente dallo studio dell’architetto Casamonti.
In un’intervista di fine settembre il soprintendente Pessina ha espresso la “massima apertura” sulla disponibilità a modificare il Franchi, ma ha fatto notare che l’unico progetto che gli è stato presentato va oltre un restyling, prevedendo la demolizione di circa il 30% dello stadio progettato da Pierluigi Nervi. Lo stesso Soprintendente ha fatto notare anche che le soluzioni esistono, sarebbe ad esempio possibile avvicinare le curve al campo, senza stravolgere la vecchia struttura.
Siamo convinti che per trovare la soluzione giusta la Soprintendenza non dovrebbe avere in mano un solo progetto ma sarebbe naturale che potesse valutarne molti. A questo scopo una soluzione naturale è quella di un bando internazionale sul Franchi.
Tra le proposte esistenti ci sembra che la proposta della BCB Progetti abbia degli importanti pregi e sarebbe quindi importante che venisse valutata dalla Soprintendenza. Alcuni punti importanti in questa proposta sono i seguenti:
Il Sindaco negli ultimi giorni ha dichiarato di dover accantonare l’opzione che prevede la ristruttrazione del Franchi a causa dell’impossibilità di abbattere le curve, ma il progetto dello studio BCB Progetti dimostra che un serio restyling è possibile anche senza abbatterle. Se la scelta di costruire un nuovo stadio dipende in realtà dalla preferenza della Fiorentina a costruire uno stadio su un terreno di proprietà o dall’assoluta volontà del Comune di costruirlo sull’area Mercafir, deve essere detto con chiarezza ai cittadini, senza far passare il messaggio che la Fiorentina non giocherà più a Campo di Marte per “colpa” della Soprintendenza.
Su un tema così cruciale per l’urbanistica futura della città, noi riteniamo che il Comune debba muoversi con massima trasparenza e attenzione alle criticità in gioco, cosa che fino ad oggi non abbiamo visto. A maggior ragione in un momento in cui il Quartiere 2 e il Comune sono su posizioni molto diverse, il dibattito politico deve essere aperto, non ci devono essere scelte preconfezionate. Siamo la città che ha visto nelle ultime aree edificabili, pensiamo a Castello e alla scuola marescialli, scelte sbagliate non partecipate, non trasparenti e impattanti. Non vogliamo che questo succeda ancora.
Vogliamo inoltre che un monumento come il Franchi non venga abbandonato ma sia ripensato e reso adeguato ai tempi. Questo non può essere fatto presentando alla Soprintendenza, alla quale bisogna riconoscere una grande apertura sul tema negli ultimi mesi, un solo progetto.
Serve un bando di respiro internazionale, serve un dibattito politico istituzionale al posto della politica dei tweet in cui si comunicano scelte già in corso. Serve insomma coinvolgimento, partecipazione, lungimiranza.
Foto: www.bcbprogetti.it/
Aderiamo alla manifestazione regionale indetta dal Coordinamento Toscana per il Kurdistan in solidarietà al popolo curdo assediato dall’esercito turco.
Ci uniamo alla richiesta di immediata sospensione dell’invasione in territorio siriano delle truppe di Ankara.
Sabato 19 Ottobre saremo presenti in piazza Santa Maria Novella dalle 15:00.
Dopo l’annuncio della Fiorentina abbiamo letto e sentito soltanto commenti entusiastici riguardo alla realizzazione del nuovo centro sportivo. Siamo molto contenti che la società Viola abbia intenzione di investire sul nostro territorio e auguriamo il meglio per l’avventura imprenditoriale di Commisso.
Il progetto, stando alle dichiarazioni della società, dovrebber prevedere una decina di campi sportivi, di cui due con tribune coperte, una piscina, una palestra, un campus, per un totale di 25 ettari dedicati a quello che dovrebbe diventare uno dei più grandi centri sportivi italiani.
