By: Redazione
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di Vieri Calogero (co-founder di Impact Hub Firenze e fellow presso il centro universitario c.MET05 dove si occupa di economia urbana, innovazione e sviluppo territoriale) e Giorgio Ricchiuti (Professore Associato di Politica Economica Università degli Studi di Firenze e Complexity Lab in Economics, Università Cattolica Milano), una versione sintetica di questo articolo è apparsa su Repubblica Firenze il 23 Aprile 2019.
La città pulsa, vive, evolve in un processo continuo di ridefinizione di se stessa. La sua evoluzione però non è necessariamente verso il meglio, anzi strategie collettive sbagliate possono determinarne il collasso.
In teoria economica ci si riferisce alla sindrome olandese per definire un processo di deindustrializzazione derivante da un aumento dell’utilizzo delle risorse naturali. Il termine fu coniato dall’Economist nel 1977 per spiegare il processo di deindustrializzazione che colpì i Paesi Bassi in seguito alla scoperta di un giacimento di gas naturale a Slochteren nel 1959. Quando aumenta il reddito generato da un settore economico, le risorse produttive tendono a spostarsi verso quel settore, modificando i prezzi relativi e spiazzando altri settori, come il manifatturiero nel caso olandese. In generale nella teoria economica c’è un’ampia letteratura (la cosidetta “maledizione delle risorse naturali”) che studia i diversi canali attraverso i quali un aumento delle risorse naturali provoca effetti perversi sul processo di sviluppo territoriale.
A Firenze questo sta avvenendo con l’aumento del turismo ed è un processo già in corso da tempo. In questo caso le risorse naturali sono la storia, la cultura e la bellezza della città che, anche grazie all’intensificarsi del processo di globalizzazione, stanno generando flussi crescenti di visitatori da tutto il mondo. Proprio come nel caso della malattia olandese questi flussi generano un cambiamento relativo dei prezzi facendo spostare risorse ed investimenti verso il settore turistico e portando gli altri settori a maggior valore aggiunto, come il manifatturiero, in crisi (come spiegheremo meglio oltre).
Per questo è importante inserire le scelte fatte sul territorio all’interno di una visione integrata, pensando a quali potranno essere le conseguenze endogenamente determinate.
La politica cittadina, consapevolmente o meno, sembra essersi mossa nella direzione di promuovere il brand Firenze per incentivare gli arrivi di turisti. Il progetto di ampliamento dell’aeroporto di Peretola si inserisce in questa traiettoria e viene stimato che questo possa portare ad un aumento dei pernottamenti fra 5 e 10 milioni. Ma quali sono i suoi effetti perversi?
Partiamo dallo status quo: Firenze, secondo la Camera di Commercio, nel 2018 ha avuto 11 milioni di pernottamenti. Per capirci, Milano che è 3 volte e mezzo Firenze in termini di abitanti, ha un numero di pernottamenti simile. Mentre Roma, che è 7,5 volte Firenze, ha “solo” 25 milioni di pernottamenti.
Dal punto di vista ambientale avremo un aumento di produzione di rifiuti che andranno smaltiti e il cui costo ricadrà sull’amministrazione locale. Ma questo, per molti economisti, non è un problema: aumentiamo la tassa di soggiorno e il gioco è fatto. Tuttavia, oltre alle esternalità negative ambientali, ci sono anche altri effetti perversi che si potrebbero vedere nel tempo. E, nei fatti, rendono il turismo rilevante per l’economia cittadina ma in termini negativi. Vediamo per punti:
1) la domanda di abitazioni cresce perché queste si trasformano in attività ricettive per soddisfare i flussi turistici crescenti. Questo genera due effetti: a) riduce l’offerta di abitazioni per affitti a lungo periodo (che passano al breve); b) dirotta i risparmi da altri investimenti verso gli immobili per farne attività ricettive. Entrambi questi effetti riducono l’offerta di case e spingono prezzi di affitto di lungo periodo e prezzi di vendita verso l’alto. Le case via via, anche grazie alle piattaforme online, si svuotano per far posto a persone che vivono la città per brevissimi periodi. L’effetto perverso, già ben visibile a Firenze da anni, è la gentrificazione: la trasformazione, in termini urbanistici e politico-sociali, di aree urbane (non solo del centro) storicamente popolari e la conseguente fuga verso i comuni satellite all’interno dell’area metropolitana.
