By: Redazione
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Consideriamo il futuro della sanità toscana una delle questioni chiave sulla quale discutere in vista delle prossime elezioni regionali del 2020.
Uno dei temi di attualità è il grande disagio che si vive all’interno dei pronti soccorsi della regione. Disagio per gli utenti, come avrà potuto sperimentare chi abbia avuto la sfortuna di averne bisogno, ma grande disagio anche per il personale, infermieristico, medico eper il personale ausiliario.
Sembra che attualmente i pronti soccorsi non siano in grado di rispondere in modo fluido alle enormi richieste che provengono dagli utenti e che lavorare nell’urgenza si stia trasformando in un sacrificio per il quale è difficile anche solo trovare il personale sanitario necessario e, una volta trovato, mantenerlo. Ci siamo interrogati su alcuni possibili perché e su eventuali risposte, e ne abbiamo discusso con Simone Magazzini, responsabile dell’area Emergenze del Santo Stefano di Prato e coordinatore di tutte le aree Emergenza dell’Asl Toscana Centro.
Verdi Firenze: Molti dicono che il problema del sovraffollamento dei Pronti Soccorsi (PS) toscani sia il malfunzionamento della medicina del territorio. Lei cosa ne pensa?
Simone Magazzini: Circa 15 anni fa si diceva che al sovraffollamento dei PS si dovesse rispondere con una migliore organizzazione dei servizi territoriali.
Continuare a dare questa risposta può significare solo due cose: o non si è lavorato bene per risolvere quel problema, oppure quella era un’analisi errata. Oltre a questo, almeno in alcune realtà regionali, si aggiunge un problema di posti letto che andrà affrontato per non veder peggiorare il fenomeno nei prossimi anni.
VF: Come si risponde al continuo incremento del numero di accessi nei PS toscani?
SM: Per prima cosa un dato, giusto per dare un’idea. Nel 2010 il PS di Prato aveva 72.000 accessi /anno. Nei 5 anni successivi, dal mio arrivo in ospedale, la riorganizzazione del PS e dell’area di osservazione breve ha permesso la riduzione dei tempi di attesa di un terzo.
Attualmente Prato ospita 102.000 accessi/anno in PS.
Questo suggerisce che nel momento in cui il servizio offerto migliora (per qualità e per tempi di attesa) anche la domanda aumenta.
Finché il servizio di PS, seppur con i suoi ritardi, risulterà più efficiente e meno caro rispetto alla medesima diagnostica eseguita sul territorio, le persone continueranno a rivolgersi al PS, anche per prestazioni improprie.
VF: Una risposta a questo dovrebbe essere una seria politica sui ticket sanitari.
SM: Ad oggi, chiunque abbia una esenzione per qualunque patologia, è esente dal ticket di PS, anche se l’accesso in ospedale si è verificato per una ragione del tutto non attinente alla patologia di base.
A mio parere si dovrebbe prevedere un ticket corrispondente al codice di gravità di uscita.
Se la diagnosi e il codice gravità di dimissione sono compatibili con una diagnostica ambulatoriale, significa che l’accesso in PS è improprio, pertanto il malato dovrebbe pagare il ticket per la prestazione ricevuta.
Ciò facendo però un’eccezione per coloro che giungono in PS con la richiesta del proprio medico curante: in tal caso il paziente dovrebbe essere esente dal pagamento della prestazione, a prescindere dalla propria diagnosi di uscita, in quanto è stato inviato in ospedale dopo valutazione medica e non per propria iniziativa.
VF: Quale potrebbe essere una risposta pratica alla carenza di personale medico nei PS?
SM: Cominciamo ancora dai dati: in Toscana ci sono 100 punti di guardia medicalizzati per 3.5 milioni di abitanti quando in Lombardia ce ne sono 50 per poco meno del triplo degli abitanti.
Queste professionalità mediche, che al momento sono sottoutilizzate (in alcuni casi i servizi effettuati durante la guardia di 12 ore sono mediamente 1.5) potrebbero essere spostate, almeno in parte, all’interno dei PS, dove la carenza di medici rende il lavoro durissimo.
Di concerto con personale del 118 e dell’area PS abbiamo proposto una apposita riforma che da anni è all’attenzione della Regione Toscana: i medici del 118 potrebbero spostare la propria postazione all’interno dei PS ospedalieri, in modo da rinforzare il personale di PS, lasciando sul territorio gli infermieri del 118 ed uscendo solo su chiamata infermieristica. A tale provvedimento, che va in una direzione di ecologia ed economia delle risorse, si sono talvolta opposti i sindacati del personale medico coinvolto nel progetto.
VF: Cosa ne pensa della recente delibera che prevede l’ingresso in PS di medici neolaureati? E’ a suo avviso una misura di reale aiuto per il personale e per gli utenti?
SM: Nel PS di Prato per il momento questa risoluzione ci aiuta. Ogni medico neolaureato inserito lavora con tutoraggio di un medico anziano, ma è sicuramente d’aiuto per smaltire con maggiore rapidità almeno i codici minori. Sarà creato per questi professionisti, un corso per medici dell’emergenza/urgenza (una nuova versione del corso DEU)
VF: Ci sono altre strade per ridurre “l’intasamento” dei PS?
SM: A mio avviso dovrebbe essere fatta una riflessione sul numero di posti letto.
Negli ultimi 10-15 anni la Toscana ha drasticamente ridotto il numero di posti letto per ricovero, nell’ottica di razionalizzare le spese. Forse tale pratica si è spinta troppo oltre con il risultato di creare una cronica lentezza nei tempi di trasferimento in reparto dei malati già destinati al ricovero, che restano per ore (e a volte per giorni) nei locali del PS in attesa del posto letto, aggiungendo ulteriore caos e disagio al contesto dell’urgenza.
Un altro punto critico, strettamente medico, è quello relativo agli invii in PS da parte di specialisti ospedalieri. Tale eventualità dovrebbe essere eccezionale e legata solamente a situazioni di reale urgenza clinica. Per tutte le restanti problematiche cliniche minori o organizzative o di percorso si dovrebbero stabilire e seguire percorsi diagnostico-terapeutici che non prevedano il passaggio dal PS.
VF: Grazie per la disponibilità e buon lavoro!