I commentatori si sono concentrati sul valore sportivo dell’investimento. Ma nessuno parla del fatto che il progetto del nuovo centro sportivo della Fiorentina a Bagno a Ripoli andrà a cancellare una delle ultime aree rurali residue nella zona periurbana est di Firenze, un’area che mantiene ancora dal punto di vista storico e paesaggistico degli aspetti caratteristici della pianura agricola perifluviale con mosaici di coltivi ed incolti, siepi e boschetti, ville storiche, aspetti ormai quasi del tutto scomparsi nella periferia fiorentina a causa dei rapidi processi di consumo di suolo e di “valorizzazione del territorio”.
Non a caso il Piano di Indirizzo Territoriale della Toscana (PIT) individua quest’area come un importante elemento ecologico essendo una delle poche area agricola di pianura rimaste nella zona. Per questo il PIT la identifica come area critica da conservare, bene paesaggistico vincolato, ma soprattutto una delle ultime aree di pianura ove il mantenimento di una continuità ecologica tra il paesaggio collinare, la pianura e il fiume Arno costituisce un elemento di grande valore paesaggistico.
Se si esamina la Scheda di ambito relativa a Firenze – Prato – Pistoia e in particolare la sua parte conclusiva, intitolata ‘Indirizzi per le politiche‘, si trova un riferimento specifico a quest’area, laddove, al punto 39, viene inserito fra gli obiettivi di ambito:
“nella pianura orientale di Firenze garantire il mantenimento delle residuali zone agricole di Rovezzano e di Pian di Ripoli, ostacolando i processi di urbanizzazione e mantenendo e riqualificando i varchi di collegamento tra le pianure agricole e le colline.”
Da questi dati si evince chiaramente come queste aree debbano essere tutelate perché svolgono delle funzioni importanti per garantire la qualità dell’ambiente in cui viviamo.
Se si vuole investire sul territorio e garantire alla Fiorentina la squadra che merita di essere, ciò non può avvenire in deroga a quelli che sono i vincoli che la situazione odierna ci impone. Non si tratta di “essere contro”, ma di “essere per” nel rispetto di quelle condizioni che oggi non sono più rimandabili.
Contrariamente a quanto riportato da alcuni giornali, non si tratta di una zona a rischio degrado da “riqualificare”, bensì di un territorio rurale in grado di fornire importanti “servizi” alla città, alle sue comunità e alle sue attività economiche. Si pensi alla mitigazione dei cambiamenti climatici, alla qualità di un paesaggio a fini turistici, alla mitigazione del rischio idraulico, e alla qualità dell’aria e della vita dei cittadini.
Negli ultimi mesi assistiamo ad amministratori e imprenditori sempre più predisposti, a parole, a ridurre l’impatto delle nostre città e a favorire soluzioni che non prevedono consumo di suolo. Nei fatti però un approccio ecologista allo sviluppo delle città sembra ancora molto lontano. Anche nel caso del centro sportivo della fiorentina è difficile capire perché non si possano trovare soluzioni per un progetto di questo tipo, soluzioni che vadano davvero a ripristinare aree già artificializzate del comprensorio fiorentino, o a meglio utilizzare aree già destinate a tale funzioni piuttosto che andare ad urbanizzare e cementificare aree verdi residue. L’area di Bagno a Ripoli appare anche abbastanza incomprensibile nel momento in cui la società viola sembra orientata a costruire un nuovo stadio in una zona a nord ovest della Città metropolitana di Firenze.
Siamo in un periodo di grandi cambiamenti climatici e di enormi problemi ambientali, che incidono direttamente sulla qualità della vita dei cittadini, soprattutto nelle città, dove occorre invertire l’approccio ai problemi: ogni residuale area rurale attorno alle città non deve essere considerata come terreno di conquista per nuove infrastrutture ma come bene comune da preservare individuando soluzioni nuove nel migliore utilizzo delle aree già trasformate e urbanizzate.
Chiediamo al Comune di Bagno a Ripoli di invertire la rotta e non approvare varianti al Piano Strutturale che andrebbero a cancellare dei valori del territorio che non torneranno mai più.