2) La perdita di identità dei quartieri, della loro memoria storica è il costo sociale non colmabile da alcuna tassa di soggiorno. Non solo diventa più costoso vivere la città ma questo genera una trasformazione dell’identità della città che nel lungo periodo cancella anche le motivazioni per visitarla (la presenza dei negozi artigiani, le caratteristiche botteghe,…). E l’identità della città non è rilevante solo per il turismo ma anche per i prodotti e servizi che la città produce e offre. Moda, cultura e cibo sono così seducenti perché prodotti in un posto bellissimo, Firenze, densa di saper fare locale, con una produzione culturale antichissima. Se questa identità scompare, con lei anche l’attrattività dei suoi prodotti.
3) la domanda turistica porta ad aumento di imprese ed investimenti nei servizi alla persona (ristorazione, alberghi) con conseguente aumento della domanda di lavoro nel settore. È sicuramente una bella notizia ma ha un impatto rilevante sul mercato del lavoro in generale perché, potenzialmente, crea disoccupazione strutturale: disaccordo fra le qualità dei lavoratori e quelle richieste dalle imprese. Per dirla breve, a nulla varrà avere tre università nel territorio regionale che formano ingegneri, chimici, biologi se serviranno solamente chef, coiffeures, e personal butler. Inoltre, dal punto di vista economico questo porta verso una specializzazione produttiva in settori a basso valore aggiunto e, quindi, con potenziale di ridotta crescita nel lungo periodo. Inoltre, questi servizi non sono i servizi del sapere locale ma spesso sono servizi costruiti sui “gusti” dei potenziali clienti, che concorrono alla perdità di identità.
4) I difensori dell’aeroporto sostengono che il progetto spingerà le grandi multinazionali a spostare in città sedi e produzioni. Non crediamo questo perché oggi le imprese si muovono in base ad altri fattori abilitanti (elevata domanda, informazioni e conoscenza, lavori qualificati, etc.). Ma sicuramente l’aumento del prezzo delle case e di quello degli affitti così come il costo dei servizi alla persona, condurrà all’aumento dei salari (reali) richiesti dai colletti bianchi e blu. Quali imprese del manifatturiero o dei servizi alle imprese possono permettersi di pagare tali stipendi? Forse quelle della robotica, le software house o le società finanziarie. E perché dovrebbero preferire Firenze a piazze già attive come Milano? Soprattutto quando Firenze si sta trasformando in un grande lunapark per turisti?
5) L’effetto sul mercato immobiliare si rifletterà anche sull’Università, limitando i fuori sede che non hanno diritto ad una residenza universitaria. D’altra parte, la riduzione di prospettive lavorative per mancanza di domanda di lavoro specializzata porterà molti studenti fiorentini a scegliere le magistrali fuori da Firenze (lo si riscontra già per i master che preparano ad operare nei mercati finanziari, si preferisce direttamente la piazza milanese).
Se questi processi complessi non vengono governati con molta probabilità Firenze ricalcherà le orme di Venezia. Si svuoterà di cittadini delle fasce più deboli che diventeranno pendolari, e vedrà un misto fra alta borghesia e turisti appropriarsi (come già sta avvenendo) di spazi sempre più vasti. Nei fatti aumenterà la dualità fra centro e periferia. Allo stesso tempo, cambierà la struttura produttiva della città spostandosi dal manifatturiero (meccanica, moda, ottica) ai servizi alla persona (turismo). E l’ampliamento dell’aeroporto non farebbe altro che rafforzare questo processo oramai in corso da tempo. Resta da chiedersi quale sia la visione della città dietro chi propugna l’ampliamento.
Per noi è importante capire quali siano le leve in mano all’amministrazione per favorire la localizzazione e/o l’emergere di aziende ad alto valore aggiunto. Crediamo fortemente che più che puntare sui risparmi (abbassamento del costo del lavoro, detassazioni per le imprese, voli low cost) sia necessario puntare su un mix di politiche: vivibilità (scuole di alto livello accessibili, mobilità intelligente e sostenibile, qualità dell’ambiente, offerta culturale e di intrattenimento) e investimenti strategici per veicolare innovazione nei settori di eccellenza territoriale.
Le imprese di eccellenza si localizzano dove trovano capitale territoriale adeguato: lavoro qualificato settoriale, altre aziende dello stesso settore da cui apprendere e con cui interagire, accesso ad un sistema di creazione e condivisione di informazioni e sviluppo di conoscenze collettive. L’ampliamento dell’aeroporto potrà nel breve periodo rendere più ricca la parte di Firenze che sfrutta il turismo tramite posizioni di rendita. Ma nel lungo periodo porterà ad depauperamento di ciò che fino ad oggi ha rappresentato l’identità della città, delle proprie eccellenze produttive e del proprio ecosistema innovativo.