Chiediamo nello stesso tempo alla Regione e alla Soprintendenza di perseguire gli importanti obiettivi individuati in questa direzione dal PIT e dalla stessa normativa urbanistica regionale, opponendosi ad un ulteriore consumo di suolo nelle periferie delle nostre città, e in particolare alla trasformazione di 25 ettari di territorio rurale come previsto per il nuovo centro sportivo a Bagno a Ripoli.
Nello stesso tempo chiediamo a tutti i Comuni dell’area metropolitana fiorentina di individuare aree più idonee ad un progetto di centro sportivo della Fiorentina, che non vogliamo che sia cancellato bensì localizzato in luogo più adeguato.
Quella dei Verdi è forse una voce fuori dal coro, ma riteniamo che la voce ‘stonata’ sia non la nostra ma quella di chi dichiara una cosa (consumo zero del territorio) e poi ne fa un’altra.
Potete ascoltare l’audio del nostro intervento radiofonico riguardo al centro sportivo registrato e gentilmente concesso da Radio Toscana.
Ci vuole forza per cambiare davvero un sistema che sta andando al collasso.
Un sistema che ciecamente continua a considerare i danni ambientali e sociali provocati come aspetti collaterali necessari.
Questa forza arriva, prepotente, dai ragazzi di Friday For Future con il Report della loro Assemblea Nazionale.
Noi lo accogliamo e condividiamo, consapevoli che abbiamo la responsabilità di rispondere al loro appello per portare avanti una proposta nuova, radicale, ecologista, orientata alla giustizia sociale.
Report della seconda assemblea nazionale FFF Italia, Napoli, 05.10.2019
Il movimento Fridays For Future Italia, rappresentato nella seconda assemblea a Napoli da oltre 80 assemblee locali, ha condiviso queste posizioni per rilanciare la lotta per la giustizia climatica.
Per noi la giustizia climatica è la necessità che a pagare il prezzo della riconversione ecologica e sistemica sia chi fino ad oggi ha speculato sull’inquinamento della terra, sulle devastazioni ambientali, causando l’accelerazione del cambiamento climatico. I costi della riconversione non devono ricadere sui popoli che abitano nei Paesi del Sud del mondo. Siamo solidali con i e le migranti e con tutti i popoli indigeni. Siamo i/le giovani, e non solo, contro gli attuali potenti della terra, contro le multinazionali e contro chi detiene il potere economico e politico che non stanno facendo nulla in proposito. La giustizia climatica è per noi strettamente connessa alla giustizia sociale, la transizione ecologica dev’essere quindi accompagnata dalla redistribuzione delle ricchezze, vogliamo un mondo in cui i ricchi siano meno ricchi e i poveri meno poveri. Cambiare sistema e non il clima non è per noi uno slogan. Il cambio di sistema economico e di sviluppo è per noi un tema centrale e necessariamente connesso alla transizione verso un modello ecologico.
Cambiare il sistema vuol dire anche non analizzare la questione ecologica come questione settoriale, ma riconoscere le forti connessioni che esistono con le lotte transfemministe, antirazziste e sociali legate ai temi del lavoro, della sanità e dell’istruzione e metterle in connessione. I criteri che chiediamo di rispettare a livello globale riguardo la parità di genere sono assunti anche nelle pratiche e nelle metodologie del nostro movimento. L’intersezionalità è una modalità di lettura che permette di leggere in termini analitici la società sistematizzando le diverse lotte e la molteplicità di oppressioni che caratterizzano il nostro sistema patriarcale, sessista, razzista, colonialista, machista e basato sulla logica dell’accumulazione e del profitto. Le nostre rivendicazioni come studenti/esse si devono porre l’obiettivo di entrare in sintonia, e non in contraddizione, con i bisogni di lavoratrici e lavoratori, delle abitanti e degli abitanti delle nostre città, delle nostre province e di tutti i nostri territori. Ci lasciamo con la volontà di approfondire relazioni con la comunità scientifica, essendo consapevoli che i dati sono scientifici, ma le scelte sono politiche. Dobbiamo essere in grado di ripensare il sistema, nella sua totalità, senza lasciare indietro nessuna persona. La nostra casa è in fiamme, e noi stiamo spegnendo l’incendio consapevoli che una volta spento l’incendio la casa non potrà essere più la stessa.
Vogliamo una casa che metta al centro il processo democratico e partecipativo ribaltando le logiche di potere che caratterizzano il nostro sistema.
Non vogliamo più sussidi sui combustibili fossili, vogliamo una tassazione che colpisca i profitti della produzione e non solo il consumo. Pretendiamo l’obiettivo emissioni zero entro il 2030 per l’Italia.
Vogliamo la decarbonizzazione totale entro il 2025 passando alla produzione energetica totalmente rinnovabile e organizzata democraticamente con le realtà territoriali. Siamo fermamente contrari a ogni infrastruttura legata ai combustibili fossili, come il metanodotto in Sardegna, la TAP. Chiediamo la dismissione nei tempi più rapidi possibili di ogni impianto inquinante attualmente operativo, come l’ILVA. Tutte le fonti inquinanti devono essere chiuse attivando tutte quelle bonifiche, sotto controllo popolare e pagate da chi fino ad oggi ha inquinato. Il nostro futuro è più importante del PIL. Le aziende inquinanti devono chiudere, ma devono essere garantiti posti di lavoro e tutele a tutte quelle persone coinvolte nella transizione. Non accettiamo il ricatto tra lavoro, salute e tutela dell’ambiente.
Vogliamo un investimento nazionale su un trasporto pubblico sostenibile, accessibile a tutti e di qualità. Vogliamo dei trasporti a emissioni zero e necessariamente gratuiti. Un trasporto nazionale e territoriale che rispecchia i bisogni dei più, organizzato e pianificato secondo un processo di coinvolgimento democratico di tutte le abitanti e di tutti gli abitanti.
Vogliamo un cambio di rotta sostanziale per quanto riguarda il sistema d’istruzione e il mondo della ricerca. Esigiamo un ripensamento della didattica in ottica ecologista e che si investa sulla ricerca riconoscendo il valore dei saperi nei processi trasformativi della realtà. Riconosciamo la centralità di scuole e università nel processo di cambio di sistema per il quale stiamo lottando. Non vogliamo che il MIUR faccia operazioni di greenwashing, ma che sospenda immediatamente ogni accordo con le multinazionali e con le aziende inquinanti.
Ci dichiariamo contrari a ogni grande opera inutile e dannosa, intesa come infrastruttura, industria e progetto che devasta ambientalmente, economicamente e politicamente i territori senza coinvolgere gli abitanti nella propria autodeterminazione. Sosteniamo ogni battaglia territoriale portata avanti dai tanti comitati locali, come No-TAV per Val di Susa, No-Grandi navi per Venezia, no Muos per Catania e Siracusa, no TAP per Lecce e Stopbiocidio per Napoli e la terra dei fuochi, Bagnoli Libera contro il commissariamento, la lotta all’Enel per Civitavecchia, la Snam per l’Abruzzo, il Terzo Valico per Alessandria. Rifiutiamo ogni speculazione sullo smaltimento dei rifiuti, sul consumo del suolo e quelle infrastrutture che causano dissesto idrogeologico. Pretendiamo che l’unica grande opera da portare avanti sia la bonifica e la messa in sicurezza dei territori.
Non possiamo inoltre ignorare che l’agricoltura industriale svolga un grande ruolo nei cambiamenti climatici, nella devastazione ambientale e nello sfruttamento delle persone: le monocolture e anche l’allevamento intensivo sono modelli del tutto insostenibili che vanno fermate nel più breve tempo possibile.
Vogliamo che venga dichiarata l’emergenza climatica ed ecologica nazionale, consapevoli che non può essere solamente un’opera di greenwashing della politica.La dichiarazione di emergenza climatica dev’essere fin da subito uno strumento trasformativo del presente. Un passo che da forza al nostro movimento, senza però mai dimenticare che la vera alternativa è quella che tutti i giorni pratichiamo nei nostri territori e quella che narriamo nelle nostre iniziative. Dobbiamo rendere complementari le pratiche di autogestione ecologista con le forti richieste che facciamo alla politica. Non siamo disposti a scendere a compromessi, non vogliamo contrattare, vogliamo l’attuazione di ogni nostra rivendicazione per garantirci un futuro, ma siamo consapevoli che lo vogliamo ora, nel presente perché non c’è più tempo.
Fridays For Future è un movimento orizzontale, inclusivo e democratico. Ripudiamo il fascismo in quanto ideologia antidemocratica e violenta. Rivendichiamo l’autonomia e sovranità delle assemblee locali, in quanto linfa vitale del nostro movimento e di cui le assemblee locali sono gli spazi decisionali. Crediamo infatti che la forma assembleare garantisca un modello decisionale partecipativo, aperto e orizzontale. Dalle assemblee locali infatti devono emergere le esigenze di mobilitazione, di organizzazione e di approfondimento.
L’altro spazio decisionale collettivamente riconosciuto è l’assemblea nazionale, riconosciuto come spazio decisionale dove prendere decisioni specifiche di interesse nazionale e che serva per dare le linee guida da seguire.
Lanciamo il quarto sciopero globale per il 29 novembre, proponendolo a livello internazionale sotto lo slogan “block the planet”. Quella giornata di mobilitazione ci permetterà di sperimentare le tante pratiche discusse in questi giorni, come le pratiche di blocco e di disobbedienza civile caratterizzate dalla partecipazione pacifica e di massa.
Sosteniamo e saremo presenti alle mobilitazioni che lanceranno le realtà locali a Napoli a dicembre in concomitanza con la Cop Mediterranea, incontro interministeriale sul tema dei cambiamenti climatici dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Usciamo da questa assemblea nazionale con la consapevolezza di essere in grado, insieme, di cambiare il sistema. Non siamo disposti ad arrenderci, noi siamo la resistenza.
A pochi mesi dalle elezioni regionali la Giunta Regionale sembra che voglia chiudere la discussione sulla futura gestione della Riserva Naturale del Padule di Fucecchio, fra sconcertanti ipotesi di frammentazione amministrativo-gestionale ed il perdurare invece di una gestione unitaria.
A quanto è dato sapersi, incontri previsti in questi giorni fra Regione ed Enti locali potrebbero portare ad una decisione conclusiva.
Avranno la meglio le spinte localistiche che vogliono frammentare e depotenziare l’area protetta oppure prevarrà la linea del mantenimento di una gestione unica nell’ottica di una tutela unitaria e anzi di una implementazione dell’area protetta? Non si tratta di disquisizioni tecnico-amministrative; in gioco è il futuro della maggiore zona umida interna d’Italia con il suo patrimonio di biodiversità.
E’ per questo che i Verdi della Toscana chiedono al Presidente Rossi di abbandonare qualsiasi ipotesi di smembramento dell’area e di procedere sull’unica strada che può condurre verso la tutela concreta del Padule, cioè sulla conferma di una gestione unica e anzi sul progressivo ampliamento dell’area protetta, che a tuttoggi corrisponde ad un magro ‘decimo’ del Padule.
Si fa notare come lo stesso Governo regionale che ora risulta voler demolire la Riserva Naturale del Padule di Fucecchio, è quello che ha approvato come necessità ed azione prioritaria nell’ambito della strategia regionale sulla biodiversità (facente parte del PAER 2015) proprio l’ampliamento dell’area protetta ricadente sul Padule.
Per i Verdi la decisione del Governo regionale sul futuro dell’area sarà non solo un elemento fondamentale per il territorio in questione ma sarà anche un segnale sull’intera politica del PD sulle aree protette: il PD vuole un sistema di aree protette efficaci per la conservazione della biodiversità regionale (e per un ambiente migliore anche per tutti i cittadini toscani) oppure no (e anzi intende anche smantellare tutto quanto fatto fino ad oggi)?
Questa è la domanda che non solo i Verdi ma anche moltissimi cittadini (ed elettori) della Toscana fanno al Presidente Rossi. Con la decisione sul Padule di Fucecchio il PD ci darà la risposta.
Federazione Regionale dei Verdi – Europa Verde Toscana
[foto di copertina Silvio Cavini-Benedetti]